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Quota 100

Che cosa celano le castronerie alla Di Cesare su Nato e Russia

Una parte dell’establishment si muove, in tutte le sedi possibili, per una politica di appeasement nei confronti di Vladimir Putin. Il commento di Giuliano Cazzola

 

Sono pronto a fare una scommessa. Tra poco ci sarà qualcuno dei reduci no vax, passato ai no war per stare con Putin, che si farà promotore di questa teoria: è provato che, con le vaccinazioni anti-covid-19, i ‘’poteri forti’’ (che, come sostengono i Qanon, sono l’altra faccia della medaglia del partito democratico) hanno fatto iniettare in miliardi di persone un microchip (anche per questo motivo non se ne trovano più sul mercato) che ne carpisce la volontà e li induce ad obbedire senza fare domande. In questo momento il Grande Reset ha scatenato in Occidente tensioni belliciste contro la Russia di Vladimir Putin, perché – avendo quel governo fallito con il vaccino prodotto in proprio – il popolo russo non è stato integrato nell’infame progetto di dominio assoluto del mondo. E quindi deve essere umiliato con le armi dalla Nato, che è l’alleanza militare responsabile della guerra in Ucraina e dell’aggressione della Russia. Il post della prof. Donatella Di Cesare non è molto lontana dal professare questi deliri.

Come si fa a parlare di ‘’annessione’’ alla Nato, quando un Parlamento di un paese democratico come la Finlandia chiede di aderire ad un’alleanza militare difensiva? I popoli finlandesi e svedesi – che attraverso le loro legittime istituzioni, decidono di interrompere una posizione internazionale di storica neutralità, sono accusati di avere ‘’paura’’, come se non ne avessero motivo. Peraltro la Finlandia ha delle antiche ruggini con l’URSS (prima ancora con l’Impero zarista di cui la Russia si ritiene erede). E nella c.d. guerra d’inverno tra il 1939 e il 1940, la Finlandia si oppose con valore all’invasione sovietica.

È così difficile capire che dichiarazioni come queste distorcono palesemente la verità? Come ha voluto confermare il presidente del Copasir, Adolfo Urso, ‘’la macchina della propaganda agisce anche nel nostro Paese”. Il Copasir denuncia un’azione sistemica di disinformazione nel mondo del web, della comunicazione ma anche della cultura e nelle università. “Ciò avviene in un contesto geopolitico in cui regimi autocratici tendono a condizionare le democrazie occidentali” ha ribadito Urso: “La macchina dell’informazione russa, come la cinese, è continuamente attiva’’. In realtà le spie di Putin e i suoi hacker possono dedicarsi ad altri paesi, tanto noi la disinformazione ce la facciamo da soli. Consideriamo alcuni eventi della settimana che si chiude: il discorso di Putin il 9 maggio; l’intervento conclusivo di Emmanuel Macron a Strasburgo; le dichiarazioni di Mario Draghi a Washington in occasione degli incontri con Joe Biden. Al discorsetto propagandistico di Putin sono state attribuire importanti aperture per un dialogo di pace, senza accorgersi della sequela di menzogne con cui spiegava le ragioni della sua avventura in Ucraina.

La Russia – secondo lo zar – si trovava potenzialmente sotto un’aggressione, era necessario prendere una decisione unica che non poteva assolutamente essere inevitabile, quella di difendere il nostro Paese’’. Sarà il caso di far rispondere a Putin da un analista politico russo il direttore del Consiglio russo per gli affari internazionali (Riac), Ivan Timofeev, che ha un ruolo istituzionale, che non è un oppositore del boss del Cremlino e che espresso queste opinioni sul sito ufficiale del Consiglio. Prima dell’attacco armato ‘’ la Russia aveva ancora un ampio margine di manovra. La sua potenza militare era sufficiente a sopprimere qualsiasi minaccia da parte dell’Occidente per i decenni a venire, anche nel caso della militarizzazione più attiva dell’Ucraina da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. La situazione nel Donbas è rimasta tesa ma stabile. Le vittime civili hanno raggiunto un picco nei primi anni del conflitto nel 2014-2015, ma poi – ne prendano nota coloro che sparlano di genocidio, (ndr) – non ce ne sono praticamente più state. Ci sono state 9 vittime civili e nel 2019 e 2020, rispetto alle 7 del 2021, e 160, 44 e 77 rispettive perdite militari. La grande offensiva dell’Ucraina nel Donbas era con molta probabilità destinata al fallimento. Ovviamente, l’Ucraina era rimasta uno Stato ostile, ma l’Occidente aveva ridotto significativamente la sua attenzione a Kyiv rispetto al 2014. In senso stretto, l’Occidente era pronto a coesistere sia con la Crimea russa sia con la situazione congelata nel Donbas’’.

Chi scrive considera questa analisi molto centrata, tanto più che trova conferma nella valutazione delle conseguenze, praticamente propagandistiche, delle sanzioni decise dopo il 2014. Ovviamente – prosegue Timofeev con tono disincantato – la Nato ha riaffermato il contenimento della Russia come uno dei suoi obiettivi chiave dal 2014. Tuttavia, la maggior parte dei paesi dell’Ue, soprattutto la Germania, erano stati riluttanti ad aumentare la spesa per la Difesa e l’hanno ostacolata in ogni modo. Le sanzioni contro la Russia si erano stabilizzate. Le effettive misure restrittive erano state chiaramente inferiori al rumore mediatico che le circondava, e anche la reazione del mercato era stata debole’’. Poi ha aggiunto: ‘’ E’ semplicemente impossibile prevedere la traiettoria del futuro nelle condizioni attuali. Tuttavia, è utile ricordare che l’Unione sovietica è crollata in circostanze internazionali molto più favorevoli’’.

Queste considerazioni – benché pubblicate da Il Foglio – sono passate inosservate, mentre da noi in tanti si sono resi protagonisti di vere e proprie falsificazioni. È paradossale che a Macron sia stato attribuito ciò che non ha mai detto ovvero che non si dovesse umiliare la Russia. Eppure nonostante le smentite attraverso la pubblicazione del testo del discorso i media continuano a dare quella versione. Allo stesso modo è stata distorta un’affermazione del segretario generale della Nato accusandolo di voler imporre all’Ucraina la linea da sostenere, a proposito della Crimea, in occasione di eventuali negoziati. Perché se Zelenzky si azzarda a ricordare che la penisola apparteneva all’Ucraina si alza da noi un coro di accuse come se volesse sottrarre alla Russia un pezzo del suo territorio. Poi quando Draghi negli Usa ha affermato che spetta all’Ucraina definire la sua posizione negoziale, è stato criticato perché non si deve lasciare il pallino a Zelensky che, ringalluzzito dalle battaglie sul campo, non esclude di poter vincere (basterebbe che le truppe russe non riuscissero neppure nell’obiettivo ridimensionato di occupare il Donbass e passando per Odessa arrivare in Transnistria. Mario Draghi, per l’esito della sua visita negli Usa, viene strattonato da tutte le parti. Gli imbecilli insistono nel rappresentare Draghi come il capo di un governo che è andato a prendere ordini e si è dimostrato – rispetto a Macron e a Sholz – il più atlantista dei leader europei. I più astuti sottolineano il suo impegno per indurre – come cavaliere di una nuova Europa non prona alla Nato – Biden a più miti consigli.

Ciò che lascia di stucco non è soltanto la (sub)cultura pacifista a senso unico; non si tratta della solita disinformazione dei social. Oggi vi è una parte consistente dell’establishment che si muove, in tutte le sedi possibili, per una politica di appeasement nei confronti di Vladimir Putin. Non è una novità. Anche nel lungo armistizio tra le due guerre mondiali del secolo scorso una parte delle classi dirigenti europee, coltivava l’idea di accontentare Hitler in chiave anti-Urss (e restò con un palmo di naso all’indomani del Patto Ribbentrob-Molotov con annessa spartizione della Polonia). Allora c’erano di mezzo le ideologie con le loro ricadute istituzionali e di modello economico. Oggi è solo una questione di affari, di relazioni economiche e di forniture ed export.

Del resto, se Putin è in grado di garantire qualche cosa all’Occidente non è certo un sistema socialista, ma un ordinamento mafio-oligarco-liberista al di sopra del bene e del male (con buona pace di tanti ‘’sepolcri imbiancati’’ che continuano a scambiare la Russia con l’Urss). Comunque, è con la lobby potente, che controlla l’informazione fino a deformarla, che Draghi dovrà fare i conti.

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