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Perché sul Quirinale si agita soprattutto il centrosinistra

Che cosa succede nel centrodestra e nel centrosinistra sulla partita del Quirinale. La nota di Paola Sacchi

 

A sera, il costituzionalista, di area liberal del Pd, Stefano Ceccanti se ne esce, con una punta di realistica ironia, in un Transatlantico quasi deserto, con un gruppo di pentastellati un po’ inquieti, così: “Ragazzi, intanto, cerchiamo di uscir vivi dalla questione Quirinale, poi si vedrà”.

Se il centrodestra ha i suoi problemi, la sinistra non ride. La battuta del costituzionalista piddino non è semplice colore. Ma la fotografia di una situazione di stallo in cui versa il Parlamento sulla madre di tutte le battaglie in politica. Una situazione in cui le segreterie di partito, stavolta più che mai, saranno messe a dura prova nel controllo dei gruppi, a causa soprattutto della prossima riduzione del numero dei parlamentari

Ufficialmente se ne dovrebbe parlare solo da gennaio, ma è, invece, già da ora la madre di tutte le discussioni. Tanto più in una situazione in cui per la prima volta nessun partito e schieramento è king maker, ovvero ha i numeri necessari. La sinistra, dopo anni rimasta orfana di questo ruolo, si dibatte al proprio interno e con gli alleati Cinque Stelle. Al netto di ogni ipotesi, resta il Mattarella bis la scelta più accarezzata dalle parti del Pd e degli alleati. Viene vista come la ciambella di salvataggio, cui aggrapparsi, nonostante i ripetuti dinieghi del Capo dello Stato. Esternazioni fatte citando finora – dopo il discorso del 31 dicembre 2020 in cui parlò del suo “ultimo mandato” – i suoi predecessori, da Antonio Segni a Giovanni Leone. Se la situazione si dovesse avvitare, la sinistra potrebbe tornare a implorare Sergio Mattarella per un mandato di riforme, di accompagnamento innanzitutto alla trasformazione del parlamento il cui numero di esponenti verrà ridotto dal referendum.

L’ipotesi di Mario Draghi resta sempre in campo, ma non è la prescelta a sinistra. Draghi o Mattarella bis, la rosa, sembra restringersi, al momento, a questi due nomi. Ai quali però si accompagna sempre il terzo uomo: Silvio Berlusconi, che, comunque andranno le cose, è entrato di fatto nella rosa dei possibili nuovi Presidenti.

Se la sinistra è in difficoltà, il centrodestra con certe sue fibrillazioni interne rischia però di darle la possibilità di tornare a dare le carte. Ieri, il leader leghista Matteo Salvini, dopo 24 ore di silenzio sull’argomento Colle, e dopo una significativa “lunga e cordiale telefonata” con Berlusconi (come l’ha definita in una nota lo staff di Arcore) sulla manovra di Bilancio, “per un impegno comune sull’abbassamento della pressione fiscale e la crescita”, ha cercato di mettere un punto per stoppare le acque increspate della coalizione. Salvini, in tv, a “Porta a Porta”, alla domanda di Bruno Vespa sul fatto se davvero Berlusconi abbia fatto un passo indietro, ha risposto prima sorridendo con un “No”.

E poi ha aggiunto diplomaticamente: “Probabilmente c’è stato un fraintendimento tra Giorgia e Silvio”. Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, l’altra sera aveva interpretato come “un passo indietro”, dalla eventuale candidatura al Colle, di Berlusconi il fatto stesso che Forza Italia si fosse detta disponibile al confronto proposto da Enrico Letta sulla Manovra. E fonti di FI avevano a stretto giro di posta ricordato che, appunto, solo di quello di tratta. Evidente l’irritazione di Arcore. Ma ieri sera il leader leghista ha rimarcato che “il centrodestra è compatto”: “Cerchiamo di fare sintesi, governiamo 14 Regioni e migliaia di Comuni”.

Poi, ha rivendicato il ruolo della parte di coalizione di governo: “Lega e Forza Italia sono a pieno titolo in questo esecutivo e lo condizionano in maniera positiva”. Conclusione sulla Corsa al Colle: “Mi sono ripromesso di entrare nel merito dopo Natale, altrimenti è un tira e molla Draghi-Mattarella-Berlusconi. Il centrodestra è compatto e bisogna evitare un presidente palesemente schierato a sinistra. Valuteremo cosa intende fare Draghi”.

Un rilancio del nome del premier e ex presidente della Bce? L’unica cosa certa è che il nome del Cav continua a far parte della triade della rosa dei nomi finora di fatto sul tavolo per la Corsa al Colle. Una triade che hanno ben presente anche a sinistra.

Tanto più dopo che tutto il centrodestra con Italia Viva di Matteo Renzi ha mandato in Senato il governo sotto due volte nell’esame sul decreto Capienze. Non un bel viatico per il  patto proposto dal segretario del Pd. E solo sulla Manovra.

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