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I tormenti degli ex Dc nel Pd berlingueriano di Schlein

Perché l'ex democristiano Castagnetti sbuffa contro la campagna di tesseramento del Pd con l'immagine di Berlinguer. I Graffi di Damato

 

Non stupisce di certo la tempestività della reazione negativa di Pier Luigi Castagnetti al tesseramento del Pd in corso con l’immagine di Enrico Berlinguer. Di cui si sarebbe voluta celebrare – si è detto dalle parti della segretaria Elly Schlein – non il 43mo anniversario della “questione morale”, tornata sulle prime pagine dei giornali per iniziativa di Giuseppe Conte e sollevata contro la Dc e tutti gli altri partiti dal capo del Pci in una celebre intervista a Eugenio Scalfari, ma più semplicemente il 40mo anniversario della morte. Che avvenne un po’ sul campo, per un malore che lo colse durante un comizio e gli fece perdere la vita in poche ore.

Castagnetti, dopo la morte di Franco Marini negli anni del Covid, la fuoriuscita di Giuseppe Fioroni, e nonostante l’attivismo correntizio di Dario Franceschini o Lorenzo Guerini, è nel Pd l’esponente più autorevole di quella che fu la Democrazia Cristiana. Dove era stato il capo della segreteria politica di Mino Martinazzoli, diventando poi l’ultimo segretario del Partito Popolare Italiano prima della confluenza nella Margherita, e con questa nel Pd. E’ un uomo dalla bonomia solo apparente, ed emiliana. In realtà, è uno durissimo, di convinzioni radicate. Può dunque avere stupito, semmai, il limite che si è imposto nella protesta contro un Pd che con l’immagine di Berlinguer stampata sulla tessera del 2024 è diventato più rosso e meno bianco di quanto già non fosse, o non fosse diventato con l’inatteso arrivo della pur giovane Elly Schlein alla guida. Che. aveva solo 4 anni quando Achille Occhetto, nel 1989, prese le distanze dal muro demolito a Berlino col comunismo che rappresentava e, partendo da una sezione di Bologna, avviò la “Cosa” sfociata nel Pds e nella quercia che lo simboleggiava al posto della falce e martello finiti a terra.

Che cosa ha trattenuto Castagnetti – 79 anni ancora da compiere, uno in più dell’ex magistrato Nicola Colaianni bocciato per la sua età da Giuseppe Conte come candidato comune del Pd, 5 Stelle e cespugli a sindaco di Bari – dal tirare le conseguenze dalla sua protesta seguendo gli amici democristiani già andati via dal Nazareno? La speranza davvero che la segretaria superi il giro di boa delle elezioni europee di giugno e abbia il tempo e la voglia di stampare sulla tessera di partito del 2025 gli occhi o il volto e le frasi di don Luigi Sturzo, o di Alcide De Gasperi o di Aldo Moro, come ha detto conversando al telefono con un intervistatore del Giornale? O, come sospettano gli scaltri di scuola andreottiana, convinti che a pensare male si faccia peccato ma s’indovini, la paura di coinvolgere in un clamoroso annuncio di fine rapporto o appartenenza l’ex collega di partito e ora presidente della Repubblica Sergio Mattarella? Col quale egli ha conservato una frequentazione e un’amicizia notissime nei palazzi della politica, a cominciare dal Quirinale. Dove il presidente in carica ha ancora da compiere quasi cinque dei sette anni del suo secondo mandato.

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