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Mine Navali Mar Nero

Caso mine, chi blocca il grano ucraino nel Mar Nero?

Le ipotesi degli esperti su chi tra Russia e Ucraina abbia messo le mine navali nel Mar Nero, le difficoltà dello sminamento e un possibile piano per liberare il grano ed evitare una catastrofe alimentare sempre più reale

 

Mentre il presidente del Consiglio Mario Draghi riporta l’attenzione sul rischio di una catastrofe alimentare a causa della guerra provocata da Vladimir Putin, il grano ucraino – che insieme a quello russo sfama tra i 600 e gli 800 milioni di persone che si trovano soprattutto in Africa, Asia e Medio Oriente – è tenuto in ostaggio dalle mine navali sparse nel Mar Nero e d’Azov.

Mine galleggianti erano già state trovate addirittura all’inizio di aprile al largo di Turchia e Romania, che si erano occupate di disinnescarle.

ACCUSE RECIPROCHE

Intanto, Mosca e Kiev puntano l’una il dito contro l’altro su chi abbia minato la zona e, dunque, su chi dovrebbe occuparsi di rimuoverle.

Come ha affermato Johannes Peters, esperto di strategia marittima presso l’Università di Kiel, trattandosi di una potente leva per tutti e due i Paesi è difficile stabilire come stiano realmente i fatti perché “entrambe le versioni sono plausibili”.

Anche secondo un rapporto dell’agenzia di stampa AFP pubblicato sul Moscow Times il 20 maggio e citato dall’emittente tedesca DW, un portavoce dell’esercito francese ha suggerito che sia Russia che Ucraina hanno piazzato mine navali nel Mar Nero e nei bacini portuali.

PERCHÉ POTREBBERO ESSERE STATI I RUSSI

Tuttavia, come si legge su Naval News, la marina ucraina, nettamente in svantaggio rispetto a quella di Putin, non sarebbe stata in grado di compiere una simile operazione, dovendo soprattutto passare inosservata agli occhi dei russi, che avrebbero subito potuto denunciare pubblicamente il fatto.

La Russia, invece, ha una flotta adeguata a disseminare in poco tempo così tante mine. Altri metodi per posare le mine sono gli aerei o i sottomarini, ma anche questi – spiega l’articolo – sono impossibili perché l’Ucraina non ha tali capacità. Kiev avrebbe potuto posare alcune mine in modo rapido e distratto con un rimorchiatore o un’altra piccola nave, ma la posa di centinaia di mine sembra quasi impossibile.

DUBBI

Naval News solleva poi qualche dubbio sul fatto che la Russia sapesse il numero esatto di mine galleggianti. È stata infatti la stazione costiera di Novorossisiyk ad affermare il 18 marzo che erano 420.

Non solo, l’articolo fa notare che è alquanto strano che le mine abbiano raggiunto il Bosforo da Odessa in così poco tempo perché, pur calcolando la corrente dal Danubio al Bosforo, “sembra improbabile che una mina alla deriva possa aver percorso 360 miglia nautiche in così poco tempo”.

PERCHÉ POTREBBERO ESSERE STATI GLI UCRAINI

Sebbene si tratti di una possibilità meno reale per i motivi tecnici detti prima, anche l’Ucraina, essendo più debole in mare rispetto all’avversario, avrebbe avuto interesse a posizionare le mine per difendersi e immobilizzare così il nemico impedendogli di attaccare.

“Non è la Russia a rifiutarsi di aprire i ‘porti ucraini’, ma è piuttosto l’Ucraina a rifiutarsi di rimuovere le mine dai porti per garantire un’uscita sicura delle navi”, ha dichiarato l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite Dmitry Polyansky. Ma, come fa notare DW, questo “non è dimostrabile”.

LA QUESTIONE DELLE MINE SOVIETICHE

Nemmeno il fatto che si tratti di vecchi modelli di mine sovietiche, informazione confermata anche dalla Turchia in merito a quelle giunte vicino alle sue coste, può stabilire chi sia stato il responsabile perché, come sostiene Peters, “dopo l’annessione della Crimea, anche la marina russa ha avuto accesso a queste mine”.

LO SMINAMENTO E I RISCHI (PER TUTTI)

Infine, se nessuno dei due Paesi si decide ad ammettere di aver messo le mine nel Mar Nero, non conoscendo le coordinate, non è possibile procedere con lo sminamento e, dunque, con il passaggio delle navi e il trasporto di diverse materie prime, tra cui il grano.

L’Ucraina, comunque, non avrebbe né la tecnologia né i soldi per rimuovere le mine.

“Indipendentemente da chi abbia rilasciato queste mine galleggianti nel Mar Nero – scrive Naval News – esse rappresentano una minaccia, soprattutto per la navigazione civile e la pesca. Se la libertà del mare è stata colpita da questa guerra, la presenza di mine galleggianti ha creato una nuova dimensione di minaccia per i Paesi neutrali e le imbarcazioni civili”.

UN ACCORDO SUL GRANO È ANCORA POSSIBILE?

Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha chiesto il supporto di Paesi terzi – Nazioni Unite comprese – per creare un canale sicuro nel Mar Nero per il trasporto del grano ucraino e in un’intervista a Repubblica ha detto che: “È una corsa contro il tempo. Per evitare conseguenze disastrose, lo sblocco dei porti deve avvenire entro due settimane al massimo. Naturalmente, la migliore opzione sarebbe la fine della guerra, ma Putin non vuole”.

L’INTERVENTO DELL’ITALIA

In caso di accordo tra Russia e Ucraina, l’Italia sarebbe disposta a partecipare sia all’operazione di sminamento con navi caccia-mine che come “scorta”, insieme ad altri Paesi Ue, per il passaggio delle navi di grano ucraino al fine di garantire incolumità alle imbarcazioni civili ed evitare qualsiasi incidente nel Mar Nero che possa coinvolgere un paese Nato – eventualità senza ritorno che scatenerebbe l’escalation militare a livello globale.

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