A volte la storia presenta soluzioni imprevedibili. Enrico Letta era stato chiamato ad una nuova vita, sull’onda di una sconfitta politica. Cacciato in malo modo da Matteo Renzi, con quell’astuzia – “stai sereno” – entrata nel lessico corrente, per dare l’idea dell’imminente fregatura. Esule a Parigi, nella capitale francese era dean (responsabile di un dipartimento) presso la Psia (Paris school of International affari). Istituto prestigioso, come sanno essere alcune alte Istituzioni scolastiche francesi, come l’ENA (Ecole nationale d’amministrazione). Basti pensare che dalle aule del Psia è passata mezza classe dirigente: da Francois Mitterrand a Emmanuel Macron.
Da quell’eremo felice, lontano dai veleni della politica italiana, torna nella Capitale per tuffarsi nuovamente nella mischia. Una risorsa della Repubblica si sarebbe detto altre volte. E forse sarà ancora così. Ma il compito non è dei più facili. Richiede non solo un prestigio culturale indiscusso, qual è quello che gli è universalmente riconosciuto. Ma una cattiveria che non è forse nelle sue corde. Chi lo conosce bene, gli riconosce indubbie capacità diplomatiche. Meno il piglio dirigista che dovrebbe accompagnare la figura di un segretario di partito.
E di che partito, poi! Una comunità che ha smarrito da tempo il senso di sé. Che di fronte ai rovesci della storia non ha mai avuto il coraggio di fare i conti, fino in fondo, con il proprio passato. Continuismo e storicismo giustificazionista, per evitare processi dolorosi. La parabola di Goffredo Bettini che, ancora oggi, si muove all’interno di quelle coordinate teoriche, che non sono altro che le parole d’ordine del passato, abbellite da un linguaggio solo più accomodante. Ed ecco allora gli slogan sul “riformismo democratico e progressista” per nascondere la paura che evoca la prospettiva del riformismo in quanto tale.
Enrico Letta, prima di sciogliere la riserva, a quanto riporta la stampa nazionale, ha sentito tutti i capi delle diverse correnti. A proposito quanti sono? Bruno Vespa, di fronte ad uno smarrito Graziano Delrio, ne ha contate otto. Ma a prescindere dal numero, ha dato ed avuto rassicurazioni. Nessuna “vendetta o epurazioni”, come ha titolato il Corriere della sera. Precisazione stupefacente, anche se, forse, necessaria date le caratteristiche di quel partito. Ricevendo in cambio attestati di lealtà e benevolenza. Che, in politica, contano per quello che valgono.
Da quello che si dice, la sua parola d’ordine sarà l’idea di ricostruire e rilanciare il PD. E lo farà a partire dall’agenda Draghi, auspicando che il lutto di una parte dei dem, per il mancato decollo del Conte ter, possa essere rapidamente elaborato. Operazione che richiederà una certa perizia. Al momento, il sostegno a favore dell’ex Presidente della BCE, da parte dei dem, appare, per lo meno, tiepido. E non è certo per questione di stima nei confronti del personaggio. Ma conseguenza, questa sì, di una piattaforma che in molti considerano troppo riformista e poco sensibile al valore di quell’assistenza pelosa, che è stata alla base dell’alleanza giallo-rossa.
Ed ecco, allora, il nocciolo più problematico destinato ad incidere sul futuro decorso degli eventi. Si dice che, nel giorno della sua investitura a segretario del partito, Enrico Letta spiegherà – come scrive il Corriere – “che le alleanze vanno ricercate ma che la proposta politica non è definita dalle alleanze ma da ciò che il PD sarà in grado di elaborare”. Detto da un professore, che ha una levatura internazionale nel campo delle scienze politiche, sembra una banalità. Ed invece riflette drammaticamente la storia più recente di quel partito. Con quella consonanza sempre più stretta con i valori ed i programmi dei 5 stelle.
Tanti diritti ma pochi “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, di cui si parla all’articolo 2 della nostra Costituzione. Presupposto per quell’alleanza organica ch’era nelle corde di Nicola Zingaretti, in nome di un imperativo categorico: la lotta contro la destra. Quello stesso Zingaretti che oggi plaude alla segreteria di Enrico Letta.
Come si vede, gli equivoci non mancano. Saranno sciolti nei prossimi giorni, a partire dall’assemblea di domenica prossima? Si vedrà. Da parte nostra non vi può essere altro che un augurio sincero rivolto al Segretario in pectore. Non apparteniamo al suo mondo politico, ma siamo con lui solidali. Il tessuto sociale italiano è troppo fragile per consentire ad una parte così rilevante dei suoi cittadini di perdersi dietro le fumisterie di cattivi maestri. Com’è stata la realtà di questi ultimi due anni.