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Cara Repubblica, ma dove vai se il Bibliobus non ce l’hai

Sgomento e malinconia leggendo Repubblica e la storia del Bibliobus, che va in giro per borghi a portare i libri dove non ci sono. La lettera di Francis Walsingham

 

Caro direttore,

questa mattina mi sono svegliato così. Polemico. Mentre sorseggio il caffè e sfoglio Repubblica mi cade – letteralmente – l’occhio, anzi gli occhi, tutti e due, su un “articolo” in particolare e penso: poi gli editori si lamentano che la gente non legge più i giornali…

Pagina 16 di Repubblica. Una pagina intera. “La mia ambulanza dei libri. Giro per i borghi e la lettura diventa terapia”. Una pagina intera su una libraia e scrittrice (e qui, per carità, non vogliamo fare nessuna squallida polemica fogliante alla Antonio Gurrado) che con un pulmino va in giro nei paesini a portare i libri.

Il punto, dicevo, è che viene presentata come se fosse una novità assoluta. Anzi, viene detto che no, non è una novità assoluta, nei primi anni Duemila lo aveva fatto un altro scrittore. Nel primi anni Duemila.

Ma io dico… in un giornale ex radical chic dell’intellighenzia italiana com’era Repubblica, si poteva anche ricordare che il caso più noto di Bibliobus in Italia si fa risalire nell’immediato dopoguerra a due signori che si chiamavano Luciano Bianciardi e Carlo Cassola – Cassola e Bianciardi, due dei più grandi letterati dell’Italia postbellica – nelle campagne del grossetano. Facevano esattamente questo e c’è un’ampia letteratura su tutto ciò. La bibliotecaria Elisabetta Francioni gli ha dedicato anni di studio. Ma pure il più modesto e bistrattato Wikipedia (su cui però tutti andiamo a leggere, senza dirlo pubblicamente, per non sentirci più tanto ignoranti) gli ha dedicato una voce, che il caposervizio di turno nel quotidiano Gedi diretto da Maurizio Molinari avrebbe potuto consultare prima di far uscire una simile bestialità.

Ecco allora, ma di che ci lamentiamo? Fosse stato un trafiletto l’avrei potuto capire, ma in una pagina intera non puoi dire che c’è un “nonno” o un “fondatore” di questo genere – dignitosissimo – quando i nomi di coloro che lo hanno fatto conoscere rispondono al nome di Cassola e Bianciardi.

Il problema – forse – sono quei 20mila acquirenti di Repubblica. Ma che ne sanno di chi sono Bianciardi e Cassola se non conoscono più neanche Manzoni e Giuseppe Garibaldi? E pensare che proprio quello sconosciuto di Bianciardi “molto credeva nell’emancipazione culturale del nostro proletariato“. E qui nemmeno si parla di proletariato e lungi da noi voler fare gli Alain Elkann di turno che danno dei “lanzichenecchi” a giovani tatuati su un regionale per Foggia. Ma se si vuole diffondere la cultura che almeno si faccia controllando quello che si scrive.

Caro direttore, vabbè basta polemiche. Mollo il caffè e passo alla camomilla (però fredda) ché mi sa che è meglio…

Buona giornata,

Francis Walsingham

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