In linea del resto col nome che porta, andava calando già da tempo l’interesse di Carlo Calenda, appunto, per il campo che con spirito “testardamente unitario” la segretaria del Pd Elly Schlein cercava, e cerca ancora, di organizzare, arare, coltivare e quant’altro per realizzare l’alternativa al centrodestra. Andava calando, quell’interesse, specie dopo che alla porta del Nazareno aveva cominciato a bussare anche Matteo Renzi. I due, come si sono accorti ormai anche i più distratti nella lettura della cronaca politica, soffrono di una incompatibilità di caratteri, ambizioni e visioni esplosa dopo lo sforzo sovrumano di nasconderla o attenuarla nelle elezioni politiche di due anni e mezzo fa. Quando essi si proposero come il terzo polo dell’Italia bipolare sognata nel 1993 con la riforma elettorale di senso o spirito maggioritario. Su cui addirittura nacque la cosiddetta seconda Repubblica, pur con la vittoria elettorale di Silvio Berlusconi e non di Achille Occhetto.
L’incompatibilità lungo la strada della comune ricerca dell’alternativa al centrodestra è stata scoperta da Calenda anche nei rapporti con la Schlein, deflagrati col ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e l’approccio del presidente americano al problema della pace in Ucraina, da imporre più al “dittatore non eletto e comico mediocre” Zelensky che all’aggressore Putin.
Il fatto che, mentre lui correva a Odessa per rafforzarsi nella convinzione delle buone ragioni dell’Ucraina nel terzo anniversario dell’invasione russa la Schlein non avesse trovato la voglia, il tempo di scegliere una delle piazze italiane solidali con Zelensky ha spinto Calenda a chiudere praticamente la sua partita col Nazareno.
Già soddisfatto delle buone ragioni dell’Ucraina ribadite pubblicamente dalla Meloni, accusata invece dalla Schlein di essere anche su questo versante più una presidente del consiglio che del Consiglio, timorosa di perdere la stima e l’amicizia del presidente americano, Calenda ha detto al Foglio, testualmente. “Tra Conte che loda Trump, Renzi che va a Miami a fare la claque del presidente americano pagato dall’Arabia Saudita e Schlein che parla d’altro, questo mi sembra il triste destino del campo largo. No, non ne farò mai parte. Siamo su un crinale per cui passa la Storia. A queste condizioni Azione non ci sarà neppure per collaborazioni parlamentari e locali”.
Al macero, quindi, tutte le fotografie lasciate scattare da Calenda con la Schlein, da solo, o con altri aspiranti all’alternativa al centrodestra. Del resto, le foto di opportunità, come vengono chiamate quelle che vorrebbero rappresentare eventi e situazioni particolari, cominciano a non avere bisogno neppure di qualche ora per essere metaforicamente smentite, superate, stracciate. Guardate quelle alla Casa Bianca scattate ai festosi e compiaciuti Trump e Macron mentre i delegati dei rispettivi paesi all’Onu non riuscivano a votare nello stesso modo sul problema al centro del loro “vertice”, cioè la questione della pace in Ucraina.