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Brexit

Brexit, molto rumore per nulla nel Super-Saturday a Westminster? Il Punto di Meloni

Il punto di Daniele Meloni su Brexit con il nulla di fatto del Super-Saturday

Much ado about nothing, molto rumore per nulla nel Super-Saturday a Westminster. Non ce l’ha fatta Boris Johnson a fare approvare dalla Camera dei Comuni il Brexit Deal che aveva minuziosamente negoziato a Bruxelles nei giorni precedenti. L’approvazione dell’emendamento di Sir Oliver Letwin, un Tory espulso dal partito da Johnson in precedenza, ha fatto sì che il Johnson Deal non arrivasse nemmeno alla votazione. Difficile non leggere nella mossa di Letwin, una nuova puntata dell’infinita lotta di potere tra Cameron e Johnson all’interno dei Tories: il deputato del West Dorset è stato infatti uno dei deus ex machina di Cameron nei suoi 6 anni a Downing Street.

In sostanza, l’emendamento di Sir Letwin costringe il governo a rispettare il Benn Act approvato in precedenza dal Parlamento e a evitare una Brexit disordinata il 31 ottobre prossimo. Letwin, che si è dichiarato favorevole all’accordo di Johnson, vuole che il governo porti in Aula la legislazione necessaria perché il paese non arrivi impreparato all’uscita dall’Ue. Questo – anche conformemente al Benn Act – sposterebbe la data di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea al 31 gennaio 2020.

Come ha reagito Johnson? In Aula è stato un ottimo oratore, ha richiamato tutti i deputati a raccolta per evitare nuovi rinvii, ha perorato in favore del suo accordo affermando che nessuno ai Comuni si è mai espresso in favore di un’Europa federale o per una maggiore integrazione politica europea. Il Parlamento britannico, secondo Johnson, è “euroscettico per storia e per cultura”. Difficile dargli torto, anche considerando le votazioni sul Trattato di Maastricht negli anni ’90, quelle sul Trattato di Lisbona e, più recentemente, sul Fondo salva-stati, dal quale il suo rivale Cameron smarcò il Regno Unito.

Approvato l’emendamento Johnson ha scritto due lettere a Bruxelles. Una a firma del Parlamento che chiede un’estensione dei termini a fine gennaio 2020; e una, firmata dal premier stesso in cui afferma di considerare nocivo un nuovo rinvio della Brexit. Bruxelles apre a una nuova deadline, ma sarà la Corte Suprema scozzese a decidere se Johnson ha agito in modo corretto.

Ai microfoni della Bbc domenica mattina, il ministro degli Esteri, Dominic Raab, ha affermato che il governo ha i numeri per fare approvare l’accordo questa settimana, rispettando così la data del 31 ottobre, quella per cui Johnson si è impegnato con i suoi elettori. Toccherà allo speaker dell’Aula, John Bercow, decidere se il Brexit Deal sarà messo ai voti. I laburisti di Corbyn chiedono però che l’accordo sia accompagnato da una legge che impegni il governo a ratificarlo definitivamente con un referendum.

I Lib Dems chiedono invece un nuovo referendum “In or Out”, mentre i nazionalisti scozzesi vorrebbero la permanenza di Edimburgo nell’Unione Europea. Infine, gli alleati dei Tories del DUP – gli unionisti irlandesi – si sono detti contrari in Aula, per voce del loro leader a Westminster, Nigel Dodds, a un accordo che “svende l’Irlanda del Nord all’Europa”.

Michael Gove, il ministro in carica dei preparativi per la Brexit, ha affermato che le operazioni per un’uscita senza accordo sono state comunque attivate dal governo, e si è detto sicuro che il 31 ottobre non ci sarà alcun dolcetto o scherzetto: il Regno Unito sarà fuori dall’Ue.

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