Più moderato e diplomatico di FdI su Sanremo, per cui non chiede comunque censure in Rai, pur rimarcandone “connotatati ideologici”, tanto più alla vigilia del voto in Lombardia e nel Lazio, a discapito della vera natura di spettacolo del Festival; netto, invece, con parole non diplomatiche verso il presidente ucraino Zelensky che, se fosse ancora premier, non incontrerebbe perché “sarebbe bastato che lui cessasse l’attacco alle Repubbliche autonome del Donbass” per fermare l’aggressione russa.
Silvio Berlusconi, in uno schema di gioco, ormai quasi trentennale, al di là degli eventi in questione, spariglia. Irrompe nella scena elettorale, a urne aperte, nelle due Regioni più popolose d’Italia. Suscita immediatamente una replica non diretta, ma da fonti di Palazzo Chigi, dove il premier Giorgia Meloni, già aveva dovuto far fronte alle iniziative in solitaria di Macron che con un vertice a tre con Germania e lo stesso Zelensky aveva escluso l’Italia.
Fonti di Chigi sottolineano che il governo non ha mai fatto venir meno l’aiuto, il pieno sostegno all’Ucraina, che è “saldo e convinto”. Ma questo lo rimarca la stessa Forza Italia, a cominciare dal ministro degli Esteri Antonio Tajani che ne è coordinatore.
Pd e Terzo polo, già in gravi difficoltà elettorali subito sferrano l’attacco a Berlusconi, aggrappandosi alla ciambella di salvataggio delle accuse di filoputinismo al Cav. Ma FI, con una nota, e tutto lo stato maggiore azzurro, dai capigruppo Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo, con esponenti di spicco come Stefania Craxi, presidente della commissione Esteri e Difesa del Senato, i sottosegretari agli Esteri e alla Difesa, Maria Tripodi e Matteo Perego Di Cremnago, fanno quadrato attorno al Cav, spiegano che mai FI, come ha già fatto, farà venir meno i voti a sostegno della libertà dell’Ucraina. Aggiungono però pure che Berlusconi ha voluto sottolineare, con il suo intervento a sorpresa all’uscita del seggio dove ha votato a Milano, l’altro aspetto del conflitto e cioè la necessità di “non perdere di vista il grande obiettivo della pace”, come sottolinea la Craxi, a più di un anno del conflitto. Lo stesso Berlusconi rimarca di “non essere dalla parte di Putin”.
Berlusconi propone che con gli Usa si avvii un grande piano Marshall per la ricostruzione dell’Ucraina. Non sono questi obiettivi “putiniani”, ma da collocare sempre in quel quadro dell’Alleanza euro-atlantica di cui, come aveva già ribadito in un’ intervista a “Il Giornale”, Berlusconi con FI si sente il primo garante nella coalizione di centrodestra, oltre che espressione della forza “più liberale e più garantista” che lavora stabilmente nel governo Meloni di cui si dice certo della durata per 5 anni.
Ma, mentre in Lombardia e nel Lazio si vota e le percentuali di affluenza alle urne fino a ieri sera sono crollate rispetto a quelle del 2018, quando però si votava anche per le Politiche nazionali e un solo giorno, il Cav si rimette al centro, rimarcando di fatto specificità e ruolo di FI. Che evidentemente non ci sta a farsi fagocitare dall’egemonia di un partito unico di fatto, conservatore rappresentato da FdI.
Berlusconi esprime sull’Ucraina posizioni articolate non nuove che però nei fatti, a differenza della sinistra, dove ultimamente ci sono stati distinguo anche nel Pd pur schierato su posizioni atlantiche, hanno sempre visto FI votare compatta con tutto il centrodestra a difesa dell’Ucraina contro l’aggressione da parte di Putin.
Ma è evidente che l’uscita è amplificata dell’importante appuntamento elettorale in corso, un test politico anche per il governo. Evidente pure che se FdI vincerà troppo anche nei due importanti governi locali a discapito degli alleati si apriranno tensioni interne, che comunque non metteranno a rischio un governo di cui non si intravede alternativa.
Ma il test oltre che per FI, in Lombardia sfidata con la ex di centrodestra Moratti, anche dal Terzo polo, e per la Lega, sarà anche per lo stesso partito maggioritario FdI, di cui è presidente il premier.
La sfida per FdI è quella di una capacità di crescere al di fuori della stessa maggioranza di governo, sfondando oltre i confini del centrodestra, per rendere ancora più salda la stabilità di governo.
Berlusconi con la sua uscita, che si iscrive in uno schema di gioco ormai trentennale, evidente che abbia voluto parlare anche a quegli elettori che si pongono il problema non solo di sostenere la sacrosanta causa dell’Ucraina ma anche di arrivare prima o poi a un percorso di pace, senza per questo essere tacciati come “putiniani”.
Pretendere nella narrazione che il Cav, leale certamente, dato erroneamente ormai da quasi 30 anni sul viale del tramonto, stia come un soldatino obbediente nel governo di centrodestra o piuttosto di destra-centro è cosa che, comunque si pensi, non appartiene alle categorie della politica della cosiddetta Seconda o Terza Repubblica.