Uno è un twittatore compulsivo, tanto da aver creato non pochi imbarazzi all’amministrazione statunitense con i suoi tweet cinguettati anche durante il proprio mandato (memorabile il post “il mio bottone nucleare è più grosso del tuo” indirizzato al dittatore nordcoreano Kim Jong-un). Ed è così egoriferito che, una volta espulso da tutti i social esistenti, ne ha fondato uno tutto suo, in cui parla solo lui.
L’altro è anch’esso un twittatore cronico che si lascia andare alle peggiori esternazioni (qualche tempo fa aveva offeso un dipendente affetto da distrofia muscolare la cui unica colpa era quella di chiedere, pubblicamente su X, se fosse finito tra i lavoratori licenziati dall’oggi al domani) ed è egoriferito a tal punto che Twitter se l’è proprio comprato, dopodiché non contento ha imposto agli sviluppatori di alterare l’algoritmo per fare in modo che i suoi post appaiano a tutti gli iscritti, anche se non lo seguono. Donald Trump ed Elon Musk hanno parecchi punti di incontro e la piazza virtuale di Twitter (o X) è solo l’esempio più lampante e recente. Ma cosa potrebbero mai combinare assieme?
North Korean Leader Kim Jong Un just stated that the “Nuclear Button is on his desk at all times.” Will someone from his depleted and food starved regime please inform him that I too have a Nuclear Button, but it is a much bigger & more powerful one than his, and my Button works!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 3, 2018
MUSK E TRUMP, TANDEM ALLA CASA BIANCA?
Se lo chiede un po’ tutta l’America da quando il Wall Street Journal ha pubblicato l’indiscrezione secondo la quale, se Donal Trump dovesse tornare alla Casa Bianca, avrebbe intenzione di affidare all’imprenditore sulla breccia con Tesla, SpaceX, Neuralink e xAI (giusto per dirne alcune) un ruolo di consulenza.
MUSK SORVEGLIA I CONFINI A SUD?
Secondo il WSJ, Trump e Musk, avrebbero già discusso in privato dell’eventuale incarico consultivo. L’aspetto più curioso è che l’ad di Tesla non sarebbe stato scelto dall’esponente repubblicano, fresco di condanna nel processo sui pagamenti all’ex pornodiva Stormy Daniels, per tessere strategie che permettano all’industria automobilistica Usa di rivaleggiare con i marchi cinesi, sempre più agguerriti, ma per avere consigli sulla protezione dei confini e, in particolare, quelli meridionali col Messico.
A fine settembre Musk, raccontano le cronache giornalistiche “vestito con maglietta nera, cappello da cowboy nero e occhiali da sole alla Top Gun”, si era recato lungo il confine sudamericano. Da là il magnate sudafricano si era detto favorevole all’immigrazione ma contrario a chi infrange le leggi in un video-selfie poi pubblicato sulla sua piattaforma social X.
GLI INTERESSI DI TESLA IN MESSICO
Negli ultimi mesi, però, a oltrepassare il confine è stato proprio Musk, con l’intento di costruire in Messico la principale gigafactory Tesla per servire i mercati di Stati Uniti e Canada.
Una strategia difficile da far digerire agli americani – soprattutto ai politici – dato che sottrae posti di lavoro negli Usa, già vista peraltro in Cina, dove Tesla ha il proprio hub di riferimento che sforna auto elettriche per l’Asia ma pure per il resto del mondo.
Difficile che Musk e Trump abbiano un’identità di vedute sul punto. Anzi, non ce l’hanno, tant’è che il tycoon ha già promesso dazi del 100% (identici a quelli che Joe Biden ha messo sulle vetture in arrivo dalla Cina) per le automobili in arrivo dal Messico.
Non solo: negli ultimi giorni Trump, rivolgendosi ai costruttori durante un comizio elettorale in Ohio, ha di fatto lasciato intendere che farà di tutto per ostacolare la vendita di auto a batteria: “Non sarete in grado di venderle“, l’avvertimento dell’ex presidente americano.
IL FRONTE ANTI-BIDEN
Il Wall Street Journal ha raccontato anche di un recente colloquio a porte chiuse tra l’imprenditore dell’auto elettrica, il miliardario Nelson Peltz e Trump in cui i tre avrebbero parlato della necessità di prevenire le frodi elettorali e di persuadere le élite statunitensi a non sostenere la campagna di rielezione del presidente uscente, il democratico Joe Biden.
PER MUSK L’ALLEANZA CON TRUMP SARA’ UN AFFARE?
Ma l’abbraccio di Trump per Musk potrebbe rivelarsi fatale, sfavorendo le sue aziende. Se infatti l’imprenditore mira a mettere un piede nella Casa Bianca per garantirsi un trattamento legislativo di favore, non sono pochi gli osservatori che temono ripercussioni nell’azionariato delle sue società.
Qualcosa di molto simile è successo, in modo ribaltato e speculare, con la fuga di inserzionisti (ma anche di scienziati e intellettuali) da Twitter dopo l’acquisto di Musk. Sempre in quel periodo l’azionariato di Tesla fece capire che avrebbe preferito un Ceo “a tempo pieno”. Quest’ultima stranezza, insomma, potrebbe essere un’avventura rischiosa. Di quelle che attirano Musk, ma pure Trump.