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Privacy

Tutti i segreti delle donne noti a Facebook grazie alle app

L’associazione Privacy International ha puntato il dito sulle app che condividono con “terze parti” come Facebook anche i dati più intimi. L’articolo di Umberto Rapetto

Facebook conosce i vostri segreti. “Lo sappiamo” verrebbe da rispondere, ma anche i più incalliti utenti di Internet stavolta potrebbero rimanere sorpresi.

Il recente report di Privacy International, organizzazione britannica a tutela della riservatezza dei dati personali, lancia l’allarme su una serie di applicazioni che – installate su milioni di smartphone – girano al social network di Zuckerberg una serie di informazioni acquisite certo non per esser passate di mano.

Una sterminata platea di donne utilizza “app” per tenere sotto controllo la propria salute e confida a questo o quel programma sul telefonino dati sanitari estremamente privati come cicli mensili, uso di contraccettivi, rapporti sessuali protetti e non, sintomi di varia natura come gonfiori o crampi.

Nel mirino di Privacy International ci sono le “app” di monitoraggio, utilizzate da chi vuol conoscere i giorni di ovulazione in cui sono più elevate le probabilità di concepimento di un bimbo. Le app di tracciamento dei periodi trasferiscono a Facebook i dati inseriti dall’utente e lo fanno nel momento in cui viene avviato il programmino, indipendentemente dal fatto che la persona abbia o meno un account Facebook o meno e a prescindere che sia connesso o meno alla piattaforma social.

L’associazione d’oltremanica ha puntato il dito sulle app che – disponibili su Google Play Store – hanno totalizzato milioni di download e condividono con “terze parti” (dai social ad altri “mediatori” che rivendono informazioni prelibate per le industrie) anche i dati più intimi.

Il meccanismo, contorto e preoccupante, riguarda qualunque dato venga fornito alle app di comune utilizzo: chi sviluppa questi software fa l’impossibile per “far cassa” alimentando il mercato degli annunci pubblicitari mirati non rispettando alcun diritto delle persone la cui vita personale viene macinata dagli impietosi ingranaggi del business.

Nell’elenco delle app famigerate appaiono “Maya” (prodotta dalla indiana Plackal Tech e scaricata almeno 5 milioni di volte), “MIA Fem” (il calcolatore di ovulazione, realizzato dalla cipriota Mobapp Development Limited, che vanta oltre 1 milione di download), “My Period Tracker” (di proprietà di Linchpin Health e con più di milione di installazioni), “Ovulation Calculator” (sviluppato da PinkBird) e “Mi Calendario” (di Grupo Familia).

Il report evidenzia che i dettagli più riservati dell’esistenza di milioni di utilizzatori in giro per il mondo vengono condivisi senza alcun consenso libero, inequivocabile, informato ed esplicito da parte dei soggetti che ne avrebbero diritto.

Facebook ha prontamente rimarcato che i termini di utilizzo della piattaforma impongono agli sviluppatori di “app” la massima chiarezza e trasparenza con i propri utenti: deve essere spiegato quali informazioni vengono raccolte e quali vengono condivise e devono essere forniti gli strumenti di anonimizzazione e di difesa della propria privacy. A questa “raccomandazione” (non sempre seguita) si aggiunge il divieto di condivisione di determinati dati della clientela come quelli sanitari, finanziari o rientranti in altre categorie di informazioni ritenute sensibili dalle disposizioni vigenti.

Mentre tutti cascano dalle nuvole e le software-house promettono di procedere alle opportune verifiche (come se non sapessero cosa combinano le loro “app”), la privacy continua la sua infinita agonia…

 

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