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Tim Open Fiber

Tim, Open Fiber, Cdp, Enel. Come procede il dossier rete?

Occhi puntati su Enel per il dossier rete di tlc con Open Fiber. Mentre Cdp si fa avanti per la rete dell'ultimo miglio di Tim e il Tesoro... Fatti, nomi, numeri, indiscrezioni e scenari

 

Occhi puntati su Enel per il dossier rete unitaria tlc. Ecco tutte le ultime novità.

Cassa depositi e prestiti (Cdp) sta guardando allo spin off’ per la rete secondaria (ultimo miglio) che Tim sta valutando di creare a breve, con primi colloqui già avviati.

Tra i principali partner dello spin off c’e il fondo Kkr, che da subito ha guardato il dossier, e ora anche Cdp (azionista di Tim con il 9,89%).

Ma secondo indiscrezioni finanziarie, Cdp non avvierà una trattativa concreta sulla rete secondaria prima che Enel definisca con chiarezza cosa intende fare nella joint venture Open Fiber, la società che dovrebbe creare con l’ex Telecom Italia la famosa rete unica sulla quale spinge anche il governo Conte.

Kkr avrebbe fissato un valore aziendale per la rete secondaria di Tim in circa 7,5 miliardi, quantifica Bloomberg che ha lanciato l’indiscrezione, e potrebbe acquistare nell’eventuale spin off una partecipazione del 40%.

Nella partita starebbe muovendo anche Fastweb, che potrebbe investire nello spin off anche conferendo il 20% di Flash Fiber (l’80% è controllata da Tim).

Ma la questione è chiaramente nelle fasi preliminari: Tim stava infatti trattando in esclusiva con Kkr e un arrivo di Cdp non trovano remore.

“Solo che la Cassa depositi e prestiti non intende investire in ogni dossier in circolazione e in questo caso vuole avere chiarezza da parte di Enel sulla più grande partita della rete unica”, ha scritto l’Ansa.

Secondo il Corriere della Sera, nei giorni scorsi al ceo dell’Enel sarebbe arrivata un’altra manifestazione di interesse per la quota in Open Fiber. A farsi avanti sarebbe stato Wren House Infrastructure, fondo infrastrutturale basato a Londra che fa capo al Kuwait Investment Office, che si aggiunge così agli australiani di Macquarie che un mese fa hanno presentato una proposta non vincolante che valuterebbe tutta Open Fiber oltre 7 miliardi di euro.

La proposta del fondo Macquarie per il 50% di Open Fiber, portata in consiglio a giugno dall’amministratore delegato Francesco Starace, da un lato è il segno della disponibilità del numero uno di Enel di valutare la cessione della quota (su cui Cdp ha diritto di prelazione), dall’altro la stima di oltre 7 miliardi sta facendo interrogare il Mef: troppo elevata la valutazione? Come dire: il gruppo partecipato dal Tesoro cerca di spuntare un prezzo alto al gruppo controllato dal Mef ossia Cdp?

Tra l’altro – si fa notare in ambienti governativi – tra i consulenti degli australiani ci sarebbe Tommaso Pompei, ex amministratore di Wind e di Tiscali, “ma anche artefice nel 2015 dell’avvio della realizzazione da parte di Enel della newco per la realizzazione della rete in fibra – ha scritto giorni fa il Sole 24 OrePompei ha lasciato Open Fiber alla fine del 2017 e sarebbe stato arruolato da Macquarie, che in Italia già si avvaleva della collaborazione di Fulvio Conti, a propria volta ex ad di Enel”.

Ma come trovare la quadra – per azionariato e governance – della futuribile società unica della rete, visto peraltro che Tim punta al controllo?

Una soluzione, dal punto di vista azionario, è allo studio del governo in simbiosi con la Cdp.

Anche il Mef valuta l’idea di far scambiare la quota di Cdp in Open Fiber con titoli di Tim (già ora Cdp ha il 9,89%), facendo diventare il gruppo Cdp primo azionista dell’ex Telecom Italia in vista di un’uscita progressiva dei francesi di Vivendi.

Con Cdp perno di Tim fino al 25% si profilerebbe una gestione “terza” della rete, come auspicato dai concorrenti di Tim.

Ma la quadra è più facile a dirsi che a farsi. Si vedrà.

Nel frattempo gli occhi sono puntati su Enel.

“Entro la fine di luglio tutto sarà più chiaro”, dice un addetto ai lavori che segue il dossier.

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