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Colao Asi

Spazio, ecco come Colao ha depotenziato l’Asi

L'ultima mossa del governo è un’ennesima scelta mirata a puntare esclusivamente al modello franco-europeo dell’Esa in assenza di una visione impostata sugli interessi nazionali? L'intervento di Paolo Chersei

 

Come ha magistralmente trattato l’argomento su StartMag Francis Walsingham, nell’impianto dell’amministrazione italiana dello spazio sono accadute nelle ultime settimane tutta una serie di manovre accuratamente sfumate dall’agone elettorale e più dal torpore neo vacanziero per le quali, se non si interviene accuratamente, si assicurerà la continuità a quella che è stata una conduzione patetica, per non dire disastrosa della politica spaziale nazionale di questo ultimo lasso di tempo. Una serie di operazioni, se messe a termine, che faranno dire: “Tutto va come al solito”. Del resto, appena la nave affonda, i topi scappano dai ponti e dalle stive. O cercano salvezza dove possono. Pur trattandosi di un esecutivo come quello che ha guidato l’Italia dal febbraio 2021, l’analogia è del tutto casuale.

Con una sequenza di decreti convertiti in legge a agosto, i poteri di indirizzo, coordinamento, programmazione e vigilanza dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) sono stati spostati all’Ufficio per le Politiche Spaziali. Il provvedimento ha modificato il decreto legislativo del 4 giugno 2003 n. 128 in cui si perimetravano finalità, attività, organi, principi e criteri di organizzazione e funzionamento dell’espressione spaziale dell’esecutivo. La struttura costituita è stata definita sagacemente verticistica e autoreferenziale e lascia credere che sia stata mirata ad abbattere definitivamente tutti i poteri afferenti a Asi, la cui guida da anni sta languendo in un guado di inefficienza, di perseveranza disordinata e di assottigliamento della credibilità per un comparto definito dagli stessi attori come una leva strategica del Paese.

Uno dei colpi più duri assestati all’Asi — ricordiamolo, dopo un periodo di turbolenze e polemiche istituzionali — fu di affidare la presidenza ad un funzionario dell’Esa, ancorché ci dicono valentissimo, ma del tutto ignaro dei problemi della politica spaziale che avrebbe dovuto amministrare. I personaggi politici che ne hanno guidato le sorti — Riccardo Fraccaro, Bruno Tabacci, Vittorio Colao e gli esperti da loro nominati — del tutto lontani dalla materia, non hanno fatto altro che allontanare il settore da quelli che sono le reali esigenze del Paese. Ora, con questa mossa di una nuova unità di comando, la gestione sembra ancora più complicata.

Come anticipato da StartMag, alla guida di questo ufficio ci sarà Elena Grifoni Winters, che è capo di gabinetto dell’attuale DG dell’Esa Josef Aschbacher e ha esercitato la stessa funzione con Jan Wörner e a quanto pare lascerà l’incarico a fine di questo mese. Giusto per sedere al nuovo posto di comando creato per lo spazio in Italia. Quindi un’altra figura altamente referenziata ma estranea all’essenza tecnica richiesta per la tutela dell’architettura spaziale italiana. Cosa dirigerà — e con quale titolo — la signora Grifoni, Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e ospite al Quirinale alla consegna della Bandiera nazionale che Samantha Cristoforetti ha portato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale quattro mesi fa? Basteranno le sue capacità nella gestione delle relazioni istituzionali e della rete del Consiglio dell’Esa per costruire un efficace piano di politica spaziale che tuteli e sostenga gli interessi del settore a favore dell’Italia? Oppure quest’ultima mossa di un esecutivo agonizzante e ristretto ai soli poteri di normale amministrazione non è che un’ennesima scelta mirata a puntare esclusivamente al modello franco-europeo dell’Esa in assenza di una visione prima di tutto impostata sugli interessi nazionali?

La necessità di tenere il passo con i Paesi più industrializzati impone che lo spazio in Italia faccia la sua parte sia in Europa che con gli alleati americani. Ma per raggiungere dignitosamente risultati credibili, deve prima di tutto essere presente sul suo territorio portando ad esecuzione i programmi che sono strategici per una nazione.

Tra le priorità che vanno privilegiate, preservare e tutelare gli interessi nazionali nel settore Satcom con approccio multi orbitale, dalle orbite GEO a MEO. Segue poi lo sviluppo della capacità nazionale di osservazione ottica della Terra da affiancare all’eccellenza in campo radar, la messa a punto di un piano concreto di accesso indipendente allo spazio con capacità di immissione in orbita di assetti spaziali di classe non inferiore a quella dei mini satelliti, evitando progetti fantasiosi e impraticabili e non utili per applicazioni operative di interesse strategico.

Quelli elencati sono parte dei programmi fondamentali a cui è indispensabile una guida competente e strutturata per garantire l’orientamento di risorse verso le tecnologie e le infrastrutture big data oriented e cyber security per disporre di servizi sicuri e resilienti alla base di una primaria autonomia e indipendenza nazionale necessaria alla partecipazione alle massime collaborazioni internazionali.

Sono impegni forti che anche l’occhio benevolo del Colle più alto da solo non è sufficiente a guidare. E allora, se ormai la decisione è presa, che una direzione così delicata sia affiancata da professionisti preparati, che abbiano esperienza di progettazione e di conduzione dei programmi. Si faccia in modo che i vertici di queste strutture siano presidiati da ingegneri con una visione strategica costruita sui programmi nazionali complessi di cui l’Italia può essere fiera perché solo con questo controllo si può essere in grado di identificare e valorizzare le opportunità esistenti. Altrimenti lo spazio italiano continuerà ad andare sempre più in basso, facendo pagare un prezzo molto salato all’industria nazionale del settore che pur disponendo di importanti capacità qualificate, non può esser messa in condizioni di assumere i ruoli di prime contractor. Non va dimenticato infatti che non essendo il peso complessivo delle aziende italiane paragonabile ai main player europei, è proprio compito della politica dover salvaguardarne l’esistenza.

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