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Signal

Signal, perché la chat anti WhatsApp chiede donazioni agli iscritti

Nata da uno dei fondatori di WhatsApp in seguito all'acquisizione dell'app da parte di Meta, Signal è frutto del lavoro di un gruppo di attivisti per la privacy. Ecco le ultime novità

Se, almeno per il momento, Meta non metterà Adv in WhatsApp per trarne profitto e coprire gli alti costi di mantenimento della macchina (il Gruppo di Menlo Park, non dimentichiamolo, si sostenta proprio grazie alle pubblicità), Signal, una delle sue principali rivali, ha deciso di presentarsi alla propria utenza col cappello in mano.

QUANTO COSTA MANTENERE SIGNAL

La piattaforma, che ha conosciuto un vero e proprio boom nel febbraio del 2021, dopo che WhatsApp aveva annunciato le modifiche ai suoi termini di servizio sulla privacy, arrivando a 8,8 milioni di download con picchi in India (da 12mila a 2,7 milioni) e negli Usa (da 63mila a 1,1 milioni), alla cui popolarità aveva contributo pure un cinguettio di Elon Musk (da tempo in aspra polemica con Mark Zuckerberg) che proprio nel 2021 aveva twittato: “Usate Signal”, per andare avanti deve affrontare costi per 40 milioni di dollari, destinati a diventare 50 milioni nei prossimi due anni.

Signal spende 14 milioni di dollari all’anno in infrastrutture. Per le chiamate vocali e le videochiamate utilizza circa 20 petabyte di velocità di trasferimento all’anno, che le costano 1,7 milioni di dollari annui. Sei milioni di dollari vengono invece girati ale aziende di telecomunicazioni per gli sms che Signal usa per inviare i codici di registrazione necessari a verificare i numeri di telefono dei nuovi account. Non avendo finanziamenti diretti dai fruitori, più aumentano gli utenti e più crescono solo le spese. Infine, 19 milioni di dollari all’anno sono allocati per pagare il personale, appena circa 50 persone, ma comunque un team molto più numeroso rispetto a qualche anno fa quando partì con tre volontari.

COS’È SIGNAL

Signal è stata sviluppata nel 2013 da un gruppo di attivisti per la privacy è finanziata, tra gli altri, da Brian Acton, uno dei fondatori di WhatsApp che ha lasciato la società nel 2017 in disaccordo con la gestione di Facebook che l’aveva comprata tre anni prima per 19 miliardi di dollari (183,9 milioni di azioni Facebook, valutate all’epoca 12 miliardi di dollari, 4 miliardi di dollari cash e 3 miliardi di dollari di azioni vincolate per i fondatori e i dipendenti di WhatsApp).

CHI FINANZIA SIGNAL?

Fin dal suo esordio, Signal ha promesso che non venderà i dati dei suoi utenti né mostrerà annunci ai suoi utenti. Dietro, dal 2018, ha una organizzazione non profit – per la precisione una “Independent Non-profit Charity” esente perciò da tassazione negli Stati Uniti – che ha reso le cose semplici agli sviluppatori altamente ideologizzati che l’hanno ideata al fine di offrire questo servizio come un bene pubblico senza sentire mai alcuna pressione per fare soldi o ripagare gli investitori.

Ma avere alle spalle una fondazione e non una Big Tech finalizzata al lucro non ha reso le cose altrettanto facili sul fronte economico: i 50 milioni messi sul piatto fino a ora provengono direttamente dai fondi di Acton, che ricopre il ruolo di presidente esecutivo della holding di app di messaggistica attenta alla privacy.

Ma con l’attuale impennata degli utenti oggi corrispondono a poco più di un anno di spese della non profit. Secondo il giornalista Kit Klarenberg, esperto di intelligence, finora Signal non ha avuto granché bisogno di ricorrere all’aiuto della sua community perché supportata dal governo degli Stati Uniti. Evidentemente qualcosa è cambiato.

L’APPELLO PER LE DONAZIONI

Ma adesso la fondazione non riesce più a fare da sé. “Come organizzazione no-profit non abbiamo investitori o membri del consiglio orientati al profitto che bussano nei momenti difficili, esortandoci a sacrificare un po’ di privacy in nome del raggiungimento di obiettivi monetari e di crescita” spiega la presidente di Signal Foundation, Meredith Whittaker, sul blog ufficiale. “Invece di monetizzare la sorveglianza, siamo supportati dalle donazioni”.

Alla pagina delle donazioni, si legge: “Signal è pensata per persone come te, non per i tuoi dati, né per fare profitto. Proseguiamo con la nostra missione grazie al tuo supporto: vogliamo proteggere la libera espressione e garantire un sistema di comunicazione sicuro in tutto il mondo grazie a tecnologie open-source per la privacy. Messaggi privati e sicuri. Niente pubblicità, cookie o tracciamenti”. Insomma, chi non vuole pagare coi propri dati, può partecipare alla battaglia di Signal contribuendo con una donazione. La cifra minima richiesta è di 5 euro.

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