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metaverso camerino

Se la laurea è un pezzo di carta, cos’è quella che si prende nel metaverso?

Dopo aver speso grandi quantità di soldi per resuscitare il metaverso con pubblicità, podcast e incontri politici, Meta ora lo porta anche negli atenei, partendo dall'Università di Camerino? La lettera semiseria di Francis Walsingham.

Caro direttore,

oggi ti annoio un po’ con i deliri del vecchio che si accorge di essere arrivato al punto di non capire più il mondo in cui vive. Speravo di non ridurmi allo stereotipo del signore distinto, canuto e bisbetico, che guarda i giovani dall’alto in basso, ma è evidente che l’età avanza e quello è un percorso obbligato e a senso unico.

Sì, perché non riesco a farmi scaldare dall’entusiasmo con cui l’Università di Camerino fa sapere di essere il primo ateneo in Italia a tenere un intero insegnamento dedicato al Metaverso. Sui social hanno anche pubblicato alcune foto che spero riuscirai a recuperare, metto il link in calce alla mail.

Non so, a me questi giovani ai banchi con un caschetto sulla testa non convincono troppo. Mi vuoi dire davvero che in futuro si studierà così? Film e romanzi ci avevano convinto che nel 2000 le auto avrebbero volato, che ci saremmo teletrasportati da un luogo all’altro del mondo; e invece la sola innovazione che ci tocca in sorte sarà un caschetto per la permanente quando si è a scuola?

In alcune foto non mi sembrano nemmeno tanti gli studenti a lezione, le sedie vuote sono parecchie: i loro compagni saranno andati avanti e li avranno attesi nel metaverso? Si saranno dematerializzati attraverso la banda larga? Oppure saranno rimasti freezati da qualche parte per colpa della lag come capita alle partite di calcio trasmesse su Internet?

Poi, perdonami, ma io del metaverso ho capito due cose. E le ho capite leggendo Start, perciò sentiti responsabile se ho travisato tutto: la prima è che dovrebbe servire per riunirsi virtualmente quando non si ha la possibilità di farlo fisicamente. Allora a che pro essere tutti nella stessa aula ma, simultaneamente, dentro il metaverso in un’altra aula virtuale?

Forse non ho capito io. Che sono vecchio. Che non ho più voglia di interfacciarmi con certe diavolerie. Ai miei tempi i videogiochi erano grandi come un mobile a occhio e croce pesavano dai 30 ai 70 kg e mai nessuno si sarebbe sognato di spacciarli come metodo di studio.

La seconda cosa che ero convinto di aver appreso sul metaverso leggendo sempre Start è che fosse moribondo. Mi era insomma sembrato che una volta tanto il buon Mark Zuckerberg, il ragazzotto della Silicon Valley che dagli anni Duemila ha rivoluzionato Internet trasformandolo nel punto di ritrovo con compagni e parenti che avevi perso di vista da una vita (e un motivo ci sarà pur stato) e che grazie ai suoi social ora si rifacevano vivi costringendoti a vedere le loro foto al mare o di ciò che mangiavano, ne avesse finalmente sbagliata una.

Insomma, Mark ha chiamato il gruppo Meta in onore del metaverso, no? Eppure questo metaverso non se lo sta filando nessuno, dico bene? Leggo dal Corriere: “La festa-flop della Commissione Europea sul metaverso: ci vanno in 6. Per stabilire una presenza sul metaverso, la Commissione ha stanziato 378 mila euro: obiettivo: interessare i giovani ai piani di aiuti internazionali della Ue. Ma al «Gateway Gala» si sono presentati in sei”.

Leggo da Repubblica: “Anche per Facebook il Metaverso è un flop: “Un mondo vuoto è un mondo triste”. E, ancora: “Documenti interni della società certificano le difficoltà a far breccia tra gli utenti: chi lo visita non torna, dimezzata la stima di raggiungere 500 mila utenti mensili entro fine anno. Per la società il progetto va però valutato sul lungo periodo”.

Ci va giù duro pure Wired: “Possiamo ancora fidarci delle promesse di Meta sul metaverso?
Un nuovo report prodotto dalla società di Zuckerberg prova a rilanciare le potenzialità economiche del grande mondo immersivo in cui dovremmo trasferire una parte delle nostre vite, ma i dubbi sono ancora tantissimi”.

Ma a quanto pare non è proprio così. Perché incuriosito sono andato a scartabellare tra i comunicati stampa sulla strepitosa iniziativa dell’Università di Camerino e ho letto che “il progetto è stato realizzato in collaborazione con PA Social e con Meta Italia”.

Se guardi su Facebook l’account dell’ateneo nel post si legge: “All’interno della realtà immersiva di Unicam è intervenuta anche la Public Policy Manager di Meta Costanza Andreini, che ha parlato delle politiche di innovazione di Meta.”

Ora, caro direttore, a pensar male potremmo parlare di un tentativo di indottrinamento di queste giovani menti imbrigliate da questi occhialoni hi-tech. O di riciclare visori invenduti? Ah, saperlo…

Tu però mi scudisci ogni volta che faccio dietrologie e allora ti sfido nel tuo campo. Con quel tuo giornalista, Carlo Terzano, avete scritto e ripetuto che il metaverso è un flop e che per risollevarne le sorti Meta sta finanziando campagne pubblicitarie, promuovendo dibattiti coi politici e, a quanto pare, arrivando ora pure nelle università. Mi avete fatto una testa così che la rivoluzione promessa da Zuckerberg fosse stata spazzata via dagli investimenti sull’IA.

Allora niente dietrologie, promesso. Ma da papà e non da direttore, non saresti un po’ perplesso se tuo figlio stesse studiando qualcosa che non ha futuro? Insomma, se già la laurea è “un pezzo di carta” che valore può avere un corso su qualcosa che potrebbe sparire ancora prima del conseguimento del titolo?

Cosa potranno mai apprendere le nuove leve, se il metaverso non supererà la nottata? E cosa potranno insegnare in merito PA Social e Meta? PA Social nemmeno sapevo che esistesse. Ho dovuto googlarmela per capire cosa faccia: “La prima associazione italiana per la comunicazione e informazione digitale.”

Saranno fortissimi sui social, ho pensato. Come no: 14.137 Mi piace su Facebook con  16.654 follower. Ma Facebook tu mi insegni, è il social di noi boomer. Su Youtube hanno 1010 iscritti, su Instagram 5.721 follower, in linea con Twitter, in cui speravo sinceramente facessero meglio ma nemmeno sono iscritti, limitandosi a comparire come digitalepopolare.it, “testata giornalistica su digitale e innovazione. Partner #PASocial”

Tu che ami spulciare nomi e carichi, qui hai i fondatori: Francesco Di Costanzo (Presidente), Giuseppe Ariano, Marco Bani, Alessia Freda, Luisa Gabbi, Gianluca Garro, Andrea Marrucci (Tesoriere), Alessandra Migliozzi, Francesco Nicodemo, Caterina Perniconi, Nicoletta Santucci, Erica Sirgiovanni e Sergio Talamo. Leggo poi di coordinamenti regionali e tavoli e gruppi di lavoro tematici: sembrano la metà di mille e mi chiedo se quei follower non siano soprattutto loro stessi. Ma sai che adoro malignare.

Fatto sta, direttore, che l’Università di Camerino intende portare, leggo dall’agenzia di stampa, “nel metaverso, oltre alla didattica, anche attività di comunicazione e di public engagement e per il quale l’Ateneo ha costituito un apposito gruppo di lavoro. Le lezioni dell’insegnamento in ‘social media management’, all’interno del corso di laurea in Informatica per la Comunicazione digitale interamente nel metaverso, saranno tenute da Francesco Di Costanzo, presidente di PA Social”.

“I 52 studenti iscritti avranno in dotazione ognuno un oculos Meta Quest3 con il quale potranno confrontarsi con questa tecnologia per apprendere contenuti relativi al corso, ma anche per scoprirne i segreti e aggiungerli al loro background professionale da spendere nel mercato del lavoro. Non solo didattica, ma anche ricerca, dal momento che l’ambiente virtuale, l’aula in cui si svolge la lezione, è stata progettata e sviluppata dal team del professor ecc… ecc…”

È tutto virtuale: sono virtuale le aule, gli avatar degli studenti, il corso… speriamo almeno che tutto questo serva a trovare un posto di lavoro reale. Perché per impiegarmi tra le file dei combattenti di Fortnite e passare là tutta la giornata può bastare benissimo anche una licenza media.

Tuo,

Francis Walsingham

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