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Riconoscimento facciale, che cosa prevede la moratoria

La Legge 205/21 contiene la moratoria sui sistemi di riconoscimento facciale prevista fino al 2023 in Italia. Ma non tutte le associazioni del settore commentano positivamente le novità.

 

Stop al riconoscimento facciale fino al 2023 in Italia.

Il Parlamento italiano ha vietato il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici nei prossimi due anni tramite l’approvazione un emendamento Pd al Dl Capienze dell’8 ottobre 2021, il numero 139, sulla scia di un disegno di legge presentato dal deputato Pd Filippo Sensi.

Il 7 dicembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un testo normativo che converte in legge, con modificazioni, il decreto legge Capienze.

L’Italia diventa così il primo Paese dell’Unione europea a vietare il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici, con l’approvazione del Garante per la protezione dei dati personali.

“La Legge 205/21 sospende fino al 31/12/2023 l’installazione e l’utilizzazione di impianti di video sorveglianza con riconoscimento facciale, attraverso dati biometrici in luoghi pubblici o aperti al pubblico, da parte di autorità pubbliche o soggetti privati”, si legge in un tweet del Garante Privacy italiano.

I soggetti privati come ad esempio negozi, palazzetti sportivi e mezzi di trasporto non potranno utilizzare sistemi di videosorveglianza con riconoscimento facciale.

Dalla moratoria è esclusa invece, l’autorità giudiziaria. Ed è qui che le associazioni per i diritti civili e gli esperti di privacy borbottano.

Tutti i dettagli.

COSA PREVEDE LA LEGGE

Il divieto di videosorveglianza con riconoscimento facciale vale fino a tutto il 2023. Dopodiché dovrebbe arrivare il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale che tra l’altro prevede nuovi forti limiti al riconoscimento facciale.

Si legge che “l’installazione e l’utilizzazione di impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale operanti attraverso l’uso dei dati biometrici di cui all’articolo 4, numero 14), del citato regolamento (UE) 2016/679 in luoghi pubblici o aperti al pubblico, da parte delle autorità pubbliche o di soggetti privati, sono sospese fino all’entrata in vigore di una disciplina legislativa della materia e comunque non oltre il 31 dicembre 2023”.

MULTE PER I TRASGRESSORI

“Salvo che il fatto costituisca reato, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie stabilite dall’articolo 166, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dall’articolo 42, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, in base al rispettivo ambito di applicazione” specifica il comma 11.

UN SUCCESSO PER LE ASSOCIAZIONI PER I DIRITTI CIVILI

“Si tratta di un importante successo per la coalizione italiana di Reclaim Your Face che nell’ultimo anno ha chiesto di vietare questo tipo di tecnologie a livello europeo”, ha commentato il Centro Hemes. Nella coalizione italiana, insieme al Centro Hermes, ci sono anche Associazione Luca Coscioni, Certi Diritti, CILD, Eumans, info.nodes, The Good Lobby, Privacy Network, Progetto Winston Smith, e StraLi.

LE ECCEZIONI PREVISTE

Ma la norma prevede un’eccezione. Al comma 12 precisa che il divieto non si applica “ai trattamenti (di dati personali per il riconoscimento biometrico, ndr) effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione e repressione dei reati o di esecuzione di sanzioni penali di cui al decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, in presenza, salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero, di parere favorevole del Garante reso ai sensi dell’articolo 24, comma 1, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 51 del 2018″.

LA PRECISAZIONE DEL GARANTE PRIVACY

Dalla “moratoria” sono esclusi i trattamenti effettuati per la prevenzione e repressione dei reati o per l’esecuzione di sanzioni penali. “Ma solo se prima hanno ricevuto parere favorevole del Garante Privacy” sottolinea l’authority presieduta da Pasquale Stanzione.

LE POLEMICHE DELLE ASSOCIAZIONI PER I DIRITTI DIGITALI

In realtà non è così come fa notare Laura Carrer, fellow del Centro Hermes per la trasparenza e i diritti umani digitali.

L’inciso del comma 12 elimina qualsiasi vincolo per la “autorità giudiziaria” che non dovrà richiedere l’autorizzazione del Garante privacy come il resto della pubblica amministrazione.

Nell’articolo 12, infatti, si legge che il parere è necessario “salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero”. Come commentato a Wired, “prima dell’entrata in vigore del testo però anche forze di polizia e pm erano tenuti a confrontarsi con l’autorità indipendente per la privacy quando volevano “utilizzare tecnologie come il riconoscimento facciale poiché — ha sottolinea Carrer — queste implicano un trattamento di dati personali che può avere un grave impatto sui diritti e sulle libertà dei cittadini. Con le modifiche di questa moratoria sono ora esentati da ogni controllo preventivo”.

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