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Amazon Bezos

Riconoscimento facciale, Amazon si sostituisce al legislatore e prova a scrivere le regole. L’articolo di Rapetto

Il commento di Umberto Rapetto Sull'ultima trovata di Amazon per il riconoscimento facciale

La colonizzazione continua. O, almeno, non si fermano gli affilatissimi tentativi di governare il pianeta acquisendo progressivamente il controllo delle diverse fasi quotidiane. Parliamo di Jeff Bezos, encomiabile per il suo spirito d’impresa e spaventoso per gli obiettivi di permeazione capillare del nostro vivere di tutti i giorni.

Dopo le violazioni della privacy di cui non si è mancato di parlare (Alexa, ad esempio, fa oscillare il consumatore tra la meraviglia delle funzioni e la paura di esser costantemente spiato) e dopo la conquista dello spazio dalle consegne con i droni alla prossima costellazione di satelliti per portare Internet ovunque, arriva la premurosa azione di Jeff Bezos sul fronte del riconoscimento facciale.

Il padrone di Amazon ha apertamente dichiarato che gli specialisti al suo servizio stanno redigendo una serie di provvedimenti legislativi in tema di tecnologie per l’identificazione biometrica.

In termini pratici la comprensibile lentezza istituzionale a legiferare verrebbe scossa (o questo è l’auspicio di Bezos) dalla disponibilità di norme già confezionate da esperti del settore. Dopo aver visto che Facebook ha realizzato il proprio Tribunale, ci si potrebbe non stupire che un’altra realtà leader del web decida di sostituirsi a questo o a quello Stato in una sorprendente indipendenza o superiorità rispetto a qualsivoglia ordine costituito.

Vengono in mente le sequenze de “Il Marchese del Grillo” in cui Bastiano, sacerdote spretato, continua a impartire sacramenti e benedizioni e invita il nobile a riferire al Papa di esser pronto anche ad autonominarsi vescovo. Ma in questo caso non è una pellicola cinematografica, perché sono in gioco i diritti fondamentali di universale valenza.
La sgradevole sensazione di scivolare in un futuro controllo totale si era già fatta sentire nella primavera scorsa e l’apparizione pubblica del buon vecchio “Jeff” al convention annuale di Aleza – che si è tenuta a Seattle mercoledì scorso – rappresenta un segnale non trascurabile.

Il parlamento (non importa quale) sembrerebbe destinato a cedere il passo al “public policy team” di Amazon che – senza affaticare deputati e senatori – è pronto a scodellare regole e norme congegnate a misura per ricalcare le caratteristiche di funzionamento dei dispositivi prodotti o commercializzati dall’azienda di Beacon Hill.
In un’era in cui si manifesta il massimo impegno nella tutela della riservatezza dei dati personali e di ogni altra informazione sensibile dei cittadini, spaventa l’indifferenza dinanzi a determinate manovre.

Fortunatamente città californiane come San Francisco e Oakland hanno messo al bando qualsivoglia forma di riconoscimento facciale da parte delle Istituzioni, impendendone l’utilizzo persino all’Autorità giudiziaria e alle Forze dell’Ordine.
Ma che succede se a schedarci è una “corporation” che tiene poi ben nascosto quel che ha immagazzinato sul nostro conto?

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