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Report Videogiochi

Report scopre i videogiochi. E li paragona al gioco d’azzardo

Fa discutere il servizio di Report (Rai3) sui videogiochi. Il punto di Carlo Terzano

 

Nelle stesse ore in cui la Rai ha scoperto proprio malgrado la potenza e la dirompenza di un personaggio come Fedez, che può parlare a milioni di persone tramite i suoi canali social o dirette Twitch, senza aver bisogno di passare dal servizio pubblico, che anzi rischia di essere rivoluzionato solo per averlo fatto arrabbiare, la trasmissione di Rai 3 Report per non essere da meno ha scoperto i videogiochi, dedicando il servizio di apertura al successo di Fortnite (gioco del 2017, ma la latenza tra la tv di Stato e i giovani è tale che ne parla a 2021 inoltrato) e ad altri titoli accomunati dalla presenza di micro-transazioni e acquisti in-app.

Mala tempora currunt!, gridano da Rai 3, accusando i videogame di essere responsabili di ogni male: alienare i ragazzini, farli parlare in modo assurdo, spingerli alla ludopatia e al gioco d’azzardo. Ci si aspetterebbe persino che vengano accusati di diffondere il Covid, untori 2.0, invece, dulcis in fundo, “distruggerebbero il welfare” italiano. “Chi pagherà la nostra sanità?” si chiede con fare teatrale il conduttore, Sigfrido Ranucci.

Ma andiamo con ordine. La prima accusa che il servizio muove all’industria dei videogames è quella di alienare i ragazzi, soprattutto in tempo di pandemia, spingendoli ad adottare un linguaggio incomprensibile. In realtà i problemi di comunicazione intergenerazionale ci sono sempre stati: qualsiasi generazione ha adottato un proprio registro, con parole, gerghi e modi che tracciassero il solco coi genitori, visti come dinosauri. Dei “matusa”, si diceva quando chi scrive era giovane, e ora si beccherebbe del “boomer” da chi è più giovane solo per averlo scritto.

Ci sono poi diversi studi che testimoniano come i videogiochi che Report mette alla sbarra servano ai ritirati, ovvero agli hikikomori, coloro che si chiudono in casa per scelta, come sola finestra sul mondo, unico cordone ombelicale residuo col resto della società. Poi, naturalmente, così come il coltello può essere usato tanto per tagliare una bistecca, quanto per commettere un delitto efferato, pure i videogiochi possono prestarsi a usi distorti, ma questo non vuol dire che siano pericolosi a prescindere.

Ma il clou del servizio è dedicato alle microtransazioni che hanno permesso, per esempio a Epic, di fatturare 1,5 miliardi circa nel 2018, a fronte del 10% di tasse pagate in Lussemburgo. Come funzioni Epic, quale sia stata la sua straordinaria evoluzione, lo spiegammo già a suo tempo qui in occasione dell’ultima zampata che la software house ha assestato al mercato, inutile ritornarci. Meglio spendere qualche carattere invece per dare una completa informazione alle accuse che Report muove a questo genere di videogiochi. Il servizio, per esempio, si chiede se è giusto che “la paghetta di papà” venga usata per acquistare skin, avatar, oggetti virtuali. Il problema però sta a monte: se i genitori non controllano come i propri pargoli spendono i loro soldini, non ci si può lamentare con terzi. La responsabilità genitoriale, come quella penale, è personale. In più, ogni sistema di gioco e non ormai prevede il parental control: in pochi passaggi i genitori possono inibire determinate “app” e funzioni della console e, salvo che il bimbo non scopra la password, non potrà nemmeno raggiungere lo store online, figurarsi fare acquisti. Ma questo Report non lo dice.

La trasmissione di Rai 3 poi se la prende pure con Fifa (gioco di calcio) e con i recenti videogame che hanno inserito, tra le loro transazioni, contenuti a sorpresa: uno acquista ma non sa cosa. Lo scopre solo a transazione avvenuta. Secondo il servizio si configurerebbe persino il gioco d’azzardo. Non sono i soli a pensarla così: la Commissione europea sta facendo studi in merito e alcuni Paesi membri hanno già legislazioni interne che vietano questo genere di acquisti. In realtà, però, a ben pensarci, non c’è nulla di nuovo sotto il sole: Fifa dietro qualche euro sblocca calciatori e carte random esattamente come, da sempre, sono casuali le figurine tutte italiane (guarda caso sempre di calciatori) che hanno accompagnato la crescita di generazioni, senza che nessuno si sognasse di accostarle a una partita a poker in qualche bisca clandestina. Tutt’ora sono in vendita all’edicola e sempre all’edicola si trovano scatole misteriose che racchiudono giocattolini a sorpresa. Non saperne il contenuto fa sì che siano accostabili al gioco d’azzardo? E allora le sorpresine degli ovetti di cioccolato?

Ma per Report questo modo dei videogiochi di fare affari predisporrebbe alla ludopatia. Probabilmente è così, se i bimbi vengono parcheggiati dai propri genitori davanti alla tv per intere giornate, senza che gli stessi si curino di passare del tempo con loro. Infine, ultimo punto: si finanziano software house che eludono il fisco italiano. I giovani spendono le loro paghette in cavolatine virtuali – questo il succo del servizio – e non innescano nemmeno un meccanismo virtuoso finalizzato a pagare la sanità o la pensione ai vecchi. Tuttavia, questo problema lo Stato italiano lo ha con tutte le aziende del web o, più in generale, con tutte le realtà che vendono servizi e hanno ubicato il proprio domicilio fiscale in Olanda, nel Belgio o in Irlanda. Nell’Unione europea non c’è infatti un’unione fiscale ma di questo non si può incolpare né i bimbi, né le software house, che come tutti gli imprenditori sfruttano a proprio vantaggio la legge, ma solo gli adulti: i politici che ci governano.

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