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Covid

Quali governi hanno usato le app anti Covid per sorvegliare i propri cittadini? L’inchiesta di AP

Oltre alla Cina, anche altri Paesi hanno sfruttato il Covid per invadere la privacy dei propri cittadini, facendo esplodere un’industria di raccolta di massa di dati biometrici e biografici che non si sa bene che fine faranno. Tutti i dettagli

 

Milioni di persone in tutto il mondo durante le prime settimane della pandemia hanno condiviso i propri dati personali come richiesto dai governi per contrastare la diffusione del coronavirus. Un’inchiesta di Associated Press, però, li ha smascherati e scoperto che le polizie di diversi Paesi hanno usato le tecnologie, spacciate per il monitoraggio del Covid, in realtà per aumentare la sorveglianza.

A COSA SERVIVA LA RACCOLTA DEI DATI

Da Pechino a Gerusalemme, da Hyderabad, in India, a Perth, in Australia, l’Associated Press ha scoperto che le autorità hanno usato queste tecnologie e dati “per bloccare i viaggi degli attivisti e della gente comune, per molestare le comunità emarginate e per collegare le informazioni sulla salute delle persone ad altri strumenti di sorveglianza e di applicazione della legge. In alcuni casi, i dati sono stati condivisi con le agenzie di spionaggio”.

I “SUPERVISORI” DELLA CINA

In Cina, dove recentemente è stata disattivata una delle app di tracciamento che i cittadini erano tenuti a scaricare e in cui dovevano registrare i propri dati, è stato richiesto di installarne comunque altre che producendo QR code consentono l’accesso o meno a determinati luoghi.

Ma oltre alle app, l’agenzia di stampa racconta anche di figure come i “supervisori”, persone solitamente assunte dalla sicurezza di Stato per il “mantenimento della stabilità”. Tali addetti possono richiedere ai cittadini di incontrarsi o viaggiare quando le autorità temono che possano causare problemi. Un solo loro segnale basta a far diventare il QR code rosso ed ecco che impediscono a una persona di spostarsi.

Che si tratti di una protesta o denuncia di qualsiasi genere un codice impedisce il dissenso e censura le persone.

Tra le testimonianze raccolte ci sono quella dell’ex gestore patrimoniale Yang Jiahao al quale è stato impedito di recarsi a Pechino dove voleva presentare varie denunce al governo centrale, o quella di un gruppo di clienti di una banca ai quali è stato proibito di andare a protestare perché non potevano accedere ai propri conti online. Uno di loro, riuscito ad arrivare nella città della banca, ha visto diventare il suo codice rosso ed è stato messo in quarantena in un seminterrato. La stessa sorte, in quella occasione, è toccata a ben 1.317 persone, tutte con l’idea di protestare.

“È il modello di governance, la cui filosofia è quella di rafforzare il controllo sociale attraverso la tecnologia”, ha dichiarato Yaqiu Wang, ricercatore senior di Human Rights Watch.

LO SHIN BET DI ISRAELE

A Gerusalemme, nel maggio 2021, gli abitanti si erano abituati alla polizia che si presentava davanti alle loro case per richiamarli in caso non stessero osservando la quarantena e sapevano che l’agenzia di sicurezza israeliana Shin Bet stava riutilizzando la tecnologia di sorveglianza telefonica che aveva precedentemente usato per monitorare i militanti all’interno dei territori palestinesi.

Ma un anno più tardi, fa sapere AP, “lo Shin Bet ha iniziato a usare la stessa tecnologia per inviare messaggi minatori ai cittadini e ai residenti arabi di Israele che l’agenzia sospettava di partecipare a scontri violenti con la polizia. Alcuni dei destinatari, tuttavia, semplicemente vivevano o lavoravano nella zona, o erano dei passanti”.

“È come se il governo fosse nella tua borsa. Quando ti sposti, il governo è con te con questo telefono”, ha detto un testimone.

In tutta la città a questo strumento di sorveglianza si aggiungono poi le telecamere a circuito chiuso e quelle che le autorità hanno descritto come “tecnologie avanzate”, che sorvegliano chiunque.

LE TECNOLOGIE DI RICONOSCIMENTO FACCIALE DELL’INDIA

In India, invece, monitorare il Covid è stata la scusa perfetta per ampliare i propri arsenali digitali. La tecnologia del riconoscimento facciale e dell’intelligenza artificiale, afferma AP, è esplosa dopo il 2014 quando Narendra Modi è salito al potere ed è diventata uno strumento per la polizia per monitorare gli assembramenti di massa.

A Hyderabad, per esempio, la polizia ha iniziato a fotografare le persone che non indossavano la mascherina o che semplicemente la indossavano male. Un commissario di polizia ha raccontato ad AP che negli ultimi anni “la città ha speso centinaia di milioni di dollari per l’acquisto di veicoli di pattuglia, telecamere a circuito chiuso, applicazioni per il riconoscimento facciale e il geo-tracking e diverse centinaia di telecamere per il riconoscimento facciale, oltre ad altre tecnologie basate su algoritmi o sull’apprendimento automatico”.

L’India, tra l’altro, sta cercando di costruire quella che sarà una delle reti di riconoscimento facciale più grandi al mondo e non ha una legge sulla protezione dei dati. “Oggi la sorveglianza viene proposta come una panacea tecnologica a grandi problemi sociali in India, il che ci ha avvicinato molto alla Cina. Non c’è legge. Non ci sono garanzie. E questo è un impiego generalizzato della sorveglianza di massa”, ha detto Apar Gupta, direttore esecutivo della Internet Freedom Foundation di Nuova Delhi.

L’INTELLIGENCE AUSTRALIANA CON LE MANI NEL SACCO

Ma anche l’Australia ha i suoi scheletri nell’armadio. “Le agenzie di intelligence australiane – afferma AP – sono state sorprese a raccogliere ‘incidentalmente’ dati dall’app nazionale COVIDSafe”, ora disattivata. Nonostante le rassicurazioni da parte dell’Ispettore generale dell’intelligence e della sicurezza, che ha dichiarato che non vi sono prove che i dati siano stati decriptati, consultati o utilizzati, non ci sono certezze nemmeno su che fine faranno i dati raccolti.

Secondo l’inchiesta, intanto, sono stati utilizzati per indagare sui crimini.

GLI INVESTIMENTI USA IN DATA MINING E SORVEGLIANZA

Gli Stati Uniti, per AP, hanno approfittato del momento per “potenziare il proprio kit di strumenti di sorveglianza, tra cui due contratti nel 2020 per un valore di 24,9 milioni di dollari alla società di data mining e sorveglianza Palantir Technologies Inc. per supportare la risposta alla pandemia del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani del Paese”.

Ma per l’agenzia di stampa, i fini contemplati dalle autorità andavano ben oltre. Tra le possibilità ci sono “l’integrazione di ‘dati identificabili del paziente’, come le informazioni sulla salute mentale, l’uso di sostanze e la salute comportamentale provenienti da case famiglia, rifugi, carceri, strutture di disintossicazione e scuole”.

“Quello che ha fatto il Covid è stato accelerare l’uso di questi strumenti e di questi dati da parte dello Stato e normalizzarli, in modo che si adattassero alla narrativa di un beneficio pubblico”, ha detto John Scott-Railton, ricercatore presso il Citizen Lab. “Ora la domanda è: saremo in grado di fare i conti con l’uso di questi dati o questa è la nuova normalità?”.

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