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Cloud Pubblica Amministrazione

Perché tifo per il cloud europeo Gaia-X (e ne sogno uno italiano). L’articolo di Rapetto

Gaia-X, il ckoud europeo, iniziativa innescata dal ministro dell’Economia tedesco, Peter Altmaier. Il commento di Umberto Rapetto

Ho letto con attenzione l’articolo di Jamie D’Alessandro che, da sempre attento osservatore del magmatico orizzonte digitale, stamattina su Repubblica racconta dei propositi europei di affrancarsi dalla schiavitù tecnologica del Vecchio Continente incatenato da Stati Uniti e Cina.

Mi auguro lo abbiano letto anche altre persone, magari quelle che devono preoccuparsi del nostro domani. Abituato al mio patetico ruolo di “vox clamans in deserto”, auguro a D’Alessandro migliori fortune…

E’ la storia di Gaia-X, il cloud europeo ovvero la soluzione comunitaria all’annoso problema della conservazione di grandi moli di dati, grattacapo che finora si è risolto parcheggiando il patrimonio informativo di enti governativi, aziende, professionisti e singoli cittadini nei caveaux virtuali delle imprese americane e cinesi.

L’iniziativa è stata innescata dal Ministro dell’Economia tedesco, Peter Altmaier, che ha pensato di rivendicare l’unico sovranismo praticabile e doveroso: all’immaginario grido di “Riprendiamoci i nostri dati” ha lanciato la corsa alla riconquista della sovranità sulle proprie informazioni.

La mal digerita Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, dal canto suo, ha rammentato l’importanza dell’autonomia che può derivare dalla reale indipendenza dai colossi tecnologici extra europei che attualmente hanno in mano la cloche del nostro destino.

Espressioni controcorrente che rincuorano. Finora tutti hanno riconosciuto la comodità dell’archiviazione presso terzi. Anziché custodirli “in casa”, i dati vengono affidati a realtà specializzate che – a prezzi convenienti (e poi spiegheremo il perché) – offrono ogni garanzia in ordine alla corretta conservazione e alla costante disponibilità delle informazioni a chi è legittimato a doversene servire. Il canone assicura sofisticate macchine ad elevate prestazioni, imponenti misure di sicurezza centralizzate e quindi aggiornatissime per l’intero parco hardware in esercizio, personale qualificato in servizio 24 ore su 24, possibilità di accesso “sempre e da ogni luogo” e così a seguire.

In questo idilliaco scenario appare Garibuia, personaggio della tradizione piemontese (ogni tanto le mie origini riaffiorano come i peperoni la notte dopo una mangiata smodata) e ricondotto alla figura del Bertoldino francese Jean Griboulle.

Niente paura. Parliamo semplicemente dello scemo del villaggio.

Garibuia (i miei nonni parlavano in realtà di Garbuia) era noto per nascondere i soldi nelle tasche degli altri per non farseli rubare. Chi ride del leggendario idiota si domandi, prima di proseguire a sghignazzare, se si avvale di qualche soluzione “cloud”. Poi si chieda se le proprie informazioni hanno un anche minimo valore. Alla fine si interroghi sulla opportunità della scelta di consegnarle ad un terzo che – dall’altra parte del mondo – può liberamente disporne.

E’ quel “liberamente” che mi spaventa. E il mio timore va dall’interrompere l’accesso ai propri server all’inquinare in modo semantico il contenuto degli archivi, fino ad arrivare al rivendere i dati a chi ne possa trarre vantaggio….

Guardiamo il bicchiere mezzo pieno.

L’Italia potrebbe (forse sarebbe più corretto scrivere “dovrebbe”) investire proprio su questo fronte, iniziando a creare “data center” pubblici che ospitino i dati dei Ministeri e delle altre realtà istituzionali centrali e locali, rilanciando la ricerca e risollevando le sorti di terziario e telecomunicazioni, offrendo posti di lavoro “veri” e ben diversi da quelli dei mortificanti “call center”…

Non c’è bisogno di un guru straniero per capire il da farsi. Per riflettere basterebbe scorrere le parole di Francesca Bria.
Francesca è un dipendente pubblico, ma non uno qualunque. E’ la Chief Technology and Digital Innovation Officer della città di Barcellona. Una persona straordinaria che rappresenta l’Italia migliore, quel Paese che sotto le ceneri della quotidianità non spegne il suo fuoco e spera di tornare ad ardere.

La Bria ha recentemente dichiarato che dobbiamo riprenderci il controllo dei dati (che sono la materia prima dell’economia digitale ed alimentano l’intelligenza artificiale) e riconoscere le informazioni come un bene pubblico. Secondo lei se l’Europa non persegue un approccio proattivo per riconquistare la propria sovranità digitale, si finirà con il perdere la competitività industriale e trovarsi nel pietoso ruolo di colonia digitale.

Concedetemi un’ultima considerazione.

Non ci si lasci ingannare dagli investimenti di Amazon o Google in territorio europeo: è vero che gli insediamenti creano posti di lavoro, ma il prezzo che si paga in perdita di indipendenza è troppo elevato. Le stesse opportunità occupazionali possono essere generate da entità nazionali e non straniere, controllabili sotto ogni profilo e che magari pagano le tasse nel nostro Paese.

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