Appena si è insediato nel quartier generale di Twitter, con un passaggio di consegne che definire burrascoso è anche riduttivo, Elon Musk si è vantato pubblicamente di aver attuato licenziamenti a ritmo forsennato, eliminando dall’oggi al domani gli impiegati ritenuti meno produttivi.
Entering Twitter HQ – let that sink in! pic.twitter.com/D68z4K2wq7
— Elon Musk (@elonmusk) October 26, 2022
ACQUISIZIONE DI TWITTER, QUEL CAPITOLO CHE POTREBBE IMBARAZZARE MUSK
Lo ha fatto, in particolare, nella sua biografia a opera di Walter Isaacson, nella quale si legge che il patron di Tesla e SpaceX si sia vantato di aver risparmiato 200 milioni di dollari quando ha chiuso l’acquisizione con un giorno di anticipo così da poter licenziare i dirigenti prima che le loro ultime stock option raggiungessero il loro pieno valore.
QUARANTA LICENZIAMENTI AL GIORNO PER SEI MESI
Il vecchio social dell’Uccellino azzurro, nel suo cambio di pelle, è passato da circa 8mila dipendenti a poco più di 1500 in neppure sei mesi con una media di 40 persone mandate a casa al dì. Elon Musk, nuovo proprietario si è insomma insediato armato non solo di lavandino (entrò infatti nel quartier generale portandosi goliardicamente dietro un sanitario), ma anche e soprattutto di mannaia.
Duplice la sfida di Musk alle prese con Twitter, i cui conti erano notoriamente in rosso: trasformarlo in una piattaforma inedita (pare che sarà al centro della sua ventura Big Tech che dovrebbe seguire le orme della cinese WeChat, includendo anche modalità di pagamento e penetrando nella quotidianità degli utenti iscritti grazie all’alto numero di servizi offerti) e, soprattutto, dimostrare che è in grado di risollevarne le sorti, a qualunque costo.
I QUATTRO MANAGER DI TWITTER CONTRO MUSK
Ma con un simile tasso di licenziamenti era solo questione di tempo prima che fioccassero le cause. In realtà sono già diverse migliaia. Ma una in particolare, da 128 milioni di dollari, è già stata notificata sia a Elon Musk sia a X/Twitter e merita attenzione in quanto la parte attrice è l’ex amministratore delegato Parag Agrawal che ha deciso di unirsi alla battaglia di altri ex-dirigenti della compagnia: l’ex-direttore finanziario Ned Segal, l’ex-direttore legale Vijaya Gadde e l’ex-consigliere generale Sean Edgett.
“Musk non paga i suoi conti, crede che le regole non si applichino a lui e usa la sua ricchezza e il suo potere per calpestare chiunque non sia d’accordo con lui”, si legge nell’atto di citazione. “Poiché Musk ha deciso di non voler pagare l’indennità di licenziamento ai querelanti, li ha semplicemente licenziati senza giusta causa, poi ha inventato una falsa causa e ha nominato dipendenti delle sue varie società per sostenere la sua decisione”.
COSA CHIEDONO AL MAGNATE SUDAFRICANO
I manager falcidiati da Musk lamentano il fatto che non sarebbero state versate loro le buonuscite così calcolate: Agrawal avrebbe diritto a 57,4 milioni di dollari di indennità di licenziamento, Segal a 44,5 milioni di dollari, Gadde a 20 milioni di dollari ed Edgett a 6,8 milioni di dollari, per un totale appunto di circa 128 milioni di dollari.
Nell’atto con cui intendono trascinare Musk in tribunale la vecchia guardia di Twitter si cita proprio la biografia di Musk di Walter Isaacson, in particolare alla corsa compiuta dal magnate sudamericano per impedire che le loro ultime stock option raggiungessero il loro pieno valore. Una corsa che aveva permesso a Twitter di risparmiare 200 milioni di dollari: la causa rischia di costarne 128 più le spese legali.
Un rischio che secondo quanto scrivono i manager Musk avrebbe però già calcolato: “Questa è la strategia di Musk: trattenere i soldi che deve ad altre persone e costringerli a fargli causa”, sostiene la vecchia guardia di Twitter. “Anche in caso di sconfitta, Musk può imporre ritardi, seccature e spese ad altri che non possono permetterselo”.