Un detto popolare recita: “Dire a nuora perché suocera intenda”. Sembra proprio questa la strategia del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessio Butti (Fratelli d’Italia) alla vigilia del nuovo incontro tra l’Agenzia per l’Italia Digitale e i gestori cui è stato affidato il mantenimento dello Spid (l’identità digitale voluta da governo Renzi), per provare a risolvere quel tira e molla tutto economico che Start Magazine ha più volte raccontato ormai fulcro della sussistenza del servizio stesso. In ballo c’è il rinnovo della convenzione. E l’attuale esecutivo lascia intendere che sarà l’ultimo.
SPID E CIE, COSA DICE IL SOTTOSEGRETARIO BUTTI
Intervistato dal Corriere della Sera, Butti suggerisce senza troppi giri di parole ai cittadini che non avessero ancora una identità digitale di attivare Cie e a coloro che avessero aperto Spid di passare al sistema gemello.
E lo fa partendo anzitutto da un fatto che ha avuto una particolare eco mediatica negli ultimi giorni, ovvero la decisione di alcuni gestori (Aruba e Infocert) di iniziare a esigere un canone annuo per chi ha attivato con loro Spid: “La Cie – sottolinea Butti – è gratuita”. Ma non è finita qui, perché rispetto a Spid, il sottosegretario ribadisce che l’identità digitale collegata alla propria Carta d’Identità “è più sicura e gestita direttamente dallo Stato. Le truffe con il “doppio Spid” di cui abbiamo letto più volte – evidenzia Butti – non possono accadere con la Cie, che è rilasciata una sola volta”.
BUTTI CONGEDA GLI IDENTITY PROVIDER?
Inoltre, chiosa il sottosegretario che ha in mano questo complicato dossier “la Cie integra il mondo fisico e digitale con un’identità ufficiale utilizzabile sia per servizi online che offline”. Il messaggio è esaustivo e, come si anticipava, benché diretto ai cittadini è ovviamente destinato a rimbalzare in direzione dei gestori che forniscono materialmente il servizio Spid e che, per questo, chiedono da anni a ogni esecutivo se non i guadagni promessi almeno dei ristori che li compensino per le spese sostenute.
Il governo Meloni sembra infatti intenzionato a far calare il sipario sul primo esperimento in tal senso. Suonano del resto come un congedo le parole che Butti rivolge ai partner che ne hanno permesso il funzionamento: “Detto ciò ringraziamo i privati per aver supportato l’identità digitale quando non era una priorità per i governi precedenti”.
QUEL GINEPRAIO DI SPID E CIE
Questo non vuol dire che l’esecutivo Meloni sia realmente in procinto di chiudere la partita dei sistemi gemelli. Anzi, sono proprio le cifre che Butti snocciola autocompiacendosi che la renderanno ancora più difficile, come Start Magazine aveva anticipato diverse settimane fa: “Al 30 aprile – rivela il sottosegretario – sono state rilasciate quasi 90 milioni di identità digitali, 50 milioni di Cie e 40 di Spid, consentendo all’Italia di centrare l’obiettivo Pnrr sull’identità digitale con due anni d’anticipo”.
Il tema infatti è che al momento continuano a esserci troppi Spid in giro e l’esecutivo non può farli sparire dall’oggi al domani o mancherebbe gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ipotecando l’arrivo dei prestiti comunitari.
E non si può nemmeno ipotizzare un trasferimento meccanico da Spid a Cie perché la Cie deve essere rilasciata da un pubblico ufficiale che identifichi il richiedente, secondo l’iter classico dell’autorizzazione per ottenere il rinnovo della Carta d’Identità, mentre nei database di Spid – come ha ammesso lo stesso Butti – rischia di esserci finito un po’ di tutto per via delle truffe del “doppio Spid”. Quelle identità truffaldine insomma non possono e non devono finire nei database di Cie.
Non è perciò dato sapere quale sia l’exit strategy che il governo e l’Agid hanno in mente, ma è chiaro che dovrà essere attuata durante l’ultimo rinnovo della convenzione per non trascinare la questione avanti ancora a lungo.
LA PARTITA PER IL RINNOVO DELLA CONVENZIONE SARA’ BREVE?
Intanto almeno sotto il profilo economico qualcosa sembra essersi mosso realmente: il sottosegretario Alessio Butti assicura che i 40 milioni di euro che gli identity provider attendono da almeno due anni (nel mentre, come si anticipava, alcuni gestori hanno iniziato a far pagare gli iscritti) sono stati sbloccati: i rappresentanti dell’esecutivo si siederanno al tavolo dove li attendono i partner privati portando loro anzitutto questa buona notizia.
Poi però avrà inizio l’iter vero e proprio per la discussione dei termini dell’ennesimo rinnovo. Iter che il sottosegretario sembra convinto che l’Agid sarà in grado di chiudere in poco tempo, nonostante tutte le difficoltà appena descritte: forse facendo leva proprio sull’estrema insoddisfazione delle parti private che non vedono l’ora di tirarsi fuori da una vicenda che si è rivelata onerosa e priva di reali guadagni.
IL GOVERNO CHIUDE UN OCCHIO SULLE SPID DIVENTATE A PAGAMENTO…
Anche perché appare ormai chiaro che sia possibile, per gli identity provider, esigere il pagamento del servizio dai cittadini, nonostante la novità faccia storcere il naso a più di un giurista (si tratta infatti di un balzello per poter accedere ai servizi essenziali della Pa) e abbia spinto sulle barricate le associazioni dei consumatori. Il governo, invece, non farà nulla per ostacolare tali pratiche. Del resto, come ha detto Butti, ormai l’alternativa di Stato esiste, è “gratuita e più sicura”. Si chiama Cie.