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Perché GameStop dopo il rally annaspa (ma prova il rilancio)

Che cosa succede a GameStop?

 

In principio fu GameStop a far chiudere altre catene di negozi del settore e tanti, tantissimi, privati che non riuscirono a sostenere la concorrenza. Il colosso retail dei videogame, infatti, è riuscito a imporsi soprattutto per la valutazione offerta sull’usato: i videogiocatori tendono, se ne hanno la possibilità, a rivendere i titoli che hanno terminato o che non sono piaciuti, ma i rivenditori “pre-GameStop” erano solitamente restii ad accettarli, non avendo disponibilità di magazzino infinite e la sicurezza di riuscire a rivenderli. La regola ferrea a cui invece ogni singolo punto vendita GameStop doveva ottenere era “ritirare sempre l’usato”, anche a costo di impilare le custodie in mezzo al negozio: di lì a poco comunque sarebbero stati ritirati dalla sede centrale e distribuiti su tutti gli altri negozi presenti sul territorio nazionale.

CHI HA AZZOPPATO IL GOLIA DEL RETAIL VIDEOLUDICO?

Poi, però, sono arrivati gli store online, anche su console, non solo su PC. E chi gioca su PlayStation, X-Box e, in misura minore, Nintendo, scoprì le offerte di cui cui i piciisti godono già da anni grazie a Steam, il principale store online di videogame digitalizzati, ovvero scaricabili dopo l’acquisto, senza supporti fisici. Dovete sapere che su store online non ci sono regole ferree per le stagioni dei saldi: ogni scusa è buona per gli sconti. Ad Halloween ci sono le offerte sui giochi horror, a Natale sui migliori titoli dell’anno passato, in primavera gli sconti di primavera e così via. Talvolta capita di trovare scontato del 25 o del 30% un titolo uscito poche settimane prima.

Tutto questo succede però solo nei negozi online di Microsoft, Sony (PlayStation), Nintendo (Switch), Valve ed EpicGames (leggi anche: Epic Games – che sfida Apple e Google – si trastullerà con Mediatonic di Fall Guys). Non sarebbe pensabile che una catena retail riesca a proporre i medesimi prezzi, dato che ha molte più spese (utenze, affitti, dipendenti, magazzinieri, trasporto, logistica). Succede così che il medesimo titolo, esempio, Tomb Raider, si trovi a 60 euro in negozio, 12 su store digitale.

Alla luce di tutto questo si spiegano non solo la recente decisione della catena di non vendere la PlayStation 5 Digital Edition, dato che non legge giochi fisici ma solo titoli scaricabili dallo Store digitale Sony (aveva già boicottato PSP Go e Xbox One S All Digital per il medesimo motivo), ma anche i dati dell’ultimo anno (e dell’ultima trimestrale) presentati da GameStop. Le vendite sono calate del 21% con una perdita di 215,3 milioni di dollari. Ciò che sorprende, è che, nonostante la pandemia, le cose siano comunque andate meno peggio rispetto al 2019, quando GS aveva registrato perdite per 471 milioni di dollari. In merito ai dati dell’ultimo trimestre (concluso sempre il 30 gennaio), si parla di vendite nette calate del 3%, ma con un reddito netto di 80,5 milioni di dollari, il quadruplo rispetto ai dati dello stesso periodo di tempo relativi all’anno scorso.

Si è parlato molto della catena di videogiochi in quanto era stata recentemente salvata da utenti di Reddit che si sono improvvisati trader. Il passaparola motivato dall’esigenza di salvare il titolo dai fondi speculativi ha consentito alle cedole di arrivare all’incredibile valore di 483 dollari ad azione, salvo poi perdere il 90% di quanto guadagnato virtualmente. Alla chiusura di ieri, in cui GameStop ha ceduto il 18% ed è piombata a 149 dollari, aveva comunque una capitalizzazione di quasi 13 miliardi di dollari, dieci volte superiore alla capitalizzazione di 1,3 miliardi di dollari che aveva alla fine dell’anno. Un anno fa, la capitalizzazione era di 245 milioni di dollari. Uno shock che anziché salvarla la costringe ormai a trovare partner per un aumento di capitale.

Dal canto suo, GameStop prova ad allettare gli azionisti proponendo un cambio di passo. L’amministratore delegato della società, George Sherman, ha infatti spiegato che, oltre a puntare sull’e-commerce, i punti fisici inizieranno a vendere TV, monitor e PC da gioco, tavoli da gamer. La strategia, è evidente, è quella di renderla meno dipendente dal mercato dei videogiochi, che si è spostato ormai su altri lidi. Tuttavia, trasformare GameStop in un “Trony” potrebbe non essere la soluzione giusta (considerata la fine di Trony): finora infatti GS ha puntato su punti vendita molto piccoli (i videogame non occupano troppo spazio), mentre una esposizione di televisori richiede ben altre metrature. In più, GameStop continuerà comunque a vendere videogiochi, console e merchandising assortito (magliette, pupazzi, tazze): come intende stipare tutto questo nei suoi negozi fisici? O il prossimo passo sarà puntare esclusivamente sulle vendite online?

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