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Perché Facebook spegnerà le news?

La sezione News di Facebook era stata lanciata nel 2019, ed è stata già disattivata lo scorso anno in Francia, Germania e Regno Unito. Ora tocca a Usa e Australia: il governo di Canberra era stato capofila contro Facebook News nel chiedere a Menlo Park equi compensi agli editori. Fatti e approfondimenti

Ufficialmente, Facebook chiuderà la sezione News in Australia e negli Stati Uniti perché meno del 3% della propria platea legge quei post della scheda dedicata nella sezione dei segnalibri. “Non stipuleremo nuovi accordi commerciali per i contenuti di notizie tradizionali in questi Paesi e non offriremo nuovi prodotti Facebook specifici per gli editori di notizie”, ha fatto sapere la società in una nota.

DAVVERO FACEBOOK NEWS È UN FLOP?

Dopo il Metaverso, Mark Zuckerberg sembrerebbe insomma aver preso una nuova cantonata, considerato quanto aveva puntato per avere le news su Facebook nel 2019. La decisione – comunicano da Menlo Park – “fa parte di uno sforzo continuo per allineare meglio i nostri investimenti ai prodotti e ai servizi che le persone apprezzano di più. Sappiamo che le persone non vengono su Facebook per notizie e contenuti politici: vengono per connettersi con le persone e scoprire nuove opportunità, passioni e interessi. Come abbiamo già spiegato nel 2023, le notizie rappresentano meno del 3% di ciò che le persone di tutto il mondo vedono nel loro feed”.

Tuttavia, molti osservatori in merito restano critici, perché sebbene la società statunitense sostenga che solo il 3% degli utenti naviga quei post è altrettanto vero che i contenuti più ricondivisi riguardano casi di cronaca, politica ed economia.

IL “PRECEDENTE PERICOLOSO” (PER META) AUSTRALIANO

Altrettanto sospetta la decisione di interrompere il flusso di notizie proprio in Australia,  dato che il governo di Canberra fu il capofila nel firmare una legge nel 2021 per costringere i proprietari dei social a stringere accordi con gli editori, stante dell’incredibile diffusione sulle loro piattaforme di contenuti giornalistici.

Il corpus normativo è passato alla storia come News media bargaining code e aveva spinto Meta a interrompere ogni servizio in tal senso nel Paese dei canguri ancora prima della promulgazione della legge: “La proposta di legge fraintende la base della relazione tra la nostra piattaforma e gli editori che la utilizzano”.

“Il governo australiano ci ha messi di fronte a una scelta difficile: provare a obbedire a una legge che ignora la realtà del nostro rapporto con gli editori, oppure non permettere più di condividere notizie tramite il nostro servizio”, scrisse in quell’occasione William Easton, managing director per l’Australia e la Nuova Zelanda. “A malincuore, scegliamo la seconda”, disse, parlando di “precedente pericoloso”. E Meta bloccò la possibilità per gli utenti di condividere su Facebook qualunque news.

Su una cosa Meta aveva ragione: per Menlo Park quello era davvero un precedente pericoloso a livello globale. E infatti la questione di tributare un dovuto compenso agli editori tiene ormai banco in tutti i Paesi, compreso il nostro, che in merito ha però visto l’entrata a gamba tesa del Tar del Lazio che, con un rinvio alla Corte di Giustizia Ue, ha congelato ogni potere in materia dell’Agcom a seguito di un ricorso di – sarà un caso – Meta.

QUANDO META DICEVA CHE LE NEWS FACEVANO MILIARDI DI CLIC…

Ora invece Facebook chiude la sezione News perché non interesserebbe più nessuno. Eppure proprio Easton nel febbraio del 2021 per motivare che Facebook non rubasse contenuti ma anzi tirasse la volata agli editori scrisse, con riferimento al solo mercato australiano: “Facebook ha rimandato gli utenti a notizie di siti d’informazione australiani 5,1 miliardi di volte, per un giro d’affari di 407 milioni di dollari australiani (316 miliardi di dollari statunitensi o 262 milioni di euro, ndr)”. Dove sta allora la verità?

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