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Pace fatta tra inserzionisti e Facebook, Twitter e YouTube?

Gli inserzionisti hanno raggiunto un accordo con i social media sui passaggi per frenare i contenuti dannosi che comprende la definizione di standard comuni. L'accordo soddisfa le aziende che stavano boicottando i social media, meno gli attivisti...

 

Facebook, YouTube e Twitter hanno concordato con i grandi inserzionisti i primi passi per frenare i contenuti dannosi online.

Negoziato tramite la World Federation of Advertisers, l’accordo stabilisce per la prima volta definizioni comuni di contenuti come l’incitamento all’odio e l’aggressività.

L’accordo arriva tre mesi dopo il boicottaggio pubblicitario “Stop Hate for Profit” (che ha raggiunto oltre 1000 inserzionisti) messo in atto contro Facebook e Instagram.

E giunge meno di sei settimane prima delle elezioni presidenziali statunitensi.

L’ACCORDO RAGGIUNTO

In base all’accordo, annunciato mercoledì dalla World Federation of Advertisers, si stabiliranno definizioni comuni di contenuti dannosi come l’incitamento all’odio e il bullismo. Non solo, le piattaforme social adotteranno standard di segnalazione omogenei tra loro.

Infine, le piattaforme hanno accettato di far esaminare alcune pratiche da revisori esterni e di dare agli inserzionisti un maggiore controllo sui contenuti visualizzati accanto ai loro annunci. L’audit esterno sarà lanciato nella seconda metà del 2021.

DOPO IL BOICOTTAGGIO

Come ricorda il Financial Times, dopo molti anni passati a sollevare preoccupazioni con Facebook, Google e Twitter, nel 2019 gli inserzionisti hanno lanciato la Global Alliance for Responsible Media per negoziare con le piattaforme.

I colloqui si sono intensificati quest’estate dopo che più di 1.000 marchi hanno aderito alla campagna “Stop Hate for Profit”. Hanno ritirato dunque gli annunci pubblicitari dalle piattaforme social, principalmente Facebook e Instagram.

Pur rappresentando solo un modesto colpo finanziario (come aveva evidenziato a luglio Axios) il boicottaggio ha inflitto un duro colpo alla reputazione delle big tech coinvolte e accendendo i riflettori dei regolatori sulle loro pratiche.

COSA LAMENTAVANO GLI INSERZIONISTI

Gli inserzionisti si sono lamentati per anni del fatto che le grandi società di social media fanno troppo poco per impedire la visualizzazione di annunci insieme a contenuti che incitano all’odio, fake news e altri contenuti dannosi.

CHE ORA TORNERANNO A SPENDERE SULLE PIATTAFORME

Dopo l’annuncio dell’accordo, inserzionisti come Unilever e Mars hanno dichiarato che gli impegni presi hanno dato loro la fiducia necessaria per tornare a spendere sulle piattaforme.

“Questa è una pietra miliare significativa nel viaggio per ricostruire la fiducia online”, ha affermato Luis Di Como, vicepresidente esecutivo dei media globali di Unilever, uno dei più grandi inserzionisti del mondo. “Anche se il cambiamento non avviene dall’oggi al domani, oggi segna un passo importante nella giusta direzione.”

CHI RESTA SCETTICO

Un accordo win-win dunque? Non proprio. Se piattaforme e inserzionisti tornano ai loro affari, gli attivisti per i diritti civili che desiderano una maggiore regolamentazione delle società di social media restano scettici nei confronti di queste misure volontarie annunciate mercoledì.

Come ha sottolineato Reuters, la campagna “Stop Hate for Profit” è sostenuta dall’Anti-Defamation League e NAACP, due dei più antichi e grandi gruppi di campagne contro il razzismo negli Stati Uniti.

La campagna non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento.

CON FACEBOOK NON CI SIAMO

Ma la battaglia pare non si concluda qui. In un’intervista con Axios, Jonathan Greenblatt, ceo della Anti-Defamation League, ha affermato che il gruppo intende concentrare i suoi sforzi di boicottaggio su Facebook, a causa delle sue dimensioni e perché la società di Menlo Park è meno proattiva rispetto a concorrenti come Twitter e YouTube per quanto riguarda il controllo della disinformazione e dell’incitamento all’odio.

Per Greenblatt dunque Facebook continuerà ad essere il volto della più grande campagna del settore contro la disinformazione fino alle elezioni.

LA REPLICA DEL COLOSSO TECNOLOGICO DI MARK ZUCKERBERG

“Siamo l’unica azienda che vieta a individui e organizzazioni i nostri servizi in base a ciò che fanno offline — o su altre piattaforme — quando si tratta di odio e violenza e siamo l’unica azienda con una rete globale di oltre 70 fact-checkers”, ha replicato Facebook ad Axios.

“Non crederci sulla parola: un recente rapporto della Commissione europea ha rilevato che Facebook ha valutato il 95,7% dei rapporti sull’incitamento all’odio in meno di 24 ore, più velocemente di YouTube e Twitter. È sì giusto che Facebook sia messo sotto pressione per fare di più. Nessuno vuole l’odio sulle nostre piattaforme e siamo consapevoli che si può fare di più. Ma quel lavoro dovrebbe essere basato sui fatti, non su falsi slogan”.

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