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Openai Sam Altman

Chi punta (e chi non punta più) su OpenAI

Ecco le ultime novità in OpenAi tra finanza e tech. Fatti, nomi, numeri e approfondimenti

Sono sempre più numerose le persone pronte a scommettere su Sam Altman, il geniaccio dietro l’intuizione di ChatGpt, l’algoritmo che è riuscito a cambiare il mondo in pochi mesi, ponendo ai governanti nuove sfide da arginare a colpi di interventi come l’Ai Act comunitario.

OPENAI INCAMERA OLTRE 10 MILIARDI CASH IN POCHE ORE

Prima l’annuncio del nuovo aumento di capitale da 6,6 miliardi di dollari, poi – a stretto giro – quello dell’accensione di una linea di credito bancario da altri 4 miliardi di dollari. In nemmeno due giorni la software house americana più chiacchierata al mondo ha potuto mettere le mani su oltre 10 miliardi.

Attenzione: non parliamo di fatturato, ma di soldi dati in prestito nella speranza che l’Intelligenza artificiale sia la gallina dalle uova d’oro che promette di essere. Mentre cresce la fiducia in Sam Altman tra gli investitori, sembra parimenti aumentare la sfiducia in chi lo conosce bene: un altro  – l’ennesimo – storico membro del team infatti nelle stesse ore dei finanziamenti lasciava l’ex startup.

CHI ABBANDONA SAM ALTMAN

L’ultimo a sbattere la porta è Durk Kingma, uno tra i primissimi a entrare in OpenAI. Kingma ha annunciato il suo ingresso in Anthropic, la startup rivale a quella di Sam Alman dei fratelli italo-americani Amodei. I suoi founder, Dario e Daniela Amodei, in OpenAi hanno passato buona parte della loro carriera prima di decidere di mettersi in proprio con Anthropic.

 

Il turn over è massiccio nelle startup, certo, ma non in quelle che macinano miliardi e non devono nemmeno più fare pitch per ottenere sostanziosi assegni dagli investitori. A seguito dell’ultimo round da oltre 6 miliardi, la realtà di Sam Altman è stata valutata 157 miliardi di dollari. Le prospettive per un futuro radioso ci sono tutte, eppure OpenAI continua inesorabile a perdere pezzi.

KINGMA NON CONDIVIDE I VALORI DI SAM ALTMAN?

Anche Durk Kingma ha lasciato intendere che l’addio è avvenuto in modo polemico. “L’approccio di Anthropic allo sviluppo dell’IA risuona significativamente con le mie convinzioni”, si legge nel post scritto, al pari di chi lo aveva preceduto andandosene, su X.

“Non vedo l’ora di lavorare con il loro talentuoso team, tra cui un certo numero di grandi ex colleghi di OpenAI e Google, e affrontare le sfide future!”, fa sapere Kingma. Prima di lui un altro importante membro dell’ex startup di Sam Altman, John Schulman, lo scorso agosto aveva fatto gli scatoloni proprio per confluire in Anthropic.

LA TRASFORMAZIONE IN ATTO

La software house di ChatGpt del resto sta vivendo un periodo di grande trasformazione e sta ultimando le procedure per passare da no – profit a profit company. Un cambiamento che non era piaciuto a tutti, in OpenAI, e che pare fare il paio con le altre accuse piovute in capo a Sam Altman da parte di chi ha già lasciato l’azienda.

Lo smottamento di fatto ha avuto inizio con le dimissioni di Jan Leike e Ilya Sutskever, ex direttore scientifico di OpenAI. “Ero a capo del super allineamento di OpenAI e abbandonare questo lavoro è una delle cose più difficili che abbia mai fatto – aveva scritto Jan Leike su X – perché abbiamo bisogno urgentemente di capire come si possono guidare e controllare sistemi di IA più intelligenti di noi”.

LE ACCUSE DI LEIKE

“Sono entrato in OpenAI perché pensavo fosse il posto migliore al mondo dove fare questo tipo di ricerca – aveva spiegato sempre Leike – Tuttavia sono in disaccordo da un po’ di tempo con le priorità stabilite dalla leadership dell’azienda. Credo che gran parte della nostra larghezza di banda dovrebbe essere spesa per prepararci alla sicurezza, al monitoraggio, al super allineamento, e all’impatto sociale delle prossime generazioni di modelli [di Intelligenza artificiale generativa ndR]. Ma negli ultimi mesi il mio team ha dovuto lottare per avere la potenza di calcolo necessaria a questa cruciale ricerca”.

SAM ALTMAN HA VINTO?

Le parole dell’ex dipendente hanno dato corpo all’ipotesi secondo cui all’interno di OpenAI vi fossero due fazioni: quella guidata da Ilya Sutskever che voleva comprendere eventuali rischi legati allo sviluppo di algoritmi sempre più intelligenti, anche a costo di rallentarne la commercializzazione e quella di tutt’altro avviso capeggiata da Sam Altman, che avrebbe avuto dalla sua soprattutto gli investitori.

E se in un primo momento, ovvero lo scorso novembre, il CdA era riuscito a defenestrare l’amministratore delegato, adesso la situazione si è drasticamente ribaltata e gli ultimi addii eccellenti parrebbero dimostrare che il Ceo da quando è tornato in sella alla sua creatura abbia terminato il repulisti dei propri cesaricidi.

IL TURNOVER FRENETICO IN OPENAI

Facendo due conti, degli 11 manager originari del 2015, in OpenAI restano solo l’attuale amministratore delegato, Sam Altman, e il ricercatore Wojciech Zaremba. Di fronte alla recente emorragia di personale apicale è difficile non pensare a ciò che hanno scritto su X coloro che hanno preferito andarsene, rinunciando a un posto d’oro. E si potrebbe persino arrivare a ipotizzare che nel calderone di OpenAI stia effettivamente bollendo qualcosa di pericoloso e minaccioso, visto il fuggi-fuggi generale.

I NUOVI FINANZIATORI DI SAM ALTMAN

Chi trova un amico, trova un tesoro, recita l’adagio. A Sam Altman di amici dentro l’azienda ne restano sempre meno, ma intanto aumentano a dismisura i finanziatori convinti che il vero tesoro lo possa scovare chi trova e scommette su questo giovane (39 anni) informatico del Missouri.

La nuova linea di credito da 4 miliardi di dollari è stata aperta con un pool di istituti che hanno sgomitato pur di assicurare il finanziamento: JPMorgan Chase, Citi, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Santander, Wells Fargo, SMBC, UBS e HSBC. Si tratta di una linea di credito, hanno spiegato da OpenAI, revolving non utilizzata alla chiusura.

Secondo quanto scritto da Cnbc, il prestito è non garantito e il tasso d’interesse applicato sarà pari al tasso Sofr (attualmente sopra il 5%) più 100 punti base, che significa che OpenAI pagherà circa il 6% sui fondi presi in prestito.

Con gli oltre 6 miliardi del round, OpenAI ha insomma in mano un tesoretto da 10 miliardi e seicentomila dollari di liquidità che Sam Altman potrà sfruttare per la Ricerca & Sviluppo avendo davvero le mani libere, dato che chi lo osteggiava ha ormai lasciato l’azienda.

CHI SCOMMETTE SU SAM ALTMAN

E mentre i co-fondatori o i membri originali del team lasciano la software house, crescono le file degli investitori attratti dalle mirabolanti promesse di ciò che potrà fare già nell’immediato futuro un’Intelligenza artificiale nutrita a suon di miliardi (e di dati, tantissimi dati, non dimentichiamolo).

Il round da 6,6 miliardi di dollari è stato guidato da Thrive Capital, già presente in cap table (ha investito nell’azienda finora quasi 18 miliardi di dollari). Il fondo ha destinato 1,1 miliardi di dollari nell’aumento di capitale, con l’opzione esclusiva di aggiungere un ticket da 1 miliardo alla medesima valutazione (fino al 2025).

Sono diversi i big che hanno partecipato all’ultima operazione, molti dei quali già presenti nella sempre più folta schiera degli investitori: Microsoft, Nvidia, SoftBank, Khosla Ventures, Altimeter Capital, Fidelity e MGX.

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