Nvidia, la più grande azienda di microchip al mondo, con una capitalizzazione di mercato di oltre 4000 miliardi di dollari, ha annunciato giovedì un investimento di 5 miliardi in Intel, un tempo il colosso indiscusso dei semiconduttori ma oggi in serie difficoltà.
Considerato il ruolo cruciale di Nvidia nel settore dei processori avanzati per l’intelligenza artificiale, la notizia ha dato a Intel un forte aumento di credibilità e ha permesso una crescita del 23 per cento delle sue azioni in un giorno. Anche quelle di Nvidia sono salite, di quasi il 4 per cento.
COSA FARÀ NVIDIA CON INTEL?
Nvidia e Intel collaboreranno allo sviluppo di microchip per i computer e i centri dati. Intel è una delle poche aziende americane a essere attive sia nella progettazione che nella manifattura di semiconduttori: tuttavia, l’accordo non prevede la fabbricazione di chip per Nvidia, anche se la divisione manifatturiera di Intel (foundry, in gergo, da fonderia) fornirà i processori centrali e i sistemi di confezionamento ai dispositivi che le due società realizzeranno insieme.
L’amministratore delegato di Nvidia, Jensen Huang, ha detto che la sua società sta continuando a esaminare la tecnologia manifatturiera di Intel; tecnologia che però, ad oggi, non è paragonabile a quella di Tsmc, la compagnia taiwanese a cui Nvidia si affida per la produzione dei suoi chip. Sebbene in passato Intel fosse il peso massimo assoluto nel settore dei semiconduttori, non si è dimostrata in grado né di evolvere le proprie capacità produttive (il divario con Tsmc, appunto, è notevole) né di cavalcare l’onda dell’intelligenza artificiale, che invece ha fatto la fortuna di altre società (a partire proprio da Nvidia).
IL PROBLEMA DI INTEL CON LA MANIFATTURA
La sopravvivenza della divisione foundry di Intel è a rischio, e si pensa che per mandarla avanti la società abbia bisogno di un contratto con un grosso cliente, come Apple, Qualcomm o – appunto – Nvidia. Alcuni investitori, però, vorrebbero che Intel si distaccasse completamente da quest’unità – il piano espansivo elaborato dall’ex-amministratore delegato non ha funzionato – in modo da recuperare le perdite economiche, che nel 2024 sono ammontate a 13 miliardi di dollari.
L’attuale amministratore delegato, Lip-Bu Tan, ha spiegato che l’azienda adotterà un “approccio fondamentalmente diverso” alle sue attività manifatturiere, ma non sembra essere intenzionato a venderle.
L’INVESTIMENTO DEL GOVERNO AMERICANO (E NON SOLO)
Proprio per evitare la perdita della capacità manifatturiera, giudicata rilevante per la sicurezza nazionale, a fine agosto il governo degli Stati Uniti aveva investito in Intel per ottenerne una quota del 10 per cento circa. In precedenza il presidente Donald Trump aveva attaccato Tan, chiedendone le dimissioni, per via dei suoi presunti conflitti di interesse in Cina.
Jensen Huang ha detto che l’amministrazione Trump non è stata coinvolta nell’operazione tra Nvidia e Intel, ma che l’ha sostenuta.
Intel ha ricevuto anche un investimento di 2 miliardi di dollari dalla holding giapponese SoftBank di Masayoshi Son, molto vicino a Trump. SoftBank, peraltro, ha accresciuto le sue partecipazioni in Nvidia e in Tsmc per migliorare il suo posizionamento nel settore della componentistica per l’intelligenza artificiale e partecipa, assieme a OpenAi e a Oracle, al progetto Stargate sulle infrastrutture.
È UN PROBLEMA PER TSMC, AMD E BROADCOM?
In teoria, la collaborazione tra Nvidia e Intel potrebbe rivelarsi svantaggiosa per Tsmc, che in futuro potrebbe perdere una fetta dei contratti di manifattura per Nvidia. Lo stesso può dirsi per Amd, che fornisce chip per i data center e che potrebbe risentire della concorrenza di una Intel “potenziata” dal sostegno della società di Jensen Huang.
Per Intel, uno dei vantaggi principali della collaborazione con Nvidia risiede nell’utilizzo di una tecnologia (di Nvidia, chiamata NvLink) per la comunicazione ad alta velocità tra i suoi processori centrali e i microchip di Nvidia. Si tratta di un vantaggio – appunto – significativo perché per le applicazioni di intelligenza artificiale i chip vengono di solito collegati tra loro in modo che possano funzionare come un sistema unico e riuscire a elaborare una grande quantità di dati; più alta è la velocità di collegamento e migliore è il risultato, in sostanza.
Considerata la posizione dominante di Nvidia nei dispositivi per l’intelligenza artificiale, Intel potrebbe ottenere un vantaggio competitivo nei confronti di Broadcom, ad esempio, che fornisce anch’essa tecnologie di connettività tra microchip.
5 MILIARDI SONO ABBASTANZA?
Secondo Bloomberg, l’investimento di Nvidia “è l’ultima ancora di salvezza per Intel, che da anni versa in difficoltà a causa dei problemi legati alla sua attività produttiva e del fatto che i chip utilizzati per l’intelligenza artificiale sono diventati il principale settore di crescita dei semiconduttori”. Secondo Jensen Huang, la partnership potrebbe generare opportunità dal valore di 50 miliardi di dollari all’anno.
Il Wall Street Journal ha scritto invece che un investimento di 5 miliardi non è sufficiente a riportare Intel alla sua vecchia gloria e che la società deve procedere allo scorporo della sua divisione manifatturiera.
D’altra parte, è vero che gli impegni economici di Nvidia e del governo degli Stati Uniti rafforzano l’immagine di Intel e potrebbero aiutarla a costruire una narrazione incentrata sul suo grande ritorno nel mercato dei microchip; narrazione che però andrà affiancata da capacità e risultati concreti. Attualmente la società è impegnata nello sviluppo della sua tecnologia manifatturiera di nuova generazione, la 14A: nelle scorse settimane, tuttavia, aveva avvertito che potrebbe abbandonare gli sforzi nel caso in cui non dovesse riuscire ad assicurarsi un “cliente esterno significativo” che garantisca un ritorno soddisfacente dell’investimento. Quel cliente non sarà Nvidia, pare, ma la loro collaborazione potrebbe comunque rivelarsi utile, in via indiretta, ad attrarne di terzi.
La tecnologia NvLink, poi, rappresenta senz’altro una leva sfruttabile da Intel per recuperare competitività: da ora in poi i suoi chip saranno infatti “agganciati” a quelli – ricercatissimi – di Nvidia a un livello che nessun’altra azienda riesce a garantire.
CHI SONO GLI AZIONISTI DI INTEL
Nell’ordine, i principali azionisti di Intel sono attualmente:
- Il governo degli Stati Uniti, con una quota del 9,9 per cento;
- BlackRock, con l’8,4 per cento;
- Vanguard Group, con l’8,3 per cento;
- State Street Investment Management, con il 4,3 per cento;
- Nvidia, con il 4 per cento;
- Ubs Asset Management, con il 2,3 per cento;
- Geode Capital Management, con il 2,1 per cento;
- SoftBank, con quasi il 2 per cento.