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Non ci sono milioni di smartphone da buttare per colpa di WhatsApp. L’articolo di Rapetto

Chi ha cercato di fare notizia con la storia che WhatsApp non funzionerà più su milioni di telefoni dal prossimo 1° febbraio, ha preso una cantonata. Ecco perché. L'articolo di Umberto Rapetto

State tranquilli. Chi ha cercato di fare notizia con la storia che WhatsApp non funzionerà più su milioni di telefoni dal prossimo 1° febbraio ha preso una cantonata.

L’allarme rapidamente rimbalzato sul web da una parte ha fatto piombare nella disperazione i lettori meno pratici con le tecnologie, dall’altra ha fatto felici i venditori di smartphone pronti ad accogliere potenziali acquirenti di modelli più recenti di quello a disposizione.

Niente paura, la fretta di scrivere – magari senza capire di cosa si parla – induce a fraintendere i normali mutamenti di assetto che le moderne applicazioni impongono agli strumenti su cui vengono installati.

Il sistema di messaggistica WhatsApp evolve e, per assicurare la massima sicurezza a chi se ne serve, è costretto a fare i conti con il sistema operativo su cui si basa il funzionamento del dispositivo nelle mani degli utenti. Spesso proprio quelle istruzioni di base sono all’origine di tanti problemi perché una falla al loro interno condiziona il buon andamento delle “app” ed espone a seri rischi l’utilizzatore.

I sistemi operativi dei cellulari (iOS per gli iPhone e Android per tutti gli altri) sono essi stessi oggetto di manutenzione, integrazione e aggiornamento. Ogni nuova “release” tiene conto dei punti deboli man mano rilevati e garantisce una minore esposizione a potenziali insidie.

WhatsApp – ma il discorso vale per qualunque altra applicazione – quando si accorge che una vecchia versione del sistema operativo può presentare controindicazioni provvede a impostare il proprio programma per impedirne un uso su apparati “a rischio”.

Questo non significa assolutamente che gli smartphone debbano finire nel cestino. È sufficiente provvedere all’aggiornamento del suo sistema operativo con una operazione semplice e davvero alla portata di tutti. Solo alcuni telefoni di vecchia produzione non riescono a portare a compimento il cosiddetto “upgrade” per insufficienza di memoria o di capacità operativa, ma la platea degli “obsoleti senza rimedio” (in cui rientrano apparati con oltre cinque o sei anni di vita) non è poi così affollata.

Viene dato un congruo margine di tempo agli utenti per allineare i propri smartphone alle condizioni di sicurezza. Ogni telefono ha una sua procedura per collegarsi alla casa produttrice e procedere all’aggiornamento, individuando la versione adatta per non rimanere tagliato fuori dall’impiego di WhatsApp o altre utilità di uso comune.

Il tempo di un caffè con gli amici o poco più.

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