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Pnrr

Next Generation Italia, ecco la bozza del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza)

Che cosa prevede su digitalizzazione, innovazione, mobilità sostenibile e banda larga la bozza del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza)

Ammontano a 196 miliardi le risorse che, secondo la bozza del Recovery plan, testo sul quale non c’è ancora il via libera del Cdm – il governo metterà per le sei macro-aree del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.

Alla digitalizzazione e innovazione saranno destinati 48,7 miliardi, all’area “rivoluzione verde e transizione ecologica” andranno 74,3 miliardi, al settore Infrastrutture per una mobilità sostenibile 27,7 miliardi.

Il capitolo “istruzione e ricerca” può contare su 19,2 miliardi, quello sulla Parità di genere su 17,1 miliardi, secondo la bozza.

L’area sanità, infine, conterà su 9 miliardi.

Ecco tutti i dettagli sulla parte che riguarda le infrastrutture e l’innovazione.

L’intervento sulle infrastrutture per la mobilità previsto nel Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) si pone obiettivi “ambiziosi in termini di connettività, sicurezza, decarbonizzazione, digitalizzazione e sostenibilità dei trasporti, nel rispetto del principio del “do not significant harm” che esclude dal finanziamento europei investimenti infrastrutturali che provocano effetti negativi sull’ambiente”.

E’ quanto si legge nella bozza del Pnrr all’esame dell’odierno del Consiglio dei ministri. La missione infrastrutturale punta a completare “entro il 2026, l’anno finale di Next Generation Eu, una prima e significativa tappa di un percorso di più lungo termine verso la realizzazione di un sistema infrastrutturale moderno, digitalizzato e sostenibile dal punto di vista ambientale.

Aggiungendo risorse a progetti già esistenti e accelerandoli, nonché introducendone di nuovi, si punterà a realizzare e completare opere che fanno parte di progetti infrastrutturali europei o che vadano a colmare lacune che hanno sin qui penalizzato lo sviluppo economico del Paese e, in particolare, del Mezzogiorno e delle Isole”, aggiunge il testo.

Sono previsti interventi di “velocizzazione e di incremento della capacita’ dei trasporti ferroviari per passeggeri e merci, lungo gli assi prioritari del paese Nord-Sud ed Est-Ovest, per favorire la connettività del territorio ed il passaggio del traffico da gomma a ferro. In particolare, nel Nord del paese si potenzieranno le tratte ferroviarie Milano-Venezia, Verona-Brennero, Liguria-Alpi e Torino-Lione, migliorando i collegamenti con i porti di Genova e Trieste; nel Centro del paese si rafforzeranno due assi Est-Ovest (Roma-Pescara e Orte-Falconara) riducendo significativamente i tempi di percorrenza ed aumentando le capacita’”, spiega la bozza.

Infine, “si estenderà l’Alta velocità al Sud lungo le direttrici Napoli-Bari e Salerno-Reggio-Calabria, velocizzando anche il collegamento diagonale da Salerno a Taranto e la linea Palermo-Catania-Messina. Inoltre, sono previsti interventi di messa in sicurezza, contrasto e adattamento al cambio climatico e digitalizzazione della rete stradale che includeranno una forte componente di ammodernamento tecnologico, attraverso un sistema di monitoraggio digitale ed avanzato, che consenta di ridurre i rischi di dissesto e sismici, i rischi di incidenti, e di realizzare risparmi sulle future spese di manutenzione”.

E ancora la bozza del Pnrr annuncia “una serie di interventi relativi al settore della logistica ed in particolare del sistema marittimo (…) per migliorare la competitività dei porti italiani” con “la risoluzione dell”ultimo miglio’. A causa delle inefficienze del settore, le nostre imprese pagano, infatti, un extra costo della logistica superiore dell’11 per cento rispetto alla media europea”, precisa la bozza.

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LA BOZZA DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA

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2.1 Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura

La necessità di digitalizzare il Paese è pervasiva, come ben sottolineato dall’atto di indirizzo  formulato dal Parlamento. Nel confronto europeo, l’Italia sconta un notevole ritardo nei  processi di digitalizzazione e modernizzazione ben evidenziato dal Digital Economy and Society Index (DESI; Figura 2.1.1): l’Italia è agli ultimi posti, davanti solo a Romania, Grecia e  Bulgaria.

È per questo fondamentale una missione che si ponga l’obiettivo – necessario quanto  ambizioso – della trasformazione digitale del Paese, grazie alla quale si inneschi un vero e  proprio cambiamento strutturale.

La digitalizzazione riguarda trasversalmente, seppur in modo differenziato, tutte e sei le  missioni.

Riguarda la scuola nei suoi programmi didattici, nelle competenze di docenti e studenti, nelle  sue funzioni amministrative, nei suoi edifici (vedi anche la missione 2 e 4).

Riguarda la sanità nelle sue infrastrutture ospedaliere, nei dispositivi medici, nelle  competenze e nell’aggiornamento del personale, al fine di garantire il miglior livello di sanità  pubblica a tutti i cittadini (vedi anche la missione 5 e 6).

Riguarda il continuo e necessario aggiornamento tecnologico nell’agricoltura, nei processi  industriali e nel settore terziario. In altre parole, la digitalizzazione riguarda il tessuto  produttivo nel suo complesso che può ottenere rilevanti vantaggi economici dalle nuove  tecnologie sia in termini di competitività che di miglior e più efficiente uso delle risorse,  risultando elemento decisivo anche nella tutela del territorio, nel monitoraggio delle  infrastrutture e nella sicurezza delle grandi reti di trasporto (vedi anche missione 2 e 3).

Riguarda, infine, la pubblica amministrazione in modo capillare con importanti riflessi sulle  dotazioni tecnologiche, sul capitale umano e infrastrutturale, sulla sua organizzazione e sulle  modalità di erogazione dei servizi ai cittadini. La realizzazione degli obiettivi di crescita digitale  e di modernizzazione della PA costituisce una chiave di rilancio del sistema paese. In questo  ambito il passaggio al cloud – la “nuvola” che archivia, rende disponibili e potenzialmente  analizza i dati digitali di miliardi di dispositivi in rete – rappresenta oggi la sfida più importante  per la digitalizzazione del Paese, in quanto costituisce il substrato tecnologico che abilita lo  sviluppo e l’utilizzo di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale.

Lo sviluppo di un cloud nazionale avverrà in parallelo e in sinergia con il progetto Europeo  GAIA-X, promosso da Germania e Francia e nel cui ambito l’Italia intende avere un ruolo di  primo piano. GAIA-X punta a creare un forum di standardizzazione europeo per definire le  regole di funzionamento dei servizi in cloud dal controllo dei dati processati e archiviati  sull’infrastruttura, in linea con il principio di «autonomia strategica digitale» alla piena  decentralizzazione dei dati grazie alle ultime tecnologie disponibili (multi-edge, multi-cloud o  edge-to-cloud).

La missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” ruota attorno a due assi  portanti: la digitalizzazione del settore pubblico e l’integrazione delle nuove tecnologie da  parte del settore privato e si concretizza in tre linee d’azione:

⮚ Digitalizzazione, innovazione e sicurezza informatica nella PA

⮚ Innovazione, competitività, digitalizzazione 4.0 e internazionalizzazione

⮚ Cultura e Turismo

Queste tre linee di azione saranno accompagnate da una serie di riforme che daranno una  forte spinta alla semplificazione ed all’efficienza nel rapporto tra cittadini ed amministrazione  pubblica, rimuovendo ostacoli che danneggiano sia la vita del cittadino nella fruizione di  servizi fondamentali sia gli investimenti, soprattutto per quanto riguarda progetti  infrastrutturali. Tali riforme si possono articolare nelle seguenti linee guida:

⮚ Pubblica Amministrazione: rafforzamento del capitale umano della PA, adeguamento  della sua organizzazione e delle modalità di lavoro per dare piena realizzazione alla  trasformazione digitale, semplificazione amministrativa.

⮚ Fisco: piano nazionale per realizzare una “cashless community”, ovvero una comunità  più predisposta e attenta al pagamento digitale.

⮚ Imprese e sistema produttivo: semplificazione e agevolazione del processo di sviluppo  e creazione aziendale e sostegno all’internazionalizzazione; la disciplina sulla crisi  d’impresa e insolvenza.

Per quanto riguarda gli investimenti in cui si concretizzano le tre componenti della  missione Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, questi sono distribuiti su  13 progetti, per un ammontare complessivo di risorse pari a 48,7 miliardi di euro.

La prima componente – Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA – ha come  obiettivo un radicale salto di qualità della PA, attraverso la trasformazione digitale del settore  pubblico e una sua conseguente riforma strutturale. Per questo, gli interventi proposti  coniugano investimenti in nuove dotazioni e servizi a importanti interventi  nell’organizzazione e nella dotazione di capitale umano della PA, secondo una stretta  complementarietà e un’articolata strategia di riforma.

Le azioni per dotare la PA di infrastrutture e servizi moderni e digitali si collocano all’interno  delle seguenti quattro aree che possono essere considerate i “vettori della trasformazione  digitale”:

1. Infrastrutture digitali. Per dotare la PA di infrastrutture affidabili e accompagnare le  amministrazioni centrali verso una nuova logica di conservazione e uso dei dati e di  fornitura dei servizi occorre innanzitutto un sistema cloud efficiente e sicuro. La  razionalizzazione ed il consolidamento delle infrastrutture digitali esistenti in un nuovo  modello di Cloud per la PA consentiranno notevoli risparmi nella spesa di manutenzione  e aggiornamento dei data-center del prossimo triennio. Questo implica investimenti per  lo sviluppo di un’infrastruttura ad alta affidabilità, localizzata sul territorio nazionale per  la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l’elaborazione delle informazioni e  per ospitare i servizi più strategici della PA centrale e rafforzamento in chiave green dei  Data Center di Tipo A, Poli Strategici Nazionali dal censimento dell’Agenzia per l’Italia  Digitale6. Le infrastrutture digitali e i servizi della Pubblica Amministrazione, infatti, sono  oggi caratterizzati da una significativa frammentazione e da un forte ritardo tecnologico  (tolti alcuni poli di eccellenza): vi sono circa 22 mila enti con ben 11 mila data center distribuiti su tutta la Penisola. Di questi, il 95% presenta carenze nei requisiti minimi di  sicurezza, affidabilità, capacità elaborativa ed efficienza7. Mantenere questa struttura  inefficiente vuol dire esporre un’ampia superficie d’attacco ai crimini informatici e  sopportare una spesa di manutenzione stimata in oltre 7,5 miliardi all’anno. I risparmi  derivanti da una razionalizzazione di questa infrastruttura arriverebbero, a regime, al 40- 50% di tale importo.

2. Dati e interoperabilità. Le dotazioni infrastrutturali e il cloud sono tecnologie abilitanti  per lo sviluppo di una sorta di “sistema operativo del Paese”, che consenta di trattare le  grandi quantità di dati e informazioni indispensabili per erogare e gestire servizi a cittadini  ed imprese. L’aumentata capacità di archiviazione, stoccaggio ed estrazione dei dati da  parte della singola amministrazione, tuttavia, non è sufficiente per un uso razionale ed  efficiente di tale patrimonio informativo, in assenza di standard e strumenti che  consentano la piena interoperabilità e condivisione delle informazioni fra le pubbliche  amministrazioni. Pertanto, per dare effettiva e completa attuazione al principio del once  only, occorre rendere interoperabili le basi dati e renderle accessibili attraverso un  catalogo di API che consenta alle Amministrazioni centrali e periferiche, secondo vari livelli  di autorizzazione, di attingere ai dati del cloud, di elaborarli e di fornire servizi a cittadini  e imprese, che potranno così fornire un’informazione “una sola volta”  all’Amministrazione.

Nota: I dati che non presentano particolari criticità possono essere conservati in cloud di mercato, detti pubblici, (quali sono quelli  comunemente offerti tramite servizi in abbonamento (Apple, Google, Fastweb, Tim) ma comunque secondo regole che ne  garantiscano l’integrità. Per i dati che presentano invece profili di riservatezza si impongono maggiori presidi di sicurezza e pertanto  si ricorre a cloud “privati”, ad esclusivo uso della PA, che possono risultare dall’aggregazione di quelli esistenti, quando di alta  qualità, ovvero essere costituiti da un Polo Strategico Nazionale creato appositamente per raccogliere i dati attualmente conservati  in presidi non sicuri.

3. Servizi e piattaforme. Il principio fondamentale su cui si basa questo innovativo “sistema  operativo del Paese” è quello di sfruttare le tecnologie digitali a servizio dei cittadini e  delle imprese; richiede dunque di progettare, sviluppare, e monitorare, attraverso  l’utilizzo dei dati del settore pubblico, politiche e servizi incentrati sulle esigenze degli  utenti che, per fruirne, devono essere “abilitati” all’utilizzo di servizi digitali. Pertanto, è  necessario sviluppare e diffondere piattaforme abilitanti quali: identità digitale, firma  elettronica, strumenti di pagamento digitale, fascicolo sanitario elettronico, etc.,  implementandone l’uso attraverso standard comuni. In parallelo, si intende promuovere  l’alfabetizzazione digitale di base e avanzata di cittadini e imprese attraverso la messa a  sistema e il potenziamento della Rete dei Servizi di Facilitazione digitale nei territori e la  realizzazione di Case dell’innovazione e della cultura digitale. In tali strutture verranno attivati  corsi di formazione, sperimentazione e orientamento, indispensabili per rafforzare le capacità  dei cittadini e delle imprese di utilizzare le tecnologie informatiche e di usufruire dei servizi  pubblici digitali. A tale azione di diffusione delle competenze e contrasto all’esclusione  digitale, sarà d’ausilio il coinvolgimento professionale di circa 4500 giovani aderenti al Servizio  Civile Digitale, che verrà all’uopo avviato.

4. Sicurezza cibernetica. La sicurezza dell’ecosistema digitale del paese, con specifica  attenzione ai beni ICT che supportano le funzioni ed i servizi essenziali dello Stato,  costituisce la premessa necessaria per la crescita della comunità e un elemento  fondamentale per lo sviluppo di tecnologie in campi strategici quali quelli del “cloud  computing”, Cyber security, Scrutinio tecnologico, Artificial Intelligence. Il Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica (PSNC), unitamente all’attuazione della Direttiva NIS e  delle Misure Minime AGID, sono progetti di riforma di ampio respiro, volti a garantire nel  tempo un approccio integrato e univoco della Pubblica Amministrazione italiana alla  minaccia cibernetica e consentiranno di migliorare la capacità di resilienza del sistema  paese. Essi, inoltre, assicureranno la riduzione della superficie d’attacco, attraverso la  razionalizzazione dei centri dati e l’eliminazione di quelli obsoleti. Per la ricerca e lo  sviluppo di soluzioni tecnologiche nazionali di sicurezza cibernetica – da utilizzare  all’interno del PSNC e della NIS – sarà inoltre istituito un centro di sviluppo e ricerca sulla  Cybersecurity, che opererà attraverso la costituzione di Partenariati Pubblici-Privati (con i  campioni nazionali e le università) e il lancio di spin-off/startup. L’iniziativa costituirà un  importante volano di sviluppo per l’economia di settore, garantirà una maggiore  attrattività dell’Italia in termini di competenze, si porrà come centro aggregatore e  moltiplicatore di esperienze altamente specializzate, evitando duplicazioni di sforzi e  ottimizzando piuttosto l’impiego delle risorse. Le ricadute positive saranno elevate in  termini di efficacia, efficienza e competitività del Paese, che potrà in tal modo contribuire  al raggiungimento dell’autonomia strategica nazionale ed Europea. Il centro sarà il  naturale interlocutore Nazionale per il costituendo Centro europeo per lo sviluppo  industriale, tecnologico e della ricerca in materia di sicurezza cibernetica e della relativa  rete di centri nazionali di coordinamento, e contribuirà ad innalzare le capacità progettuali  dei vari attori nazionali, facilitando la loro partecipazione ai programmi europei.

In sinergia con la trasformazione infrastrutturale e digitale della PA si sviluppa un progetto di  innovazione strategica della PA, a sua volta articolabile in tre direttrici di intervento:

1. Una PA competente. Rafforzamento e valorizzazione del capitale umano attraverso  politiche mirate di reclutamento del personale con le competenze necessarie e interventi  di formazione per il personale attualmente impiegato.

2. Una PA semplice, connessa e al servizio dei cittadini. Semplificazione delle procedure  amministrative, digitalizzazione dei processi e velocizzazione delle procedure, con impatti  diretti e misurabili sui servizi a cittadini e imprese ed effetti positivi sulla produttività del  settore privato e l’attrattività del Paese.

3. Una PA capace. Evoluzione verso nuovi modelli organizzativi del lavoro attraverso la  realizzazione di spazi attrezzati per il lavoro in comune (co-working) e il lavoro agile  (smart-working) all’interno dei Poli Territoriali e la promozione di forme di lavoro agile.

Accanto a questi macro progetti ci sono due significative iniziative, la prima di  accompagnamento alla riforma della Giustizia, la seconda di incentivazione dei pagamenti  digitali.

1. Innovazione organizzativa della Giustizia e introduzione della figura dell’assistente  giudiziario: Basata su tre interventi 1) introduzione di nuove posizioni organizzative; 2) piano di assunzioni a tempo determinato per acquisire professionalità tecnico amministrative di supporto alle attività di pianificazione, progettazione, gestione e  controllo dei Progetti di Digitalizzazione, Edilizia Giudiziaria (vedasi Missione 2) e di  Riforma del Processo Civile e Penale; 3) formazione del personale e sua riqualificazione.

2. Diffusione dell’uso di tecnologie e pagamenti digitali nella popolazione. Meccanismi di  incentivo all’utilizzo di mezzi di pagamento elettronici sia per i consumatori sia per gli  esercenti. L’intervento comporterà un cambiamento strutturale teso da un lato a favorire  l’emersione di base imponibile e dall’altro a portare il tasso di pagamenti elettronici in  Italia al livello di quello degli altri Paesi europei nel giro di un triennio.

Il Piano di digitalizzazione della PA intende affrontare i nodi strutturali che finora hanno  rallentato questo processo. Il decreto “Semplificazioni” (decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76,  convertito dalla legge 11 settembre 2020, n.120) ha già introdotto alcune norme volte a  sostenere la digitalizzazione della PA e a favorire processi più rapidi:

– l’ampliamento della diffusione dei servizi pubblici in rete, agevolandone e  semplificandone l’accesso da parte di cittadini e imprese (domicilio digitale,  semplificazione della notificazione e comunicazione telematica degli atti in materia civile,  penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale; art. 28).

– la semplificazione delle procedure, miglioramento dell’efficienza e abbattimento di  numerosi costi per la Pubblica Amministrazione, ad esempio l’introduzione di una  piattaforma digitale unica per le notifiche di atti e provvedimenti della PA a cittadini e  imprese (art. 26) o le misure per la semplificazione e la diffusione della firma elettronica  avanzata e dell’identità digitale per l’accesso ai servizi bancari (art. 27).

– il diritto a innovare per le imprese che beneficeranno di procedure semplificate per  sperimentare progetti innovativi. In questo ambito, in particolare, si prevede misure di  semplificazione per la concessione di autorizzazioni all’avvio di progetti innovativi per  imprese, università, centri di ricerca e start-up universitarie (art. 36).

Ulteriori azioni che verranno messe in capo per determinare un’accelerazione della spesa IT,  che incidono su tutte le principali dimensioni (persone, processi e strumenti) di rafforzamento della capacità amministrativa così come individuate dai recenti studi in materia (cfr. OECD  (2020), Strengthening Governance of EU Funds under Cohesion Policy: Administrative Capacity  Building Roadmaps) possono così sintetizzarsi:

– assistenza tecnica/task force IT – Avviare un processo di rafforzamento delle  amministrazioni, accompagnandole attraverso expertise tecniche settoriali (ingegneri,  informatici…) e/o vere e proprie task force, a partire dalla scelta della soluzione IT. Ma  anche nelle fasi di selezione del fornitore (procedura di aggiudicazione), mantenendo il presidio per garantire l’assenza di conflitti di interesse del personale coinvolto  nell’assistenza tecnica di supporto;

– catalogo IT/iniziative cantierabili – Avviare iniziative rapidamente cantierabili, anche  attraverso la definizione di un catalogo nazionale dei servizi IT, che includa tutta la  strumentazione amministrativa necessaria a darvi pronta attivazione. Puntare, in  generale, a soluzioni che possano garantire il raggiungimento delle finalità abbattendo  per quanto possibile i tempi di progettazione;

– rete Nazionale IT – Avviare la creazione di una “Rete Nazionale IT”, quale esclusivo luogo  istituzionale che veda il diretto e partecipato coinvolgimento, su problematiche operative  e tecniche, di tutti gli stakeholders istituzionali (Amministrazioni centrali, rappresentanza  di Regioni ed Enti Locali) ma anche del partenariato economico. La Rete Nazionale,  attraverso un continuo e strutturato confronto amministrativo e tecnico tra i referenti

designati dalle amministrazioni, costituirà un luogo di incontro stabile per il confronto  attuativo in itinere delle iniziative IT per individuare e superare le criticità realizzative,  garantire la rilevazione e lo scambio delle buone prassi e per concorrere a rappresentare  i fabbisogni di intervento anche di tipo legislativo da porre all’attenzione del Governo per  uno stimolo continuo alla semplificazione in materia IT;

– costi semplificati – Semplificare le fasi di spesa, attivando modalità standard di definizione  del costo delle soluzioni informatiche (costi standard unitari). Accelerando quindi i  processi di rendicontazione in tutti i casi di cofinanziamento delle iniziative con fondi  comunitari (PNRR, Fondi Strutturali…).

La seconda componente – Innovazione, competitività, digitalizzazione 4.0 e  internazionalizzazione – ha come obiettivo quello di favorire l’accelerazione della transizione  digitale delle imprese, soprattutto delle PMI. Come sottolinea anche il Parlamento nelle sue  indicazioni, è fondamentale lo sviluppo di una rete di connessione digitale veloce e ultraveloce  per diffondere innovazione e nuovi servizi. La connessione infatti è una “tecnologia abilitante”  per usufruire di diverse “tecnologie 4.0” – quali i sensori, Internet of Things, e le stampanti  tridimensionali – che richiedono connessioni veloci e con bassi tempi di latenza. Le reti a  banda larga ultra-veloce sono una General Purpose Technology, in grado di innescare  guadagni di produttività e di crescita su larga scala in tutti i settori dell’economia.

Tuttavia l’Italia manifesta ancora un notevole gap di digitalizzazione: secondo l’ultimo indice  DESI sulla connettività si posiziona al 17° posto sulla connettività e sulla Integrazione delle  tecnologie digitali al 22° su 28 Paesi UE. Il tasso di copertura delle famiglie italiane con reti  ultra-veloci è pari al 24%, rispetto a una media UE28 del 60%, mentre l’attivazione di  abbonamenti è pari al 9%, rispetto a una media UE28 del 20%.

Tra le cause di questo ritardo vi sono alcuni fattori di domanda, tra cui una minore incidenza  della popolazione giovanile, competenze digitali della popolazione inferiori alla media Europea, una scarsa disponibilità a pagare per connessioni più veloci e marcate disparità  territoriali nei livelli di sviluppo. Dal lato dell’offerta vi sono stati ritardi nella posa di cavi in  fibra ottica e nella fornitura dell’accesso all’ingrosso alle infrastrutture di nuova generazione,  solo parzialmente superati negli ultimi anni.

 

Il Governo italiano ha approvato nel 2015 la Strategia nazionale per la Banda Ultra-Larga,  capace di mobilitare oltre 12 miliardi di risorse pubbliche e private, al fine di ridurre il gap  infrastrutturale attraverso lo sviluppo integrato di una rete di TLC fissa e mobile, basata sulla  tecnologia “future proof” della fibra. A partire dal 2015, grazie all’approvazione della Strategia  italiana sulla BUL, gli investimenti nella rete fissa hanno subìto una notevole accelerazione,  pari al 23% tra il 2015 e il 2018.

Pertanto, con il PNRR si intende promuovere un “progetto fibra” che eviti il rischio di  duplicazioni nella messa a terra della rete – che è parte delle infrastrutture strategiche  nazionali – garantendo al contempo la piena concorrenza nella fornitura dei servizi anche  attraverso opportune forme di separazione delle attività all’ingrosso di gestione della rete da  quelle dei servizi al dettaglio.

Questa componente si struttura intorno a quattro interventi principali:

1. Transizione 4.0: Prevede incentivi per agevolare la transizione digitale e green. Si tratta di  due interventi principali che sostituiscono la disciplina precedente: a) credito di imposta  2021/2026 per investimenti in beni strumentali (subentra anche a ammortamento e  superammortamento) e b) Aggiornamento dei macchinari per i quali le imprese possono  vantare un beneficio fiscale (Nuova Sabatini).

2. Il potenziamento del regime opzionale di tassazione “Patent Box” per i redditi d’impresa  derivanti dall’utilizzo di software protetti da copyright, di brevetti industriali, di disegni e  modelli, nonché di processi, formule e informazioni giuridicamente tutelabili, relativi ad  esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico.

3. Agricoltura digitale, basata su tecnologie cloud e (near) real time, con sistemi blockchain  e servizi decentralizzati input/output, che consentiranno i “colloqui” tra amministrazioni  e tra queste e le aziende agricole di tutto il territorio nazionale. L’iniziativa consentirà di  rafforzare la capacità di analisi, valorizzando il patrimonio informativo, con lo sviluppo e  l’adozione di modelli per la valutazione delle politiche agricole.

4. Editoria 5.0: Si prevede un piano per l’editoria che abbia come obiettivo la  modernizzazione del settore e incentivi specifici per la transizione digitale delle imprese  del settore. Nuove professionalità rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale  delle imprese.

5. Banda larga, 5G e monitoraggio satellitare: Si prevedono interventi per la riduzione del  digital divide, favorendo il raggiungimento degli obiettivi europei della Gigabit society. Tra gli interventi principali vi sono il completamento del progetto Banda ultra larga (in  particolare nelle aree grigie) e la copertura in fibra ottica in realtà pubbliche ritenute  prioritarie (scuole, ospedali, parchi naturali, musei e siti archeologici, vie di comunicazione  extra urbane). Previsti inoltre interventi per la promozione dei servizi 5G e Safety del 5G.  Inoltre, il Piano straordinario per la space economy prevede il lancio di una costellazione  satellitare per il monitoraggio della Terra (ottico e via radar) ad elevata risoluzione con la  relativa realizzazione dell’infrastruttura di terra per il controllo della costellazione e la  costituzione di un istituto per il monitoraggio ambientale e di difesa del territorio, tramite sistemi di IA e high speed computing. Inoltre, in maniera complementare con quanto  innanzi descritto, si prevedono interventi in materia di tracciamento (mirror Galileo) e di  telecomunicazioni satellitari a bassa latenza per servizi istituzionali e governativi  (GovSatCom), attuati anche in partenariato pubblico-privato.

6. Innovazione e tecnologia (microprocessori)

7. L’Internazionalizzazione delle imprese, mediante:

i. Il rifinanziamento e rimodulazione del Fondo 394/81 gestito da SIMEST – sostegno  all’internazionalizzazione delle imprese

ii. L’internazionalizzazione e la digitalizzazione degli Enti Fiera

iii. Il rafforzamento del Patto per l’export

Nella terza componente “Cultura e Turismo” si concentrano gli interventi in due dei settori  maggiormente colpiti dalla pandemia che necessitano un sostegno specifico per  accompagnarne la ripresa e rafforzarne la resilienza per il futuro. La crisi conseguente alla  diffusione dell’epidemia Covid 19 ha colpito duramente entrambi i settori in ragione sia della  chiusura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura sia, più in generale, a  causa del blocco dei movimenti turistici. Secondo le stime della World Tourism Organization

delle Nazioni Unite, gli arrivi turistici internazionali in Europa si sono ridotti del 58% fra  gennaio e marzo del 2020. In Italia, secondo stime dell’Istat, la prima ondata del Covid-19 ha  causato la perdita di circa un quinto delle presenze turistiche previste per l’intero 2020 nel  trimestre marzo-maggio; in prospettiva, il rinnovato impeto del contagio rischia di arrecare  ulteriori danni alle presenze turistiche e, di conseguenza, al fatturato delle imprese turistiche  nella stagione invernale.

Analogamente, durante la fase di lockdown primaverile, i musei e il patrimonio artistico hanno  registrato una perdita stimata in circa 80 milioni di euro, il cinema ha registrato una perdita  al box office nell’ordine dei 120 milioni di euro e la musica – in particolare la componente  legata all’attività live – ha subito una contrazione di ricavi stimata in circa 350 milioni di euro.

Con questa componente si conferma prioritario per l’Italia assicurare nel breve termine la  tenuta dell’indice di domanda culturale per incrementarlo nel medio termine (prima dello  scoppio della pandemia la spesa delle sole famiglie italiane per ricreazione e cultura si  attestava al 6,7%, contro una media europea dell’8,7%), rilanciando al contempo la fruizione  – anche digitale – dei luoghi del turismo e della cultura.

L’Italia è prima in Europa per numero di imprese culturali (il 15% del totale EU-27 nel 2017,  secondo Eurostat), ma è terza per fatturato e valore aggiunto, dietro a Germania e Francia.  Molte istituzioni culturali non sono dotate di infrastrutture digitali o hanno carenza di  competenze: solo il 16% dei musei italiani ha personale dedicato all’ICT e alle attività digitali;  dei 460 musei statali, il 43,7% ha un proprio sito web mentre quelli che hanno almeno un  social media sono il 66% e ci sono ancora grandi disomogeneità a livello territoriale. Tale  arretratezza contribuisce all’insufficiente valorizzazione e alla bassa fruibilità del nostro  immenso patrimonio culturale.

Uno degli interventi strategici di questa componente concorrerà all’uso strategico del digitale  da parte delle istituzioni culturali. Con il programma Cultural Heritage for Next Generation si  vuole avviare una profonda digitalizzazione del patrimonio culturale (con l’uso di tecnologie  digitali avanzate si procederà al completamento di archivi e cataloghi informatizzati), per  promuovere un accesso diffuso e inclusivo ad una vasta platea di soggetti: cittadini, studenti,  ricercatori, industrie culturali e creative, etc..

Gli investimenti per la rigenerazione del patrimonio culturale producono una vasta gamma di  benefici economici, sociali e ambientali: rafforzano il valore culturale del sito, aumentano  l’attrattiva dei luoghi e contribuiscono alla loro prosperità economica e sociale.  L’investimento nel patrimonio culturale garantisce una buona redditività ed è un generatore  significativo di entrate fiscali derivanti direttamente dalle attività economiche di settori  connessi al patrimonio culturale e, indirettamente, grazie ai nuovi progetti stimolati dagli  interventi di riqualificazione.

Un recente rapporto ESPON stima l’impatto del patrimonio culturale sull’economia in 11 paesi  europei: 2.1 % dell’impiego totale e 1.6 % del Valore Aggiunto totale (eccettuate le attività  finanziarie e assicurative) oltre a 549.003 posti di lavoro. La Corte dei Conti europea ha  sottolineato che gli investimenti dell’UE nei siti di interesse culturale meritano maggiore  attenzione e coordinamento e che il prevalere degli obiettivi economici impedisce di prestare  sufficiente attenzione alla sostenibilità dei siti culturali. Gli stessi investimenti sono un  fondamentale tassello nel processo di transizione del Paese verso gli obiettivi del Green Deal europeo perché possono assicurare un concreto contributo a favore dell’azione per il clima e  nella realizzazione di modelli rigenerativi di città, territori e paesaggi secondo i principi  dell’economia circolare, riducendo gli sprechi e attribuendo nuovi valori alle risorse,  sostenendo, in tal modo, una transizione equa e inclusiva verso una società e un’economia  più sane, più verdi ed eque.

Questa componente persegue l’obiettivo di potenziare la formazione turistica professionale di qualità, anche attraverso la creazione di una struttura nazionale per la formazione del  personale addetto alle attività turistiche, nonché attraverso la revisione dei programmi di  formazione e la definizione di profili professionali omogenei e condivisi sull’intero territorio  nazionale.

Persegue inoltre l’obiettivo di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale nazionale,  massimizzandone i benefici economici, sociali e culturali per le comunità locali e  garantendone la sostenibilità anche dal punto di vista ambientale. Si contemplano interventi  strategici sui grandi attrattori turistico – culturali, per favorire l’incremento della domanda  culturale per diversi attrattori di rilevanza strategica nazionale (tra cui: Biennale di Venezia,  Biblioteca europea di informazione culturale di Milano, il Porto Vecchio di Trieste, il sistema  dei forti genovesi, i parchi borbonici in Campania, il parco costiero pugliese della cultura,  turismo e ambiente, l’Auditorium che sorgerà presso l’ex manifattura dei Tabacchi di  Palermo), attraverso la realizzazione di interventi per la tutela, la conservazione, il  potenziamento e la qualificazione dei servizi connessi alla fruizione ed alla promozione dei  beni.

Oltre a prevedere la riqualificazione degli immobili pubblici in stato di abbandono o  sottoutilizzo, sempre ricorrendo a tecniche di edilizia green, si agirà sulla tutela e sulla  valorizzazione del patrimonio storico, architettonico e artistico vincolato, che comporta il  recupero e la valorizzazione dei centri storici, di beni culturali (musei, parchi archeologici,  complessi monumentali) di parchi e giardini storici. Particolare attenzione sarà dedicata al  recupero di siti di inestimabile valore paesaggistico e culturale anche nelle aree interne del  Paese, spesso trascurati o poco noti perché fuori dai circuiti turistici tradizionali. Si interverrà  inoltre sui piccoli Borghi storici e rurali, con azioni specifiche e mirate sul patrimonio storico  – culturale e religioso (abbazie, chiese rurali e santuari). In questo modo si andrà incontro  anche alle esigenze della corposa comunità italiana residente all’estero, per favorire ed  alimentare il forte legame con il nostro Paese e con i suoi piccoli borghi, destinazione naturale  della loro domanda turistica e culturale, favorendo un “turismo delle origini”.

Si agirà nel rispetto dei caratteri identitari e tipici dei diversi contesti locali anche attraverso  un nuovo modello di turismo sostenibile in grado di valorizzare in modo integrato le risorse  dei territori e favorendo la destagionalizzazione della domanda turistica. E queste azioni  aiuteranno il rilancio delle attività commerciali, la valorizzazione delle produzioni  agroalimentari e artigianali della tradizione collegate a saperi e tecniche locali.

Gli interventi prevedono inoltre una maggiore cooperazione tra attori pubblici, privati, cittadini e comunità sia in termini di incentivazione delle sponsorship, sia attraverso forme  di governance multilivello, in linea con la “Convenzione di Faro” sul valore del patrimonio  culturale per la società, e con il Quadro di azione europeo per il patrimonio culturale, che invita a promuovere approcci integrati e partecipativi al fine di generare benefici nei quattro  pilastri dello sviluppo sostenibile: l’economia, la diversità culturale, la società e l’ambiente.

2.2 Rivoluzione verde e transizione ecologica

Con la missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica” l’Italia, che pure ha registrato  notevoli progressi nella riduzione delle emissioni di gas serra, nell’aumento della quota di  energia soddisfatta con fonti rinnovabili e nel miglioramento dell’efficienza energetica,  intensifica il proprio impegno per far fronte ai nuovi e più ambiziosi obiettivi europei fissati  dallo European Green Deal, con un target di riduzione delle emissioni pari al 55% entro il  2030.

Raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 richiede investimenti e una vasta gamma di  riforme abilitanti. In particolare, lo scenario di decarbonizzazione che porterebbe l’Italia alla  neutralità climatica entro il 2050 evidenzia un gap emissivo che dovrà essere chiuso tramite  tre principali tipologie di azioni: (1) una riduzione sostanziale della domanda di energia  (soprattutto nel settore residenziale/commerciale e in quello dei trasporti); (2) un ulteriore  cambiamento nel mix energetico a favore delle rinnovabili, insieme ad una estesa  elettrificazione degli usi finali e alla produzione di idrogeno; (3) un aumento degli  assorbimenti della CO2 dalle superfici e dai suoli forestali.

La missione si concretizza in 4 linee di azione (componenti) per quanto riguarda gli  investimenti:

⮚ Impresa verde ed economia circolare

⮚ Transizione energetica e mobilità locale sostenibile

⮚ Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici

⮚ Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica

Le azioni di investimento saranno accompagnate da alcune specifiche riforme volte a favorire  la transizione energetica e la svolta ecologica:

⮚ La definizione di una strategia nazionale in materia di economia circolare, che si basa  su un intervento di riforma normativa, denominato “Circolarità e tracciabilità”: volto  all’attuazione del piano d’azione europeo per l’economia circolare e per regolare  l’organizzazione e il funzionamento del sistema di tracciabilità dei rifiuti. Vengono  inoltre contemplate misure normative volte a favorire la riparabilità, la durabilità, e le  forme di riuso/recupero dei prodotti, in particolare di quelli che ricadono in catene del  valore strategiche o individuati in base all’impatto ambientale e al loro potenziale di  circolarità. La strategia prevede, tra l’altro, la nascita di un hub tecnologico nazionale  e centri di competenza territoriali per l’economia circolare a supporto del sistema  produttivo.

Gli investimenti in cui si concretizzano le quattro componenti della missione Rivoluzione  verde e transizione ecologica sono distribuiti su 13 progetti per un ammontare complessivo  di risorse pari a 74,3 miliardi di euro.

Nel complesso, questi interventi dovrebbero contribuire a ridurre le emissioni di CO2 di circa  XXton nell’arco dei prossimi 6 anni (Tav. M2.1 stime in via di perfezionamento).

La prima componente “Impresa verde ed economia circolare”, ha come obiettivi prioritari la  promozione della sostenibilità ambientale nella filiera dell’agricoltura, il sostegno a progetti  innovativi di decarbonizzazione tramite processi di economia circolare, nonché la definizione  di un piano nazionale per l’economia circolare. In quest’ultimo ambito, l’Italia è in linea con  gli obiettivi europei del 2020 in termini di riutilizzo e riciclo di materiali: nel 2017 il tasso di  utilizzo circolare dei materiali era al 17,7%, al di sopra della media europea, e nel 2018 il tasso  di riciclo si è attestato al 49,8%. Una ulteriore spinta legislativa in questo ambito proviene dal  recente recepimento del pacchetto dell’economia circolare (Direttive 2018/849, 850, 851, 852),  nel quale sono presenti target per i rifiuti urbani (riciclo del 55% entro il 2025, del 65% entro  il 2035), i rifiuti da imballaggi ( 70% di riciclo entro il 2030) e per l’uso delle discariche soglia  massima del 10% dei rifiuti urbani con smaltimento in discarica entro il 2035 (al 2018 l’uso  delle discariche ha interessato il 22% dei rifiuti urbani prodotti).

Per realizzare tali obiettivi, oltre ad un rafforzamento del quadro regolamentare attraverso  mirati interventi di riforma, sono previste due linee d’azione:

1. La prima linea d’azione “Agricoltura sostenibile” prevede iniziative per la  competitività, la riqualificazione energetica e la capacità logistica del comparto  agricolo italiano. In particolare, gli interventi mirano all’efficientamento energetico e  all’isolamento termico/coibentazione degli immobili adibiti a uso produttivo nel  settore agricolo e zootecnico, quest’ultimo responsabile di circa il 50% delle emissioni  di gas clima-alteranti. Infine, si intende sostenere un piano per la logistica del  comparto agricolo, che si sostanzia in contributi alle aziende per abbassare l’impatto  ambientale del sistema dei trasporti, migliorare la capacità di stoccaggio delle materie  prime agricole, la capacità logistica dei mercati all’ingrosso e far esprimere il  potenziale in termini di export delle piccole e medie imprese agroalimentari italiane.

2. La seconda linea d’azione “Economia circolare e gestione dei rifiuti” è focalizzata su  tre interventi principali: a) la riduzione del gap impiantistico della filiera del riciclo, che  costituisce una principale criticità in molte regioni del paese, tramite  l’ammodernamento degli impianti esistenti e la realizzazione di nuovi impianti per il  trattamento meccanico biologico (TMB) dei rifiuti; b) il sostegno a iniziative per  ricavare prodotti chimici e carburanti “circolari” da rifiuti plastici e urbani; c) il  sostegno a progetti innovativi di decarbonizzazione.

La seconda componente “Transizione energetica e mobilità locale sostenibile” interviene  innanzitutto sulla produzione e la distribuzione di energia, favorendo il ricorso alle fonti  rinnovabili e predisponendo le infrastrutture necessarie per la loro integrazione nel sistema  elettrico nazionale e le infrastrutture per alimentare veicoli elettrici e per lo sfruttamento  dell’idrogeno liquido. L’Italia sta progredendo verso una piena neutralità climatica in linea con  gli obiettivi precedentemente stabiliti dal Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC), ma deve  accelerare e intensificare l’impegno all’abbattimento delle emissioni per soddisfare i nuovi e  più ambiziosi obiettivi europei fissati dallo European Green Deal. A tale scopo, la componente  interviene tramite un’azione di decarbonizzazione dei trasporti, con particolare attenzione al rinnovo del parco rotabile degli enti locali e, più in generale, all’ammodernamento della flotta  automobilistica nazionale che risulta fra le più vetuste nell’Unione europea. Queste modifiche  strutturali del nostro sistema produttivo ed energetico aiuteranno anche la riduzione  dell’inquinamento locale: il 3,3 per cento della popolazione italiana vive in aree dove sono  superati i limiti delle sostanze inquinanti (particolati e ossidi di azoto) presenti nell’aria fissati  dalle direttive europee.

Per conseguire tali obiettivi, la componente prevede le seguenti linee d’azione:

1. L’attuazione di misure per promuovere la crescita della produzione di energia rinnovabile e dell’uso di idrogeno e sostenere la filiera tramite: a) il sostegno alla creazione di una  pipeline di nuovi progetti greenfield rinnovabili con iter autorizzativi in tempi certi; b) il  supporto finanziario tramite sovvenzioni per il supporto allo sviluppo di progetti floating PV e eolico offshore; c) il supporto finanziario per impianti in grid parity; d) la promozione  dell’autoproduzione collettiva di energia elettrica rinnovabile, incentivando la  costituzione delle comunità energetiche e l’autoconsumo individuale, in quest’ultimo  caso superando il regime del c.d. “scambio sul posto”; e) il supporto alla transizione dal  biogas per uso elettrico al biometano da destinare al trasporto; f) gli investimenti per la  produzione di idrogeno in siti brownfield e da elettrolisi, la creazione di stazioni di  rifornimento e progetti di ricerca e sviluppo per applicazioni di idrogeno a usi finali.

2. L’introduzione di misure per la mobilità sostenibile e per migliorare la pianificazione  urbana. Fra queste, vi sono: a) il rafforzamento delle infrastrutture di rete e la promozione  degli accumuli; b) la realizzazione di smart grid; c) l’installazione di sistemi ricarica elettrica e vehicle-to-grid (V2G); d) nuove sperimentazioni per i servizi digitali a supporto della  pianificazione urbana; e) il Piano nazionale ciclovie; f) la riduzione del gap infrastrutturale  e strumentale nel settore del Trasporto Pubblico Locale, degli Impianti fissi e del Trasporto  Pubblico Locale, con particolare attenzione al rinnovo del parco autobus, del parco  rotabile e della flotta delle navi del TPL nazionale.

3. Una riforma complessiva attuata attraverso l’adozione del piano sulla “qualità dell’aria”,  volto alla riduzione delle emissioni degli inquinanti target della direttiva 2016/2284  espresse in t/a e alla riduzione delle emissioni climalteranti. Il piano prevede:

⮚ l’adozione di un programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico  (ex Direttiva UE direttiva 2016/2284);

⮚ attuazione DL Clima con 4 decreti attuativi;

⮚ programma riforme Regioni del bacino del Po;

⮚ attuazione di legislative e finanziarie con altri accordi regionali;

⮚ attuazione PNIEC su reporting.

La terza componente “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici”, intercetta una  dimensione assai rilevante per l’abbattimento delle emissioni di CO2: la riduzione dei consumi  di energia degli edifici che generano più di un terzo dei consumi totali in Italia, nonché  l’adeguamento antisismico degli stessi. Infatti, la maggior parte dei 14,5 milioni di edifici del  Paese è stata edificata in epoche precedenti alle vigenti normative legate all’efficienza  energetica; inoltre, l’Italia è particolarmente esposta a rischi legati al rischio sismico, che  richiedono una diffusione capillare degli interventi di prevenzione.

Per conseguire tali obiettivi, i principali investimenti e incentivi si sviluppano in due linee  d’azione:

1. La realizzazione di un piano di efficientamento degli immobili pubblici che preveda, in  particolare: a) il risanamento strutturale degli edifici scolastici e la realizzazione di nuove  scuole mediante la sostituzione edilizia; b) la ristrutturazione e l’ammodernamento delle  strutture ospedaliere, con particolare riferimento alle sedi di Dipartimenti di Emergenza  e Accettazione; c) la riqualificazione del patrimonio abitativo di edilizia residenziale  pubblica nazionale; d) l’efficientamento e la riqualificazione delle cittadelle giudiziarie  situate in varie città italiane ; e) l’efficientamento energetico e la riqualificazione degli  edifici pubblici delle aree metropolitane, anche per i servizi sociali; f) un programma  specifico di interventi destinati ai Comuni del territorio nazionale e volto alla riduzione dei  consumi energetici degli edifici di loro proprietà.

2. Il potenziamento delle misure a sostegno dell’efficientamento dell’edilizia privata. In  particolare, si prevede l’estensione del superbonus edilizio per l’efficientamento  energetico e l’adeguamento antisismico delle abitazioni private, con il quale viene  riconosciuta una detrazione fiscale pari al 110% dei costi sostenuti per gli interventi,  utilizzabile in compensazione fiscale o convertibile in credito d’imposta cedibile.

La quarta componente “Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica” ha  l’obiettivo di potenziare gli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico e di  incremento della resilienza agli eventi climatici estremi; di promuovere l’utilizzo sostenibile  (civile ed irriguo) della risorsa idrica e la qualità di acque interne e marine; nonché di  migliorare l’adattamento al cambiamento climatico del territorio contribuendo al processo di  decarbonizzazione tramite interventi di forestazione e di efficientamento energetico. Gli  investimenti nelle infrastrutture idriche, negli ultimi anni, sono risultati insufficienti, causando  elevati livelli di perdite e persistenti rischi di scarsità della risorsa idrica; al contempo, sono  aperte quattro procedure d’infrazione ai danni dell’Italia per l’irregolare collettamento e  trattamento dei reflui in 987 agglomerati urbani in tutto il territorio nazionale. L’Italia è anche  particolarmente vulnerabile rispetto agli eventi idrogeologici e sismici: oltre il 90% dei Comuni  italiani fronteggiano un elevato rischio di frane e alluvioni e richiedono, pertanto, continui  investimenti nella prevenzione di tali rischi. Per colmare i gap presenti nella gestione del ciclo  delle acque sono previsti interventi volti alla digitalizzazione e messa in sicurezza della rete  idrica primaria e secondaria, alla riduzione degli sprechi di acqua nelle reti di adduzione, di distribuzione e di irrigazione, con il fine di garantire la disponibilità idrica per tutti gli usi,  all’adeguamento dei sistemi di depurazione alle direttive europee, al riuso delle acque  depurate ed alla gestione dei rifiuti nelle acque portuali, ed alla salvaguardia del territorio  dalle alluvioni tramite interventi di forestazione, di gestione sostenibile nell’agricoltura e di  adattamento al cambiamento climatico nei comuni.

A supporto dei progetti di investimento, viene proposta un’azione di riforma complessiva che  consiste in un processo di rafforzamento della governance del servizio idrico integrato, con  l’obiettivo di affidare il servizio a gestori integrati nelle aree del paese in cui questo non è  ancora avvenuto, ed il potenziamento delle strutture tecniche a supporto dei Commissari  nella progettazione, nell’appalto e nella supervisione di interventi di tutela contro il rischio  idrogeologico.

Infine, la riforma è volta a potenziare la capacità progettuale dei Consorzi di bonifica anche  mediante centrali di progettazione regionali, promuovendo la revisione e il rafforzamento del  modello di governo dei Consorzi e mantenendo al centro della propria azione la tutela del  territorio, il risparmio della risorsa idrica a fini irrigui ed il miglioramento della sostenibilità  dei processi produttivi agricoli.

La riforma prevede un intervento normativo in tempi rapidi, successivamente sarà assicurato  il completamento di un’eventuale decretazione attuativa o altri atti di indirizzo e  coordinamento, con l’obiettivo di completare il potenziamento della capacità operativa entro  il 31 dicembre 2021.

 

LA BOZZA DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA

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