Il think tank della Cassa Depositi e Prestiti ha pubblicato un documento (predisposto da Andrea Montanino, Gianfranco Di Vaio, Angela Cipollone, Silvia Gatteschi le cui opinioni, come precisano gli autori, non impegnano in alcun modo la responsabilità di Cdp) nel quale, sulla base delle informazioni disponibili l’8 ottobre, vengono ipotizzati gli impatti del Next Generation Eu, alla luce dei possibili scenari del Covid 19. Nel Brief vengo riassunti i punti principali. Innanzi tutto si precisa che l’impatto nei prossimi 3 anni dipenderà non solo dal quadro epidemiologico, ma anche dalla capacità di spesa.
Per quanto riguarda il primo aspetto – il cui rilievo ha un carattere determinante – le stime di impatto vengono predisposte sotto 3 scenari sull’evoluzione del contagio: base, ottimistico e pessimistico. A seconda dello scenario considerato, grazie agli investimenti finanziati tramite le risorse europee, il tasso di crescita medio annuo del Pil italiano tra il 2021 e il 2023 sarebbe più elevato fino a un punto percentuale rispetto a quello che si realizzerebbe senza le risorse europee.
Di conseguenza, in sintesi, migliorerebbero sia il quadro sul mercato del lavoro che la dinamica del rapporto debito pubblico/Pil. Lo stock di occupati al 2023 potrebbe arrivare ad essere più elevato di oltre 170 mila unità rispetto a quello che si osserverebbe sempre al 2023 qualora i fondi non venissero impiegati, a seconda dello scenario considerato. Il rapporto debito pubblico/Pil sarebbe più basso di almeno 4 punti percentuali. Declinando i possibili scenari il documento sostiene – l’osservazione è importante sul piano delle politiche da adottare – l’impiego di Next Generation Eu risulterebbe più rilevante qualora il quadro epidemiologico peggiorasse, ovvero qualora la seconda ondata di contagi si traducesse in un nuovo lockdown. In questo caso, l’impiego dei fondi europei garantirebbe un tasso di crescita del Pil reale positivo anche nel 2021, evitando così all’Italia una seconda recessione e un ulteriore peggioramento del rapporto debito pubblico/PIL nei prossimi anni, rispetto al livello già elevato che si attende per il 2020.
Va da sé che rimane sullo sfondo l’efficacia delle misure volte a modificare strutturalmente il tasso di crescita dell’economia, attraverso investimenti e riforme che migliorino la produttività complessiva del sistema economico. La vera sfida potrebbe essere dopo il 2023.
Proseguendo nella lettura, le valutazioni diventano più articolate tenendo conto delle possibili variabili, in relazione alle molte incertezze che aleggiano sugli scenari economici: da un lato, una molteplicità di nazioni sta sperimentando una seconda ondata di contagi, che potrebbe tradursi in una nuova fase di lockdown; dall’altro, prosegue la corsa all’individuazione di un vaccino, con la speranza che le prime sperimentazioni sull’uomo inneschino la risposta immunitaria desiderata. A seconda che si vada in una direzione o nell’altra, gli effetti sulla ripresa economica potrebbero essere molto diversi e, pertanto, potrebbero essere presi in considerazione anche nelle elaborazioni delle misure di politica economica messe in atto in questa fase dai vari governi. Tutto ciò premesso nel documento si analizzano tre scenari economici differenti, che assumono tre diverse evoluzioni della crisi pandemica, in ordine di severità
.1. “Quadro epidemiologico pessimistico”, con una seconda ondata di contagi che porti a un nuovo lockdown tra l’ultimo trimestre del 2020 e il primo trimestre del 2021, simile a quello sperimentato nella prima parte del 2020;
2. “Quadro epidemiologico di base”, con un ritorno graduale alla normalità “pre-crisi”, che preveda un progressivo allentamento delle restrizioni tra fine 2020 e inizio 2021;
3. “Quadro epidemiologico ottimistico”, che preveda un’ampia disponibilità di vaccini, terapie e reti di tracciabilità, con un ritorno più rapido alla normalità senza danni permanenti dovuti alla crisi.
In base alle informazioni attualmente disponibili sulle tempistiche di sperimentazione dei vaccini, lo scenario ottimistico sembra meno probabile rispetto agli altri due, che invece sembrano ugualmente realistici.
Nel caso in cui lo scenario epidemiologico non cambiasse significativamente nei prossimi mesi, come ad es. nel quadro di base, o si tornasse alla normalità in maniera repentina, ad es. nel caso del quadro ottimistico, il Pil mondiale e quello italiano conoscerebbero un forte rimbalzo nel 2021 tornando nel brevissimo termine ai livelli pre-pandemia.
Qualora, invece, la seconda ondata di contagi dovesse portare a un nuovo lockdown, come ad es. nel quadro pessimistico, l’economia mondiale e quella italiana non mostrerebbero il rimbalzo nel 2021 previsto dagli altri due scenari. In questo caso, mentre il Pil mondiale si riporterebbe al livello del 2019 nel 2022, il Pil italiano non ritornerebbe al livello pre-Covid entro il 2023.
Queste tre possibili evoluzioni – propone la Nota – andrebbero prese in considerazione anche nei documenti di programmazione economica, sia per definire gli eventuali fabbisogni di finanza pubblica e considerare eventuali scenari di rischio nei diversi casi, che per definire i tempi di utilizzo e allocare in maniera più efficace le risorse di Next Generation Eu.
Quale potrebbe essere, dunque, l’effetto dei fondi europei sull’economia italiana in base allo scenario che si verificherà? Il documento – a questo punto – rammenta in sintesi l’ammontare del “pacchetto” Next Generation Eu pari 750 miliardi di euro – ripartiti tra sovvenzioni per 379,4 miliardi, prestiti per 360 miliardi e 10,6 miliardi di garanzie: risorse che la Commissione dovrebbe reperire sul mercato tramite emissione di titoli garantiti dal bilancio europeo.
Analizzando i criteri di allocazione delle risorse, la nota stima che l’Italia potrebbe ricevere circa 205 miliardi di euro, di cui 77 miliardi di sovvenzioni, 126 miliardi di prestiti e 2 miliardi di garanzie.
In base alle informazioni contenute nella Nadef 2020, le sovvenzioni verrebbero utilizzate integralmente per finanziare investimenti pubblici addizionali, mentre i prestiti sarebbero in parte indirizzati a nuovi investimenti e in parte per finanziare programmi di spesa già esistenti.
Dunque, per le simulazioni viene ipotizzato che le sovvenzioni vadano a finanziare nuovi investimenti pubblici, mentre circa il 50% dei prestiti serva a finanziare impegni di spesa già assunti e il rimanente 50% vada a finanziare investimenti addizionali.
Nel modello, sia le sovvenzioni che la parte di prestiti indirizzata a investimenti già previsti non generano nuovo indebitamento. Inoltre, tutta la componente prestiti, sia quella destinata a finanziare investimenti addizionali che quella diretta a impegni già programmati, concorrerebbe a ridurre il costo del debito. Le simulazioni prefigurano, dunque, che gli effetti espansivi che si realizzino nel triennio 2021-2023 siano interamente generati da maggiori investimenti pubblici – e privati tramite le garanzie – finanziati attraverso le risorse europee. Il profilo temporale di spesa dei fondi europei ricalca quello riportato nella Nadef 2020.
Tra il 10% e il 15% del totale delle risorse sarebbe allocata nel 2021, circa il 20% tra il 2022 e il 2023, mentre la parte rimanente verrebbe utilizzata a partire dal 2024.
Come già anticipato, l’impatto sulla crescita derivante dall’utilizzo dei fondi europei sarebbe leggermente maggiore nel quadro epidemiologico pessimistico. Questo risultato – precisa la Nota – in realtà non deve sorprendere. Infatti, nel quadro ottimistico, il ripristino di un clima di fiducia dovuto al contenimento dell’epidemia potrebbe generare un aumento del livello dei prezzi, che eroderebbe il potere di acquisto di consumatori e imprese depotenziando l’effetto moltiplicativo degli investimenti pubblici indotti dal programma europeo su consumi e investimenti privati.
Considerando nel dettaglio i risultati di stima, emerge che, grazie ai sussidi di Next Generation Eu, tra il 2021 e il 2023 il tasso di crescita medio del Pil reale italiano sarebbe più elevato fino a un punto percentuale all’anno rispetto a quello che si realizzerebbe in assenza dei fondi europei.
In particolare, nel quadro pessimistico il tasso di crescita medio annuo nel 2021-2023 sarebbe più elevato di circa l’1% in presenza dei fondi europei. Questo valore scende allo 0,9% nello scenario base e a 0,8% nello scenario ottimistico.
Grazie a questo maggior tasso di crescita, il Pil italiano in termini reali nel 2023 sarebbe più elevato di circa il 2,8% nel caso del quadro base e di quello pessimistico rispetto al PIL stimato in assenza di fondi europei. Nel quadro ottimistico il livello del Pil sarebbe più elevato del 2,5% In sostanza, l’impulso alla domanda aggregata nei tre quadri epidemiologici da parte delle risorse di Next Generation Eu determinerebbe, infatti, traiettorie di ripresa economica sensibilmente diverse da quelle che potrebbero verificarsi in assenza dei fondi europei.
Nel quadro epidemiologico pessimistico, l’impiego delle risorse di Next Generation Eu contribuirebbe ad avvicinare il Pil italiano al livello precedente la crisi pandemica entro il 2023 senza che questo tuttavia venga raggiunto (infatti il gap rispetto al livello pre-pandemia sarebbe dl 2,7%).
A causa della forte contrazione del prodotto generata dalla crisi pandemica, il rapporto debito pubblico/Pil potrebbe aumentare notevolmente rispetto al suo livello pre-pandemico. Tale incremento sarebbe tanto maggiore quanto peggiore fosse il quadro epidemiologico.
In particolare, qualora lo scenario epidemiologico non cambiasse significativamente, ovvero nel caso del quadro base, il rapporto debito pubblico/Pil potrebbe toccare nel 2023 quota 149%. Tale percentuale salirebbe di ben 20 punti percentuali qualora la seconda ondata di contagi che stiamo osservando imponesse la necessità di un nuovo lockdown, come nel caso del quadro pessimistico. Scenderebbe, invece, al 142% qualora un’ampia disponibilità di vaccini, terapie e reti di tracciabilità permettesse un rapido ritorno alla normalità, se si verificasse il quadro ottimistico.
In tale contesto, gli investimenti veicolati tramite Next Generation Eu potrebbero portare notevoli benefici nella dinamica del rapporto tra debito pubblico e Pil grazie ai seguenti aspetti:
- Una maggiore crescita economica;
- Le sovvenzioni non si aggiungerebbero al debito pubblico dei paesi beneficiari, tra cui l’Italia;
- I paesi ad alto debito pubblico, come l’Italia, che ricorressero ai prestiti pagherebbero tassi di interesse più contenuti, rispetto a quelli che provenienti dal ricorso al mercato.
In particolare, nel quadro ottimistico, grazie ai trasferimenti europei, l’Italia potrebbe beneficiare nel 2023 di un rapporto debito pubblico/Pil più basso di circa 3,9 punti percentuali (p.p.) rispetto a quello che si realizzerebbe in assenza dei fondi. Tale riduzione salirebbe fino a 5,5 p.p. sia nel quadro epidemiologico di base che nel quadro pessimistico
Per quanto riguarda le dinamiche occupazionali, il 2019 si è chiuso con un numero di occupati in Italia al massimo storico, circa 23,4 milioni. Da allora, secondo gli ultimi dati disponibili, gli occupati sono diminuiti di circa 400 mila unità, ritornando al livello di fine 2017.
L’impiego dei fondi di Next Generation Eu potrebbe contribuire a riportare nel breve termine lo stock di occupati in Italia al livello del 2019.
Assumendo che il tasso di partecipazione al mercato del lavoro non si modifichi sensibilmente rispetto al trend storico, grazie agli investimenti finanziati tramite Next Generation Eu, il numero di occupati al 2023 sarebbe più elevato di quanto si osserverebbe senza fondi europei di almeno 154 mila unità, che salirebbe a 174 mila unità qualora si verificasse il quadro pessimistico. Per quanto riguarda il quadro epidemiologico pessimistico, i fondi di Next Generation Eu accelererebbero il recupero del livello di occupazione pre-pandemico, senza tuttavia che questo venga raggiunto. Nel quadro epidemiologico ottimistico già nel 2022, anche in assenza dei fondi europei, si ritornerebbe ai livelli del 2019. Nel quadro epidemiologico di base, invece, il livello occupazionale del 2019 verrebbe recuperato entro il 2023 solamente grazie all’impiego dei fondi di Next Generation Eu.