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Neil Young, Joni Mitchell e Joe Rogan: Spotify cambia la musica ma non i suonatori

Da Neil Young a Joni Mitchell passando per Harry Windsor e Megan Markle, cosa sta succedendo sulla piattaforma streaming Spotify? Tutti i dettagli

 

Dopo l’abbandono di Spotify da parte dei canadesi Neil Young e Joni Mitchell in segno di protesta contro il podcast di Joe Rogan, accusato di fare disinformazione sul Covid, la piattaforma streaming svedese ha annunciato una serie di provvedimenti. Ma prevarrà l’etica o gli interessi?

COSA È SUCCESSO

È iniziato tutto con la richiesta del cantante Young di rimuovere tutta la sua musica da Spotify per esprimere il dissenso nei confronti di Rogan, comico statunitense, autore del podcast The Joe Rogan Experience.

Young è stato seguito nella stessa scelta anche dalla cantautrice Mitchell. Le accuse a Rogan sono quelle di fare disinformazione sulla pandemia e promuovere contenuti no vax.

HARRY E MEGAN CONTRO ROGAN

Di lì a poco anche Harry Windsor e Megan Markle hanno fatto sapere di essere titubanti circa la loro collaborazione con Spotify. La coppia, infatti, che ha in programma nei prossimi mesi l’uscita di podcast, libri e serie tv, ha firmato un contratto da 18 milioni di sterline con la piattaforma musicale.

“Lo scorso aprile abbiamo iniziato a esprimere preoccupazione ai nostri partner di Spotify per le conseguenze fin troppo reali della disinformazione sul Covid sulla piattaforma. Centinaia di milioni di persone possono essere danneggiate dalla cattiva informazione ogni giorno. Contiamo su Spotify per apportare delle modifiche e continueremo a lavorare insieme se lo farà”. Così l’ex coppia reale ha dichiarato in un comunicato.

LIBERA (DIS)INFORMAZIONE: COSA DICE ROGAN

Rogan, di origini italiane e irlandesi, è uno dei personaggi più influenti nei media americani. Nel suo podcast ha invitato numerosi esponenti no vax, scoraggiato la vaccinazione e promosso trattamenti non autorizzati contro il Covid. Quando nei mesi scorsi aveva contratto il virus, per esempio, aveva detto di essersi curato con l’ivermectina, un farmaco del tutto inutile per la cura del Covid.

LA FINTA GUERRA AI NO VAX, OVVERO COSA (NON) FARÀ SPOTIFY

“C’è stato molto dibattito sull’informazione sul Covid su Spotify. Abbiamo ascoltato le critiche e stiamo attuando modifiche per combattere la disinformazione”. È stato il commento del Ceo di Spotify, Daniel Ek che, senza fare alcuna menzione diretta a Rogan, ha tentato di arginare le polemiche e fermare i boicottaggi.

Domenica sono state pubblicate regole interne che disciplinano ciò che è e non è consentito nei contenuti presenti sul suo servizio. La società, per contenere la diffusione di informazioni false e fuorvianti sul Covid, ha previsto che ogni trasmissione che affronta l’argomento venga accompagnata da un avviso che rimanderà gli ascoltatori a una pagina dove sono contenute maggiori informazioni sulla pandemia.

PERCHÉ SPOTIFY NON PUÒ PERMETTERSI DI PERDERE ROGAN

Il podcast di Rogan, sottolinea Bbc, non è un podcast qualsiasi, ma il più seguito su Spotify in tutto il 2021 e per questo difficile da cancellare. Si parla di 200 milioni di download al mese e 11 milioni di ascolti a puntate, contro i 6 milioni di ascoltatori di Young.

Nel 2020, la società svedese, per averlo in esclusiva, ha pagato 100 milioni di dollari.

Spotify ora però sta giocando con il fuoco perché alla rivolta interna è seguita quella del mondo scientifico e adesso anche quella dei musicisti. L’addio di Young e Mitchell – e il loro invito ad altri colleghi a seguirli – sta facendo preoccupare gli investitori. Dall’inizio del 2021 la piattaforma ha infatti perso il 25% in borsa.

LA SOTTILE LINEA TRA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E DISINFORMAZIONE

Questa storia poi porta al dibattito su dove finisce la libertà di espressione e inizia la disinformazione. Da un lato, infatti, c’è il commento di Ek, che alla domanda del Financial Times su cosa pensasse della decisione di Rogan di invitare il re delle teorie cospirative Alex Jones, conduttore radiofonico di estrema destra e suprematista bianco, aveva detto: “Vogliamo che i creator siano liberi di creare. Non vogliamo mettere bocca su quello che devono dire”.

Dall’altra, il parere degli esperti di salute che, a seguito dell’intervento del controverso virologo Robert Malone al podcast, avevano inviato in 270 una lettera di protesta a Spotify definendo Rogan un “pericolo per la salute pubblica”.

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