Si fanno sempre più strette le maglie legislative per i prodotti cinesi hi-tech a largo consumo destinati agli Usa. Aveva iniziato la prima amministrazione Trump col ben noto ban di Huawei, testimone raccolto dall’amministrazione Biden che com’è noto ha fermato alla frontiera le auto smart provenienti da Pechino e dintorni imponendo pure a TikTok lo scorporo delle proprie attività americane e prosegue ora “The Donald” che da tempo ha messo nel mirino i droni cinesi e in particolar modo il principale attore dell’area: Dji.
NATALE AMARO NEGLI USA PER DJI
Il prossimo 23 dicembre 2025 entrerà in vigore il divieto di importare nuovi prodotti Dji e questa volta in pochi sono pronti a scommettere in un intervento diretto del presidente Donald Trump, non nuovo comunque a operazioni inattese ed eclatanti, per concedere alla principale azienda del settore altro tempo.
Del resto, la stessa Dji, sebbene sia stata accusata di far fiorire marchi secondari (come Xtra) per aggirare le norme, sembra essersi rassegnata a perdere il mercato americano avendo smesso di esportare i propri droni per il mercato consumer e pure professionale. Motivo per il quale sebbene per il momento la nuova legge americana non sia retroattiva sugli scaffali dei rivenditori a stelle e strisce non è possibile rintracciare i nuovi Mavic 4 Pro, i Mini 5 Pro o i Neo 2, giusto per citare alcuni della nutrita flotta Dji.
Peraltro, la stampa americana sottolinea che non è nemmeno così certo che la Federal Communications Commission non allarghi il medesimo divieto ai modelli distribuiti in precedenza: provvedimenti emergenziali potrebbero in ogni momento costringere i consumatori americani a consegnare alle autorità statunitensi i propri velivoli teleguidati.
UN DANNO ANCHE PER L’ECONOMIA USA
Un danno immane per l’azienda cinese ma che rischia di avere ripercussioni in più comparti americani, soprattutto nel settore agricolo che utilizza droni asiatici per monitorare lo stato di salute dei campi e altre operazioni che proprio questo genere di velivoli teleguidati e altamente tecnologici ha permesso di automatizzare e velocizzare. Per questo pare che, soprattutto tra i repubblicani degli Stati coi più vasti appezzamenti di terra, stia crescendo una fronda intenzionata a concedere almeno una dilazione e trovare altre alternative.
COME MAI GLI USA VOGLIONO IMPALLINARE I DRONI CINESI
Ma perché tutto questo astio del legislatore americano nei confronti dei prodotti di un’azienda cinese che al momento vende liberamente in tutto il resto del mondo? Il motivo addotto è sempre lo stesso: gli Usa temono che telecamere e altre apparecchiature sofisticate inviino dati direttamente a Pechino. I droni potrebbero essere insomma “occhi e orecchie” cinesi liberi di svolazzare a pochi metri dal suolo statunitense.
In realtà Dji ha da tempo problemi alle dogane americane, come viene ricordato in questi giorni su The Verge: ben prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca alcuni modelli erano stati bloccati con l’accusa – sempre rigettata dall’azienda cinese – di sfruttare la manodopera in patria. Finora comunque il legislatore americano non è riuscito a raccogliere prove certe a sostegno delle tante accuse mosse a Dji, ma questo non dovrebbe fermare l’entrata in vigore della nuova legge anti drone cinese.
DRONI AMERICANI NEI CIELI AMERICANI
C’è poi chi, anche negli Usa, accusa le misure della politica americana di essere eccessivamente protezionistiche nei riguardi di un mercato finora saldamente in mano alle aziende cinesi proprio col fine di provare a sovvertire tale situazione, liberando quote di mercato a favore delle aziende americane. Medesimi dubbi sono stati avanzati negli anni scorsi con riferimento ad altri comparti (automotive, smartphone…) attorno i quali gli americani hanno eretto analoghe mura.
Huawei, peraltro, dopo il ban imposto da Trump è diventata realmente l’azienda di riferimento nello studio e nello sviluppo di device, software e sistemi operativi “non atlantici”, realizzando per esempio una vasta serie di app alternative all’ecosistema dell’americana Google che potrebbero avere un mercato non solo in Cina ma pure in tutti quei Paesi che tra Est e Ovest preferiscono il primo.
QUALCHE INFORMAZIONE DI CONTORNO SULLA CINESE DJI
Tornando invece al colosso dei droni, l’azienda – il cui nome completo è Sz Dji Technology Co. – è stata fondata nel 2006 da Frank Wang, Nel 2013 ha rilasciato il suo primo drone pronto al volo, il Phantom 1. Oggi, con oltre 14mila dipendenti risulta la società del settore più diffusa al mondo sia nel mercato consumer sia in quello industriale: i suoi dispositivi vengono infatti utilizzati non solo a livello amatoriale, ma anche nel mondo del cinema, nell’agricoltura, per compiere rilievi geologici, nella manutenzione di ponti e viadotti e persino per operazioni di polizia o di ricerca di dispersi e vittime di calamità naturali in zone remote o comunque inaccessibili.



