I creativi sono stati tra i primi a temere di essere sostituiti dall’intelligenza artificiale (IA). A minacciare grafici, illustratori, pubblicitari, fotografi, artisti e così via sono software come Dall-E, Midjourney o Stable Diffusion, capaci di generare immagini di IA attingendo dal mare magnum di internet per poi generarne di nuove con lo stesso stile.
Molte grandi aziende, come Coca-Cola, hanno poi già aperto le porte dei loro reparti marketing all’IA (per ora senza chiuderle in faccia all’intelligenza umana), ma l’interrogativo se la tecnologia può realmente sostituire l’essere umano e la sua inventiva resta.
Per ora di sicuro c’è che l’intelligenza artificiale sta migliorando nel superare i test progettati per misurare la creatività umana. A dirlo è uno studio pubblicato su Scientific Reports. Tuttavia, come afferma un articolo del MIT, questo non significa che l’IA è più creativa degli umani, ma solo che è più brava a superare i test di creatività.
LO STUDIO
“La creatività – afferma lo studio – è stata tradizionalmente considerata una capacità esclusiva degli esseri umani, ma il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale ha portato alla creazione di chatbot di IA generativa in grado di produrre opere d’arte di alta qualità, sollevando interrogativi sulle differenze tra la creatività umana e quella delle macchine”. Solo l’anno scorso un’opera creata con l’IA ha vinto il primo premio durante una fiera statale negli Stati Uniti.
La ricerca presentata su Scientific Reports ha quindi confrontato la creatività di 256 esseri umani con quella di 3 attuali chatbot (ChatGPT e GPT-4 di OpenAI e Copy.Ai, costruito su GPT-3) applicando l’Alternate Uses Task (AUT), letteralmente “compito degli usi alternativi”, ovvero prendere un oggetto e chiedere alle persone di pensare a nuovi e insoliti modi di utilizzarlo.
Ai partecipanti – umani e non – è stato indicato di prediligere la qualità alla quantità. Ciascun chatbot è stato testato 11 volte per ognuno dei 4 oggetti scelti per il test.
IL METODO DI VALUTAZIONE
I ricercatori hanno utilizzato due metodi per valutare le risposte dell’IA e dell’essere umano. Il primo era un algoritmo che valutava quanto l’uso suggerito per l’oggetto fosse vicino allo scopo originale dell’oggetto. Il secondo consisteva nel chiedere a sei valutatori umani (che non erano a conoscenza del fatto che alcune risposte erano state generate da sistemi di intelligenza artificiale) di valutare ogni risposta su una scala da 1 a 5 in termini di creatività e originalità.
I RISULTATI
In media, affermano gli autori dello studio, i chatbot hanno superato i partecipanti umani, ottenendo nel test punteggi più alti: “mentre le risposte umane includevano anche idee di scarsa qualità, i chatbot hanno generalmente prodotto risposte più creative”. Tuttavia, le migliori tra le idee umane erano pari o superiori a quelle dei chatbot.
Secondo gli studiosi questo dimostra che se da un lato la ricerca evidenzia il potenziale dell’IA come strumento per migliorare la creatività, dall’altro sottolinea la natura unica e complessa della creatività umana, che potrebbe essere difficile da replicare o superare completamente con la tecnologia.
LA MACCHINA È MACCHINA
Per Ryan Burnell, ricercatore dell’Alan Turing Institute, che non era coinvolto nella ricerca, “dimostrare che le macchine sono in grado di svolgere bene i compiti progettati per misurare la creatività negli esseri umani non dimostra che siano in grado di avvicinarsi a un pensiero originale” perché non sappiamo esattamente su quali dati sono stati addestrati o come generano le loro risposte.
Potrebbero infatti aver “semplicemente attinto a ciò che hanno visto nei loro dati di addestramento, che potrebbero includere proprio l’Alternate Uses Task” e “in questo caso – conclude Burnell -, non stiamo misurando la creatività ma la conoscenza pregressa del modello su questo tipo di compito”.
Anche per Anna Ivanova, ricercatrice post-dottorato del MIT che studia i modelli linguistici e non ha lavorato al progetto, bisogna “tenere presente che, sebbene i chatbot siano molto bravi a completare richieste specifiche, possono bastare piccoli accorgimenti come la riformulazione di una richiesta per impedirgli di ottenere le stesse prestazioni”.