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Leopard 2a8

Leopard 2A8, Mgcs e non solo, ecco sfide e prospettive dall’intesa tra Leonardo e Knds

Dalle immediate ricadute dell'alleanza strategica tra Leonardo e Knds all'ingresso del nostro Paese nel Mgcs fino all'ipotesi di convergenza tra i programmi per il caccia di sesta generazione Fcas e Gcap. Conversazione di Startmag con Alessandro Marrone, Responsabile Programma Difesa IAI.

Leonardo ha trovato nel colosso franco tedesco Knds il suo alleato per “creare un vero gruppo di difesa europeo”.

Lo scorso 13 dicembre il colosso della difesa italiano e Knds, il gruppo nato dell’aggregazione di Kmw e Nexter, due dei principali produttori europei di sistemi terrestri militari con sede in Germania e Francia, di concerto con il ministero della Difesa Italiano, “hanno siglato un’alleanza strategica per definire e sviluppare ulteriormente una collaborazione più stretta”.

Cosa succederà adesso?

Ne abbiamo parlato con Alessandro Marrone, Responsabile Programma Difesa dell’Istituto affari internazionali (Iai).

Quali saranno le ricadute, immediate e future, dall’alleanza strategica tra l’italiana Leonardo e il consorzio franco-tedesco Knds?

Questa è una novità significativa di cui bisognerà comprendere bene i dettagli e l’attuazione rispetto alle prime notizie dei giorni scorsi. La ricaduta più importante è che si apre una strada di cooperazione tra i tre principali paesi, i tre principali bilanci della difesa ed economie dell’area Euro — Francia, Germania e Italia — all’interno dell’Ue, per ridurre la frammentazione e aumentare l’interoperabilità delle energie nel campo delle piattaforme terrestri. Un campo molto poco integrato in ambito europeo, rispetto ad altri. La prospettiva è molto importante.

Nell’immediato, mi pare la parte più concreta dell’accordo sia nella produzione italiana di Leopard 2A8, in una versione molto “italianizzata” per cui verosimilmente ci sarà la costruzione della capacità produttiva in Italia e ci sarà l’inclusione di elementi italiani: i sistemi di comando e controllo, forse elementi della torre, condotta del tiro, di realizzazione italiana. Le due cose sono distinte: di certo al momento c’è questo secondo elemento che andrà avanti con un ritmo di attuazione anche basato sulla necessità dell’Esercito, alla luce della guerra in Ucraina di andare oltre l’attuale capacità, ormai obsoleta, dell’Ariete.

Sull’elemento di cooperazione che tocca anche il Main Gorund Combat System, probabilmente ci sarà bisogno di ulteriori negoziati tra le aziende e i governi, tra l’Italia, la Germania e la Francia sulla divisione di lavoro, oneri, requisiti. Il Mgcs è nato come un programma bilaterale franco-tedesco, con alcune criticità al suo interno. Ha avuto alcuni intoppi negli anni scorsi ed è stato oggetto di attenzione sia da parte dell’Italia, sia del Regno Unito e Polonia. L’apertura all’Italia può portare a fare un carro più europeo. Si passa dal bilaterale a un trilaterale.

La nuova alleanza si concentrerà infatti sul rilancio del coinvolgimento dell’Italia nel programma franco-tedesco Main Ground Combat System, soprattutto Parigi ha sottolineato l’intenzione di mantenere il programma esclusivamente bilaterale finché non sarà sviluppato un prototipo. Il nostro paese potrà ambire a un ruolo paritetico nel programma Mgcs, come ottenuto dalla Spagna nel programma franco-tedesco Fcas?

Non sono sicuro del ruolo paritetico della Spagna nel programma Fcas, e sul Mgcs — almeno da quanto risulta a livello di fonti consultabili — siamo ancora a livello di ipotesi. Mentre l’acquisizione dei Leopard 2A8 italianizzati è certa, sul Mgcs ci sono stati indiscrezioni stampa sia su fonti italiane, francesi e tedesche ma ancora non è chiaro. Come già detto, è stato oggetto dell’attenzione dell’Italia, ma la Francia ha insistito per tenerlo strettamente bilaterale mentre la Germania si è mostrata più possibilista ad allargare il consorzio. Ora sembra prevalere la linea tedesca: non a caso l’accordo arriva a valle sia di un Piano di Azione tra i governi di Roma e Berlino su vari settori, tra cui anche questo, sia di un incontro bilaterale tra i ministri della Difesa Crosetto e Pistorius sia dell’incontro tra l’ad di Leonardo, Roberto Cingolani, e il suo omologo a Roma. C’è un percorso di un dialogo italo-tedesco su questo.

Da cosa dipenderà l’evoluzione?

Dipenderà senz’altro dalle acquisizioni: il volume d’acquisto italiano tra carri versione combat, quelli del Genio e quelli gettaponte, necessari per una capacità complessiva di Main battle tank, consisterà intorno ai 300 mezzi, più o meno quanto il fabbisogno francese, anzi un po’ di più, e inferiore al fabbisogno tedesco. Quanto gli Stati ci mettono come procurement nazionale è un elemento, poi c’è l’elemento dell’export. Finora si è assistito a un grande successo tedesco, e non certo francese o italiano in campo Mbt. Quindi anche questo punto verso una leadership maggiormente tedesca sul programma, perché effettivamente sul Mbt il paese di riferimento, quanto stato dell’arte tecnologico e produttivo, è la Germania, non è né l’Italia né la Francia. La situazione è ancora un working progress.

Cosa inciderà sullo sviluppo?

Bisognerà vedere l’ambizione dell’Italia e gli investimenti in questo settore e anche la capacità dell’industria italiana di unire componenti all’avanguardia e su quali aspetti della piattaforma, in che volumi e in che tempi.

Sicuramente è una dinamica positiva perché porta la difesa italiana ad avere in prospettiva un mezzo migliore dell’Ariete, che è un mezzo alla base della tecnologia dei Leopard, ampiamente venduti in Europa per la loro qualità. Per l’industria italiana è uno stimolo a concertarsi dove eccelle, a investire in un salto tecnologico e a investire anche nella specializzazione, nella divisione del lavoro. Per cui si fanno quelle componenti che si sanno fare al meglio, per inserirle in una piattaforma che sarà acquisita da almeno tre paesi, quindi ha buone chances di export. Diventerà così una piattaforma con grandi ritorni produttivi, grandi economie di scala. Anche fare componenti di pregio è remunerativo, perché si va su larga scala in un mercato ben nutrito.

L’intesa tra Leonardo Knds potrebbe accelerare anche un’intesa tra Fincantieri e Tkms nel campo dei sottomarini, nel solco della strategia già manifestata da Fincantieri verso la ricerca di collaborazioni e il perseguimento del necessario consolidamento dell’industria europea della difesa?

Nel campo dei sottomarini credo che la linea italiana sia quella di una maggiore sovranità operativa e tecnologica. Si parte dalla cooperazione italo-tedesco con gli U212 però con il Next future submarine (NFS), la prossima classe di sottomarini, si punta ad avere una maggiore design authority italiana, a fare più componenti da parte di imprese italiane (Fincantieri e l’indotto) e ad avere più tecnologia italiana a bordo del sottomarino. Quindi, anche per una parziale divergenza dei requisiti operativi tra la marina tedesca e quella italiana, in realtà non si va verso più cooperazione, ma una maggiore autonomia italiana su questa piattaforma. Non penso possa esserci un impatto significativo da questo accordo di Leonardo nel settore terrestre rispetto alle dinamiche di Fincantieri nella dimensione subacquea che ha una logica diversa.

Sempre in riferimento all’annuncio di Leonardo e Knds, nella nota congiunta si sottolinea che l’intesa è in linea sia con il Dpp italiano sia con il Piano di Azione dell’Accordo recentemente siglato dai Governi di Roma e Berlino. Si sta forse creando un nuovo asse della difesa tra Italia e Germania che si sovrapporrà a quello Parigi-Berlino?

Secondo me c’è tuttora un potenziale inespresso di cooperazione tra Italia e Germania. Sono due paesi per certi versi simili quanto approccio strategico — entrambi sono atlantisti ed europeisti e vogliono più autonomia strategica europea che sia sinergica e complementare con una Nato più forte. C’è anche una consonanza di vedute molto forte tra i due paesi. C’è anche una minore interazione, e comprensione reciproca, rispetto a un rapporto più consolidato come quello tra Regno Unito e Italia o quello tra Francia e Germania. Quindi è bene che si cooperi dove possibile a beneficio di entrambi: l’Italia in generale deve porre più attenzione ai rapporti bilaterali, sia con la Germania, sia con la Francia sia con il Regno Unito.

Bisognerebbe vedere rapporti bilaterali come mattoni per costruire un edificio più grande fondato sulla cooperazione tra i paesi core dell’Unione europea (Francia, Germania e Italia) e poi a proseguire con il format Pesco a quattro (che coinvolge questi tre paesi più la Spagna), andando in un crescendo verso il livello Ue su cui fare progetti in 27.

Qual è la via preferibile per l’Italia?

Si deve innescare un meccanismo virtuoso per cui l’Italia stringe più accordi bilaterali, perché è una modalità efficace di cooperare laddove c’è una convergenza specifica di interessi militari, visione politica e prospettiva industriale. Però mettendo a sistema il bilateralismo con dei formati mini-laterali (di piccoli gruppi di paesi affini) e con il formato multilaterale come Ue e Nato. È un esercizio complesso, senza dubbio, da gestire in modo dinamico: si evolvono i partenariati, però mi sembra la strada da seguire. Va ricordato che l’Italia ha anche “un Memorandum of Understanding” con il Regno Unito firmato durante il governo Meloni che fa un po’ ombrello alla cooperazione sul Gcap.

Dunque c’è una tendenza al bilateralismo che non riguarda soltanto l’Italia, ma diversi paesi europei. Ben venga assolutamente strutturare meglio il rapporto con la Germania.

Infine, l’adesione del nostro paese al Mgcs potrebbe riavvivare le ipotesi di convergenza dei due programmi di sistema di combattimento aereo del futuro, il franco-tedesco spagnolo Fcas e il Gcap di Regno Unito Italia e Giappone, già ventilate da tempo da analisti ed addetti ai lavori e qualche anno fa ritenuta anche da lei stesso l’ipotesi migliore.

Da un punto di vista di sfide e portata di investimenti nel velivolo di sesta generazione, qualche anno fa c’erano i motivi a favore di un consolidamento europeo con economie di scala degli investimenti. Secondo me ciò è superato adesso: il Gcap si è strutturato partendo dall’idea iniziale del Tempest — che vedeva Gran Bretagna, Italia e Svezia — in qualcosa di molto più ambizioso, molto più globale, in cui Italia, Regno Unito e Giappone stanno marciando a ritmo abbastanza spedito sulla parte militare, sulla governance con una certa ripartizione tra Leonardo, Bae Systems e Mitsubishi Heavy Industries.

Al tempo stesso, con difficoltà e ritardi, anche l’Fcas è andato avanti. C’è una forte volontà politica in quanto emblema della cooperazione franco-tedesca della difesa, sia con l’aggiunta di un altro piccolo partner (quello belga). A ritmi diversi e con ambizioni diverse, stanno marciando entrambi i programmi. Più marciano, più si strutturano, più è poi difficile una convergenza.

Tra l’altro il coinvolgimento del Giappone è un unicuum. Vedo qualche scricchiolio nell’Fcas perché la Francia non ha una tradizione, prassi ed esperienza di cooperazione più o meno alla pari con altri paesi europei in ambito aeronautico. Proviene da un’esperienza completamente nazionale (con i Rafale e Mirage), mentre la Germania ce l’ha, con la Gran Bretagna e l’Italia (con Tornado ed Eurofighter), ma non ce l’ha con la Francia. Inoltre Berlino acquisterà anche gli F-35 che sono gli stessi velivoli in linea nelle aeronautiche britannica e italiana e in una dozzina di paesi europei.

Non vedo pertanto una convergenza tra i due programmi, piuttosto vedo un’accelerazione sul lato del Gcap, un marciare più spedito rispetto all’Fcas.

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