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Leonardo-Finmeccanica e non solo, ecco come Aiad scortica banche, governo, Francia e Germania

L'approfondimento di Michele Arnese

 

Critiche alle banche. Bacchettate al governo. E un annuncio-timore: “Francia e Germania ci fanno la guerra”.

Non è stata un’audizione di prammatica quella di Aiad, l’associazione che riunisce e rappresenta 121 aziende della difesa, della sicurezza e dell’aerospazio.

Il segretario generale dell’associazione, Carlo Festucci, non ha usato giri di parole per analizzare e commentare i tagli decisi dal governo M5s-Lega in materia di difesa nella recente audizione, di cui ora c’è un resoconto sommario, oltre che per biasimare alcuni comportamenti degli istituti di credito e stimmatizzare le mire egemoniche di francesi e tedeschi nel settore della difesa.

Ecco numeri e commenti dispensati dai rappresentanti dell’associazione alla quale aderiscono anche Leonardo (ex Finmeccanica) e altre società del ramo come Oto Melara, Avio Aero, Thales Alenia Space, per citare solo quelle che hanno consiglieri nell’organo di vertice di Aiad.

ECCO COME AIAD ATTACCA ALCUNE BANCHE

“Sapete cosa fanno le banche? Si dichiarano etiche e non consentono il trasferimento del risultato commerciale, quindi dei pagamenti, alle aziende che fanno i contratti commerciali”. E’ quello che ha denunciato Festucci: “Noi siamo in un Paese dove il Ministero del Tesoro approva la vendita di un prodotto della difesa, che non è necessariamente offensivo, ma che ricade sotto la legge n. 185 del 1990, perché c’è una legge, che deve essere vista come la risonanza magnetica del settore, il cui fine è quello di fare sentire le persone tutelate da questa legge e che, invece, nell’accezione generale viene considerata come l’etichetta che dice che quel tipo di operazione commerciale è un’operazione da non sostenere”, ha stimmatizzato il segretario dell’associazione presieduta da Guido Crosetto (presidente onorario è Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo).

CHE COSA FANNO ALCUNE BANCHE

“Ebbene – secondo il segretario generale di Aiad – le banche si dichiarano etiche e non consentono il trasferimento del risultato commerciale, quindi dei pagamenti, alle aziende che fanno i contratti commerciali nell’ambito della legge n. 185. Ve ne cito una per tutte: un’azienda ha venduto in Egitto delle tute mimetiche di protezione NBC a tutela del soldato, quindi non c’è niente di offensivo, per 8 milioni, ma è stata bloccata perché le banche si dichiarano etiche. Se adesso in questo Paese c’è una cosa che non è etica, sono le banche, e credo di non doverne spiegare a nessuno la ragione. Come fa una banca a dichiararsi etica se c’è il bollino dello Stato, se il Ministero dell’economia attesta che questa è un’operazione garantita dal Governo”.

L’ATTACCO A FRANCIA E GERMANIA

Nel corso dell’audizione, Festucci è intervenuto anche sul nuovo capitolo del dossier Fincantieri-Stx. Su richiesta di Francia e Germania, la Commissione europea ha deciso di esaminare alla luce del regolamento sulle concentrazioni la proposta di acquisizione dei Chantiers de l’Atlantique da parte dell’azienda italiana. Una decisione che per Festucci è “singolare”. “In pochi si ricordano che, quando Fincantieri decise di acquistarla, Stx era posseduta dai coreani, e non da un’azienda europea”. Poi è arrivata la decisione di Parigi per la nazionalizzazione, fino all’accordo del settembre 2017 con cui si prevedeva il riscatto del 50% da parte Fincantieri, con l’aggiunta del prestito di un ulteriore 1% conferito dallo Stato francese. Con la nuova puntata, sembra chiaro un punto relativo alle questioni industriali, ha detto Festucci concludendo: “Francesi e tedeschi ci fanno la guerra”.

L’ALLARME DI FESTUCCI SULLA DIFESA EUROPEA

“Se possiamo immaginare oggi come sarà la difesa europea – ha aggiunto Festucci – questa poggerà su un’industria della difesa franco-tedesca (poteva esserci quella inglese, ma forse gli inglesi usciranno con la Brexit) e, se ci sarà una difesa franco-tedesca, i prodotti saranno franco-tedeschi, l’esportazione sarà franco-tedesca e noi faremo le cenerentole”.

IL DOSSIER CAMM-ER

“Se non facciamo il Camm-er, il nostro è un Paese che non avrà più una difesa. Questo non è un problema industriale. Questo è un problema del Paese”. Ha tuonato così Carlo Festucci, segretario generale dell’Aiad, la Federazione che riunisce le aziende italiane del comparto aerospazio, difesa e sicurezza, durante l’indagine conoscitiva presso la Commissione Difesa della Camera lo scorso 9 gennaio,. Interrogato sul tema della pianificazione dei sistemi di difesa e sulle prospettive della ricerca tecnologica, alla luce dei tagli previsti alla Difesa dalla legge di bilancio, il rappresentante dell’associazione che rappresenta le aziende del settore – in primis Leonardo-Finmeccanica – non si è risparmiato, come ha scritto Start. Mettendo l’accento in particolare sull’ancora incerto acquisto dei missili Camm.Er, prodotti da Mbda, società partecipata da Leonardo-Finmeccanica.

I TAGLI ALLA DIFESA

Dal bilancio sono stati sforbiciati “circa 580 milioni di euro sulla parte difesa e circa 180 milioni per quella che attiene al Mise”, ha detto il rappresentante Aiad nel corso dell’audizione, come emerge dal resoconto stenografico. Come ha puntualizzato Festucci, questo significa tagliare i programmi e tra quelli a rischio c’è proprio il programma Camm.er (Common Anti-air Modular Missile Extended Range) nuovo sistema di difesa aerea  realizzato congiuntamente da britannici e italiani. A fabbricare i sistemi d’arma dovrebbe essere Mbda, società leader nella missilistica, controllata dai tre maggiori azionisti nel settore aeronautico e della difesa: Bae System (37,5%), Airbus Group (37,5 %) e Leonardo-Finmeccanica (25%).

E UN PROGRAMMA DIVENTATO INCERTO

Tuttavia, a inizio ottobre il governo gialloverde ha ritirato lo schema di decreto ministeriale della Difesa di approvazione del programma Camm.er. Come ha ricordato di recente Start Magazine, “il programma era stato varato dal governo Gentiloni, il decreto fa riferimento a un programma pluriennale di ammodernamento militare approvato nel 2017: prevede la spesa di 545 milioni entro il 2031”.

CAMM.ER ESIGENZA OGGETTIVA

Ecco dunque che l’esecutivo Conte ha deciso di ritirare il provvedimento e procedere con una serie di approfondimenti sul dm. Ma non si tratta soltanto di tagliare dei costi al bilancio, in quanto “c’è un problema oggettivo di esigenza”.  Il segretario generale dell’Aiad ha ricordato che infatti che “nel 2021, tutti i missili per la difesa terra-aria arriveranno al termine del loro impiego, scadranno”. Il riferimento è agli attuali missili Aspide, ormai in servizio da 40 anni e che avrebbero palesato “gravi problemi di obsolescenza, soprattutto per la componente ‘attuatori’”. Da qui l’esigenza di una nuova arma aerea. “Se non rispondiamo a quest’esigenza e se non mettiamo l’industria in condizione di rispondere all’esigenza della nostra Forza armata e alle esigenze del Paese, non è che all’ultimo momento queste cose si inventeranno. Ci vorranno anni per poi arrivare a risolvere questi problemi”.

L’IMPORTANZA DEL PROGRAMMA

Convinto dell’importanza strategica del programma Camm.er per l’Italia è anche Gianandrea Gaiaini, direttore di AnalisiDifesa. “Il programma avrebbe un impatto positivo in termini tecnologici e occupazionali coinvolgendo gli stabilimenti di Mbda Italia ma anche quelli di Avio per lo sviluppo e produzione del motore del missile e Leonardo per il radar Kronos”.

IL RISCHIO PER L’ITALIA E PER UN SETTORE STRATEGICO

In questo momento rinunciare dunque a un programma che ci vede protagonisti insieme al Regno Unito “è un problema serio, perché, se noi non partecipiamo ai programmi europei, non giocheremo sui tavoli dove si discuteranno le grandi strategie” avverte Festucci. “Quello che auspichiamo è che, invece, su questo, che è un comparto strategico per l’Italia, per giocare un ruolo importante in Europa, per l’export eccetera, non vi sia più questo atteggiamento” disfattista. Partecipare ai programmi internazionali è fondamentale “soprattutto per le piccole e medie imprese”, dal momento che “non avere queste risorse significherà permettere che siano decimate. E se noi decimiamo la nostra supply chain, che è una supply chain di eccellenza, togliamo la flessibilità alla grande impresa, perdiamo queste capacità occupazionali significative e facciamo un danno a un settore come il nostro che, insisto, è strategico”.

DOSSIER INVESTIMENTI

Gli investimenti servono non solo a livello nazionale: anche a livello europeo (con il Fondo europeo per la Difesa, Edf) saranno indispensabili – ha sottolineato Festucci – “non solo le alleanze industriali, ma anche e soprattutto i fondi”, in un comparto, ha spiegato Festucci, che è “l’unico di altissimo livello rimasto in Italia, dove genera un elevatissimo reddito e occupa molti dipendenti di elevate capacità”.

IL GRIDO DI ALLARME DI AIAD

“Abbiamo perso la chimica, l’elettronica e la siderurgia – ha ricordato Festucci – l’industria della difesa resta l’unico grande settore in grado di esprimere altissima tecnologia”. Un settore tra l’altro capace “di generare un ritorno di almeno 2,5 euro per ogni euro investito”.

LE CARATTERISTICHE DEL SETTORE

Un comparto, ha aggiunto, “che impegna un’occupazione di altissimo livello e qualità: sono tutti ingegneri e tecnici”. D’altra parte, il settore è caratterizzato da un altro numero di piccole e medie imprese, e proprio queste – ha notato Festucci – risentiranno di più nel caso di un ridimensionamento del settore. “Non avere le risorse necessarie significherà decimare la supply chain, levando flessibilità alle grandi imprese e danneggiando l’intero comparto”. (QUI IL VIDEO COMPLETO DELL’AUDIZIONE)

CHE COSA SI LEGGE NEL DOCUMENTO PROGRAMMATICO

E’ lo stesso Documento pluriennale programmatico (Dpp) a far emergere che circa l’80% della totalità degli stanziamenti è concentrata dal 2027 in poi, il che rende praticamente impossibile far partire oggi tutta una serie di programmi che, invece, sono prioritari e che non sono più dilazionabili per la conclamata obsolescenza di sistemi d’arma e tecnologici in servizio presso le Forze Armate, e senza dimenticare che per il 2020 la voce investimenti del bilancio ordinario sarà pari a 2,265,4 miliardi, circa il 130% in meno rispetto alla stessa voce del bilancio consolidato 2017, ha sottolineato l’analista del settore, Aurelio Giansiracusa.

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