Nessuno potrà mai dire con certezza se il ban storico dell’amministrazione di Donald Trump ai danni del colosso cinese Huawei rispondesse a effettive esigenze di sicurezza (difficile comunque crederlo, dato che moltissimi altri marchi cinesi sono tuttora liberi di circolare) oppure alla necessità di provare a levare di mezzo un agguerrito concorrente delle Big Tech americane.
IL BAN HUAWEI È SOLO UN RICORDO SBIADITO (PER HUAWEI)
Resta il fatto che, cinque anni dopo il ban, Huawei in Cina è il campione nazionale indiscusso, dando filo da torcere ad Apple e nel resto del mondo si difende più che egregiamente. I cinesi in meno di un lustro hanno dovuto rivoluzionare la filiera, non potendosi più affidare alla tecnologia statunitense, lato hardware e software.
LE MOSSE LATO HARDWARE
Sul fronte hardware i cambiamenti sono ancora in atto se si pensa alle ultime restrizioni varate dagli Usa e il fatto che il nuovissimo MateBook X Pro con processore Intel Core Ultra 7 e quello offerto a 2.499 euro per la presenza di un Intel Core Ultra 9 potrebbero essere uno degli ultimi Huawei ad avere sotto la scocca un Intel, dato che all’azienda statunitense (come pure a Qualcomm) sembra sia stata revocata la licenza commerciale che permetteva alle due aziende statunitensi di vendere chip al colosso cinese.
Ma i cinesi, un lustro dopo il ban di Trump che effettivamente aveva spiazzato Huawei, ora sono pronti a tutto, se si pensa che alcuni laptop presentano il chip HiSilicon Kirin 9006C e Huawei insieme a SMIC sta lavorando forte per incrementare la produzione di processori Kirin, necessaria per far fronte all’impennata di vendite dei nuovi smartphone. E c’è chi pensa che i cinesi stiano trattando anche con ARM, sulla scia dello Snapdragon X Elite.
E LE STRATEGIE LATO SOFTWARE
Lato software, il taglio del cordone ombelicale tra Huawei e gli Usa sarà ancora più imminente ed evidente. I dettagli sono stati resi noti durante la Huawei Developer Conference 2024, la conferenza per sviluppatori condotta dal presidente della multinazionale cinese Richard Yu Chengdong.
Dopo la prima mezz’ora di uno show interminabile, durato oltre tre ore è mezza, è stato alzato il velo su HarmonyOs Next, il primo sistema operativo proprietario che non si basa più su kernel Android.
TUTTE LE APP PER FARE A MENO DI GOOGLE
Per la verità HarmonyOs Next era già stato mostrato un anno fa, sempre durante la conferenza per gli sviluppatori. Ma il quadro è stato arricchito soltanto negli ultimi giorni e permette di valutare i progressi fatti dai cinesi nello sviluppo di una piattaforma operativa proprietaria.
La situazione emergenziale cui Huawei aveva dovuto far fronte dopo il ban di Trump era stato affidarsi a una “skin” del sistema operativo di Google, con frettolosa sparizione di tutte le app dell’ecosistema di Mountain View (quindi Chrome, Gmail, Maps, ecc), che potevano comunque essere scaricate ed emulate attraverso Gbox o Aurora Store. Alcune funzionano, altre crashano, altre, come Google Wallet, proprio non vogliono saperne di partire.
Pazienza. Perché in questi mesi Huawei le ha sostituite una a una con software proprietari: AppGallery ha preso il posto di PlayStore, Maps è diventato Petal Maps, Drive è stato sostituito con Cloud, Google con Petal Search, Meet con Meetime, Gmail con Petal Mail, Documenti di Google con Docs e via discorrendo.
Attenzione, non si tratta delle “solite cineserie” perché Huawei ha saputo fare di necessità virtù, sviluppando in diverse occasioni copie più che valide (come il browser che prende il posto di Chrome, risultando peraltro molto più leggero dell’originale). Anche se naturalmente, specie per un occidentale, essere costretto a fare a meno dell’ecosistema Google può essere fastidioso, dato che spesso il 99% della nostra vita virtuale ha luogo in quell’ecosistema, che conserva per noi cronologia dei siti visitati, dati biometrici, carte di credito, prenotazioni di alberghi, ecc…
WINDOWS E ANDROID ADDIO?
In Cina, invece, il nuovo sistema operativo si candida a diventare lo standard. Anche perché HarmonyOs Next non è destinato solo a smartphone, tablet e smartwatch, ma anche a laptop e PC. Il Dragone, che ha anche vietato l’uso di Windows (la Cina infatti rappresenta solo l’1,5% dei ricavi di Microsoft) sui computer governativi nel 2014 non è mai riuscito a trovare una alternativa interamente cucinata in casa, affidandosi finora a sistemi operativi basati su Linux. HarmonyOs Next si candida a essere il candidato per recidere tutti i legami, ormai visti come lacci e lacciuoli, con l’Occidente.
Chi fa da sé fa per tre, insomma. Ma lo scenario è tutt’altro che incoraggiante dato che riproduce, sul piano virtuale, la sempre più netta e pericolosa rottura tra Occidente e Oriente. Non solo: i cinesi hanno già in altri campi dimostrato di sapere fare a meno di noi, ma quanta tecnologia cinese c’è nelle mani (nelle tasche, nei computer, nelle scrivanie delle pubbliche amministrazioni…) di noi europei?