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La legge sullo spazio sarà un boomerang per le pmi?

La legge sullo spazio è "senz'altro una iniziativa attesa e dovuta", ma anche uno "strumento che potrebbe facilmente trasformarsi in un boomerang per l'economia spaziale nazionale", avverte il presidente di Asas. 

Alla fine, il disegno di legge sulle politiche spaziali e il sostegno all’industria del settore sarà portato in Consiglio dei ministri a marzo. Almeno è quanto ha affermato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, nell’informativa sui collegati alla legge di bilancio di mercoledì 31 gennaio. «Una delle questioni fondamentali che verrà affrontata -ha affermato il ministro- è quella relativa alla regolamentazione del sistema di autorizzazione delle attività spaziali condotte dagli operatori privati, prevedendo requisiti di capacità tecnica e professionale ed una valutazione preventiva del rischio connesso all’attività autorizzata e che si affiancherà ad un sistema di vigilanza continua delle attività spaziali nazionali».

«Un secondo tema su cui ricadrà la regolamentazione -ha seguitato Urso- è quello della responsabilità per danni causati nell’ambito di un’attività spaziale autorizzata, anche in considerazione dei potenziali rischi ad essa connessi, con particolare attenzione alla responsabilità dell’operatore autorizzato allo svolgimento di una attività spaziale e agli eventuali sistemi di garanzia assicurativa a copertura dell’importo risarcibile». E per finire: «Ulteriori aspetti attualmente in fase di approfondimento riguardano le misure da mettere in atto per consentire uno sviluppo del comparto industriale, delle attività di ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica”. Dopo il consolidamento degli anni precedenti il 2024, presentato dal governo come “l’anno dell’Italia nello spazio”, dovrà essere quello del decollo».

Dunque l’Italia si trova in un momento importante per il suo futuro. Perché, parallelamente allo sviluppo delle attività spaziali è necessario far affidamento a un complesso di norme che ne regolano il dinamismo e ne salvaguardano lo sviluppo. Sarà una legge, così come è stato anticipato, che farà riferimento allo Space Act europeo, al quale sta lavorando il commissario per il Mercato interno Thierry Breton e nel solco di un costante confronto con i principali interlocutori comunitari. Ma che non può confliggere con il corpus iuris spatialis costituito dai cinque trattati adottati nell’ambito del COPUOS, il Comitato delle Nazioni Unite per gli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico istituito nel dicembre 1958, al fine di disciplinare le attività degli Stati nello spazio.

In Italia, stante un documento del 2010 della (allora) ricercatrice dell’Istituto di Studi Giuridici Internazionali (ISGI) Valentina Mariani già si intravedeva la necessità di dotarsi di una legge spaziale nazionale perché il Paese aderisse correttamente agli obblighi internazionali contenuti nell’articolo VI dell’Outer Space Treaty, ma anche perché conveniva che «una legge spaziale nazionale è lo strumento più idoneo ad affrontare il ruolo emergente dei privati nelle attività spaziali».

Come però funzionano le cose nelle istituzioni del Bel Paese, il tempo è una variabile indipendente dalle necessità e i bisogni di una nazione che abbia voglia di correre e di competere sugli scenari internazionali.

Il motivo per cui è necessaria una regolamentazione del settore è sostanziale: tra tutti, emerge l’importanza di colmare una “lacuna nella legislazione italiana”, che metta al centro “gli operatori privati nell’attuale contesto globale. E da questo si vede la necessità che il legislatore sia solerte a proteggere e normare l’operatore provato sia esso una persona fisica o giuridica, che tenga conto dell’evoluzione dei privati “da fornitori di beni e servizi a operatori indipendenti”, che allinei “la disciplina delle attività spaziali in Italia a quella delle altre potenze spaziali, in particolare degli Stati membri dell’Ue” e che colmi la ”assenza di una competenza dell’Unione in materia di armonizzazione delle legislazioni spaziali nazionali”. Il linguaggio burocratese fin qui riportato -chi scrive se ne scusa con i Lettori- è la sintesi di numerosi scritti pubblicati al riguardo. Che fare?

Le attività spaziali si sono evolute in maniera rapidissima, inizialmente come dimostrazione di forza e di potenza militare, soprattutto durante il periodo della Guerra Fredda, poi come attività dai rilevanti benefici in campo tecnologico, scientifico e strategico. Ciò ha comportato, in primo luogo, l’aumento del numero degli Stati coinvolti nelle attività; e non secondariamente, si osserva l’affacciarsi di nuovi soggetti privati e organizzazioni internazionali.

Che cosa si aspetta Silvano Casini, presidente di Asas, l’associazione nata nel 2004 per promuovere e valorizzare le opportunità offerte dai servizi e dalle applicazioni spaziali, dalla nuova legge spaziale italiana? «La legge spaziale nazionale più volte annunciata dal governo, di cui non sono a oggi noti i contenuti – risponde Casini – è senz’altro una iniziativa attesa e dovuta, per allineare l’Italia ai doveri assunti in ambito internazionale. È però uno strumento che potrebbe facilmente trasformarsi in un boomerang per l’economia spaziale nazionale, se nascerà senza un preventivo e approfondito confronto con i tavoli industriali nazionali e segnatamente con quella parte del tessuto industriale costituito dalle piccole e medie imprese e dalle start-up, che rappresenta l’83% del settore manufatturiero spaziale italiano».

Aggiunge Casini: «Legiferare infatti sulla imposizione di requisiti tecnici e professionali cui subordinare autorizzazioni governative spaziali, costruire nuove procedure burocratiche e vincoli per l’operato delle aziende nazionali all’estero, rischia di imporre nuove insormontabili barriere all’ingresso e onerosità aggiuntive che potrebbero colpire e far uscire definitivamente dal mercato spaziale principalmente proprio le realtà più giovani, piccole e deboli (appunto le PMI e le start-up) del settore, che sono però quelle più innovative e protagoniste nei segmenti commerciali della catena del valore spaziale. È dunque cruciale e necessario che una tale disciplina sia ispirata a una politica industriale equa, equilibrata e tailorata ai requisiti, alle esigenze e alle capacità di tutte le industrie del settore spaziale italiano, attraverso un confronto e un dialogo trasparente con le tipologie di aziende operanti lungo l’intera catena del valore. Dialogo che, fino ad oggi, non è stato avviato».

E’ un tema di estrema delicatezza perché quella che ha vantato di essere per secoli la Patria del Diritto, potrebbe splendere di una luce propria con una legge che rappresenti un riferimento per tutti i paesi che ancora non hanno formulato una posizione di governance su quello che sarà il futuro dell’umanità. Occorre però essere attenti nelle conclusioni e rapidi nel varo del dispositivo. Perché l’orologio implacabile della competizione si muove per tutti. E l’Italia non deve restare indietro.

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