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Esa Juice

Juice, perché è stato rimandato il lancio della missione Esa verso Giove

Rinvio di un giorno per Juice, la missione dell'Agenzia spaziale europea (Esa) destinata all’esplorazione di tre satelliti naturali di Giove. L'articolo di Enrico Ferrone

Rinvio di un giorno — sembra uno solo — per Juice.

Il cielo sul cosmodromo di Kourou oggi è pieno di nubi e il rischio che un fulmine possa colpire l’Ariane V è troppo elevato. Niente di grave. Non si dovranno svuotare i serbatori, se l’interruzione durerà solo 24 ore. Un giorno di lontananza da casa in più per tutti coloro che sono partiti per la Guyana francese, ma chi fa questo mestiere sa che c’è sempre un’incognita dietro l’angolo. Questa volta a meno di dieci minuti dal “go”!

La missione dell’Agenzia spaziale europea (Esa) destinata all’esplorazione di tre satelliti naturali di Giove, il più grande pianeta del sistema solare partirà un po’ in ritardo ma partirà e poi il quinto globo in ordine di distanza dal Sole, che ha un diametro di circa 11 volte quello terrestre, svelerà molti dei suoi misteri.

Babilonesi, greci e romani lo adoravano come il re degli dei, ma poi sarà Galileo nel 1610 a osservarne con la scienza a sua disposizione la più profonda periferia con la definizione di quattro dei suoi satelliti orbitanti attorno al gigante: Io, Europa, Ganimede e Callisto, che sarebbero diventate le “lune medicee”.

E l’Ariane V VA260 su cui è imbarcato il programma europeo andrà proprio lassù. Un viaggio lungo che vedrà Juice attraversare l’immenso oceano spaziale in un’apparente deriva, ma con un ordine preciso: agganciare Giove e poi, dopo essersi liberato dalla mostruosa attrazione gravitazionale, circondare Ganimede, il maggiore dei satelliti naturali e dimensionalmente ancor più grande del pianeta Mercurio. La sua massa è composta da silicati e ghiaccio d’acqua — due elementi che possono far supporre una vita biologica primordiale — con un nucleo di ferro fuso che sostiene movimenti convettivi in grado di generare un campo magnetico proprio. Un corpo con molte caratteristiche interessanti per la Terra. Pertanto Juice sarà un test fondamentale sia per le politiche esplorative che l’umanità si prefigge da anni, che per la conoscenza della Terra, della sua evoluzione e di tanti meccanismi fisici e chimici che necessitano delle verifiche sperimentali. Si dovrà aver la pazienza di attendere otto primavere per il solo arrivo alla prima destinazione e poi altri tre anni per eseguire le valutazioni di progetto.

Per la comunità scientifica non è la prima visita al pianeta sovrano: l’esplorazione attraverso sonde automatiche è iniziata nel 1973 con la sonda Pioneer 10, seguita l’anno dopo da Pioneer 11 e proseguita con Voyager 1 e Voyager 2, apportando grosse quote di conoscenza all’umanità sulla composizione e evoluzione del pianeta, svelando la sua natura gassosa e decisamente inospitale per una qualsiasi esplorazione umana. Non così, può darsi, in un futuro per adesso assai lontano, per una visita dei suoi satelliti. Ammesso che si riesca a risolvere il grande problema di sopravvivenza all’elevato quantitativo di radiazioni ivi presente, intrappolate dalla magnetosfera del pianeta, così come rilevato dalla sonda Galileo, nei suoi sette anni di orbitazione a partire dal 1995.

Ora però meritano attenzione alcuni dettagli della missione Juice.

C’è molta Italia in questo programma. Non è per una spacconeria provinciale che ci fa avventurare nelle pieghe di questo argomento in merito alla prima sonda artificiale che orbiterà attorno a Ganimede. Sull’astronave in viaggio verso Giove sono stati installati un’apparecchiatura di telecomunicazioni e dieci strumenti scientifici che ci daranno preziose risposte. Rivendicare la nazionalità di alcuni dispositivi è più di un valore campanilistico ma la dimostrazione di disporre di una tecnologia di altissimo livello, adeguata a una nazione avanzata che a sua volta rivendica di contare più di quanto in taluni contorni viene considerata. Evitiamo di scarnificare i sensori: perché la particolarità di questo programma è proprio che si è progettata una sinergia tra tutte le apparecchiature assemblate. L’indagine è molto scrupolosa. Osservare e esaminare il suolo di un satellite -ma potremmo parlare di un piccolo pianeta, come si diceva- che dagli studi effettuati negli scorsi anni ha tutte le caratteristiche di poter essere abitabile. Pertanto la decodifica dei dati sarà uno strumento prezioso per la conoscenza della biologia e dell’evoluzione della specie.

Non è fantascienza. È l’applicazione razionale di una ricerca che viene da lontano, con investimenti importanti in una tecnologia abilitante che poi ha risvolti scientifici e commerciali per tutti noi abitanti della Terra. Ovviamente le scelte progettuali sono molto spinte ma è proprio questa necessità di superare l’insuperabile che alla fine porta a soluzioni razionalizzabili ad applicazioni della quotidianità. È quanto emerso dalla discussione tenutasi in attesa dei collegamenti dalla base tra scienziati, manager e tecnici, dal grande auditorium messo a disposizione dell’Agenzia Spaziale Italiana a Tor Vergata, Roma.

Juice è un programma importante: figlio evoluto di quella straordinaria missione Cassini-Huygens che ha viaggiato dal 1997 per sette anni verso Saturno e di Rosetta, partita nel 2004 e approdata nel 2014 sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Programmi che hanno segnato la storia dell’esplorazione spaziale e tutti dotati di un gran numero di apparecchiature italiane.

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