Cambiato il vento in America con il ritorno di Trump, c’è chi gongola ma anche chi corre ai ripari. In questo caso Meta, che sceglie di sostituire con un repubblicano di ferro il suo capo delle politiche globali, mandando a casa l’ex vicepremier britannico Nick Clegg e nominando al suo posto il suo vice Joel Kaplan.
CHI E’ KAPLAN, INGAGGIATO DA META
Laureato alla Harvard Law School, Kaplan esordisce come collaboratore del leggendario giudice conservatore della Corte Suprema Antonin Scalia.
Risale al 2006 la nomina che lo proietta definitivamente sulla scena nazionale, quella a vice capo di gabinetto del presidente George W. Bush, incarico che ricopre fino al termine del secondo mandato di Bush.
IL SALTO DI KAPLAN IN FACEBOOK E GLI SCONTRI IN META
Due anni dopo l’uscita di scena di Bush Kaplan entra in Facebook su raccomandazione di una potente amica come la Coo della stessa Facebook Sheryl Sandberg.
Nel gruppo di Zuckerberg, Kaplan ricopriva fino a ieri il ruolo di vicepresidente delle politiche pubbliche globali, posizione che, scrive il Financial Times, lo ha portato principalmente a coltivare relazioni tra la compagnia e il Partito repubblicano.
Dentro quella che anni dopo sarebbe diventata Meta, ricorda il New York Times, la convivenza è difficile tra un contesto generalmente progressista e le idee e le posizioni di Kaplan, che spesso fanno rumore.
Lo scontro fra Kaplan e gli altri collaboratori di Meta si fa aperto nel 2018, quando diventa un fervente sostenitore della nomina a giudice della Corte Suprema di una figura controversa come quella di Brett Kavanaugh, la cui conferma da parte del Congresso fece esplodere un caso che vide Kaplan tra i protagonisti.
CAMPIONE DEL FREE SPEECH
Come rammenta Semafor, quel che rese ancora più anomala la presenza di Kaplan in Meta fu la sua continua opposizione alle politiche restrittive della libertà di espressione, da lui considerate come una forma di censura che colpisce in modo sproporzionato le voci conservatrici.
Sta di fatto che proprio per questo motivo fu accusato internamente di favorire esponenti repubblicani concedendo loro, come osserva Reuters, eccezioni alle regole “solo per renderli felici”.
LA LUNGA MARCIA VERSO TRUMP
La nomina di Kaplan da parte di Meta non può sorprendere alla luce del particolare momento in cui avviene, ossia alla vigilia dell’insediamento di un presidente come Trump con cui i rapporti sono stati un tempo pessimi.
Ci ha pensato del resto lo stesso Zuckerberg a rammendare le relazioni con The Donald, clamorosamente bannato dalla sua piattaforma quattro anni fa, andandolo a trovare nella sua residenza di Mar-a-Lago in Florida.
LA TENDENZA GENERALE
Del resto non è il solo Zuck a coccolare in questo momento il nuovo capo della Casa Bianca. Dentro BigTech, anzi, è tutto un fermento filotrumpiano, espresso anche in modo materiale da figure come il patron di Amazon Jeff Bezos, Sam Altman di OpenAI, Tim Cook di Apple, il Ceo e il fondatore di Google Sundar Pichai e Sergey Brin.
Più o meno tutti hanno reso omaggio al nuovo presidente presentandosi a Mar-a-Lago, mentre Zuckerberg e Bezos hanno addirittura effettuato generose donazioni per l’organizzazione dell’inaugurazione di Trump il 20 gennaio.
IL COMMENTO DELL’ANALISTA ARESU
Ha commentato su X l’analista Alessandro Aresu, consigliere scientifico di Limes e autore del recente saggio “Geopolitica dell’Intelligenza artificiale“: “L’uscita di Nick Clegg da Meta e la sua sostituzione col vice Joel Kaplan, già nell’amministrazione Bush, è l’ennesimo passaggio dello spostamento politico del potere tecnologico negli Stati Uniti. icordiamo che Mark Zuckerberg, più volte deriso da Trump, ha avuto per il presidente eletto solo parole di elogio (anche chiamandolo “badass” dopo l’attentato), condite da avvicinamenti e finanziamenti. Lontano è il momento in cui Palmer Luckey venne licenziato da Facebook per le accuse di attivismo pro Trump. Arriverà anche il momento in cui Zuckerberg chiederà scusa a Luckey e si abbracceranno “in nome della sicurezza nazionale”, o cose simil”.