C’è chi sostiene che Tim Cook, numero 1 di Apple, sia stato messo spalle al muro da Donald Trump e che l‘investimento monstre da 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni con la realizzazione di 20mila assunzioni sia stata di fatto estorto alla Big Tech dalla Casa Bianca. Impossibile averne conferma, ma con il passare delle ore è senz’altro emerso che il conto che il nuovo presidente Usa potrebbe presentare a Cupertino rischia di essere assai più salato dato che i dazi appena varati vanno a colpire proprio la filiera dei prodotti della Mela morsicata.
LA CASA BIANCA MORSICA APPLE
Per l’amministrazione Trump però non si tratta di problemi reali: è sufficiente fare i bagagli e spostare la produzione negli States. Durante un briefing con la stampa, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato che il presidente “crede assolutamente” nella capacità degli Stati Uniti di realizzare i dispositivi Apple internamente.
DALLA CINA ALL’INDIA
Sebbene nell’ultimo periodo Apple, temendo una guerra commerciale tra Washington e Pechino, abbia iniziato in effetti a traslocare molte attività dalla Cina, non avrebbe comunque preso in considerazione l’ipotesi di produrre iPhone “made in Usa”, con buona pace di ciò che si augura la Casa Bianca, preferendo invece puntare sull’India, anch’essa colpita dai dazi trumpiani.
QUANTO COSTERANNO GLI IPHONE COI DAZI?
La maggior parte degli iPhone è ancora realizzata in Cina, che è stata colpita da dazi record del 104%, dopo che nelle ultime ore il presidente statunitense ha raddoppiato la misura iniziale del 54%. Se queste imposte dovessero persistere, annotano da Reuters, Apple dovrà decidere se assorbire la spesa extra erodendo ogni margine o scaricarla sui clienti. Aumentando vertiginosamente i listini dei suoi device.
L’iPhone 16 che negli Usa costa 799 dollari, coi dazi al 54 per cento potrebbe arrivare a costare fino a 1.142 dollari, secondo i calcoli basati sulle proiezioni degli analisti di Rosenblatt Securities che hanno preso in considerazione un aumento cioè del 43%. Guardando invece all’iPhone 16 Pro Max, ovvero il top di gamma, attualmente venduto a 1599 dollari, il device potrebbe arrivare a costare quasi 2300 dollari se ai consumatori venisse applicato un analogo aumento aumento del 43%. L’iPhone 16e, lanciato a febbraio a 599 dollari, potrebbe raggiungere gli 856. E si tratta di proiezioni già superate, che andrebbero ulteriormente aggiornate – di fatto raddoppiate -, dato l’ultimo intervento di Trump che ha portato le imposte a una percentuale a tre cifre.
COSA DICEVA TIM COOK SULLA CINA
Secondo una vecchia dichiarazione del numero 1 di Apple, si farebbe troppa demagogia sui device “made in China” della Mela morsicata: “C’è molta disinformazione su questo punto” aveva dichiarato tempo fa Tim Cook. “L’opinione comune – aveva spiegato – è che le aziende vadano in Cina per il basso costo del lavoro. Non so in quale parte della Cina si guardi, ma la verità è che la Cina ha smesso da anni di essere un Paese a basso costo del lavoro. Il motivo è un altro: le competenze”. Cook era stato particolarmente brutale nell’evidenziare il problema americano: “Negli Stati Uniti potremmo forse riempire una stanza con ingegneri specializzati nei device. In Cina si possono riempire campi da football. Il livello di specializzazione professionale è enorme”.
Peraltro una dichiarazione affine è quella espressa in tempi assai più recenti e in tutt’altro campo – quello dell’auto – da Luca de Meo, amministratore delegato di Renault, che al quotidiano cinese China Daily parlando infatti della necessità di realizzare in due anni una elettrica low cost, al momento chimera per qualunque Casa occidentale intenda opporsi alla baldanza cinese, ha rivelato: “Quando ho proposto l’idea al mio team in Francia, mi hanno detto che era impossibile”, Quindi ha aggiunto: “Ma in Cina, gli ingegneri mi hanno risposto: ‘Nessun problema’.”
GLI IPHONE MADE IN USA? COSTEREBBERO COMUNQUE TROPPO
E poi c’è un altro problema, legato appunto ai costi di realizzazione. Laura Martin di Needham ha commentato su CNBC: “Un iPhone made in USA potrebbe arrivare a costare 3.500 dollari.” Sulla stessa lunghezza d’onda Dan Ives di Wedbush. Gli analisti sostengono che oggigiorno l’azienda abbia un elenco di fornitori lungo 27 pagine, distribuiti in oltre 50 Paesi. Difficile farne tabula rasa e trovare negli Usa aziende pronte a soddisfare requisiti tanto specifici. Senza contare i minerali rari provenienti da 79 Stati, molti dei quali nemmeno reperibili negli Stati Uniti. Impossibile, insomma, far rientrare l’intera produzione di Apple nei confini statunitensi, specie con uno schiocco di dita, come però vorrebbe la Casa Bianca.