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Semiconduttori

Perché il Wall Street Journal trumpeggia su Intel e non solo per i chip cinesi

Un'inchiesta del Wall Street Journal ha svelato gli enormi flussi di investimento di gruppi americani in aziende cinesi che producono chip. La ricerca di profitto sta danneggiando la sicurezza nazionale? Tutti i dettagli

 

Secondo il Wall Street Journal, alcune aziende statunitensi e le divisioni a loro affiliate in Cina stanno aumentando gli investimenti nelle società cinesi che realizzano semiconduttori. Così facendo – spiega il quotidiano – stanno aiutando Pechino a contare di più nell’industria dei microchip e danneggiando le capacità di Washington di mantenere il primato in una tecnologia di importanza cruciale.

58 ACCORDI IN QUATTRO ANNI

Stando all’inchiesta del Wall Street Journal, dal 2017 al 2020 alcuni fondi americani di venture capital, assieme a grosse aziende del settore dei chip e ad altri investitori privati hanno partecipato a cinquantotto accordi di investimenti nell’industria cinese dei semiconduttori. Si tratta di un numero grande più del doppio di quello registrato nei quattro anni precedenti al periodo in questione.

IL RUOLO DI INTEL…

Tra gli investitori più attivi c’è Intel, che ha finanziato un’azienda cinese chiamata Primarius Technologies che si occupa di macchinari per la progettazione dei chip. Mentre la manifattura concreta dei semiconduttori si concentra perlopiù a Taiwan e in Corea del sud, gli Stati Uniti rivestono un peso fondamentale nella fase di design di questi dispositivi.

…E DEI FONDI CALIFORNIANI DI VENTURE CAPITAL

Oltre a Intel, ci sono diverse società di venture capital con sede in California – Sequoia Capital, Lightspeed Venture, Matrix Partners e Redpoint Ventures – che dall’inizio del 2020 hanno realizzato almeno sessantasette investimenti in startup cinesi che si occupano di chip. Le somme investite non sono chiare, ma i giri di finanziamento a cui hanno partecipato hanno raccolto miliardi di dollari.

PROFITTO E GEOPOLITICA

“L’ondata di investimenti”, scrive il Wall Street Journal, “sta toccando un punto critico nella competizione tra gli Stati Uniti e la Cina per il dominio di tecnologie cruciali per la futura supremazia geopolitica. I semiconduttori sono alla base di tutto, dai telefoni cellulari alle auto all’intelligenza artificiale alle armi nucleari, e dall’anno scorso c’è carenza di scorte in tutto il mondo”.

COSA VUOLE FARE LA CASA BIANCA

Il gran numero di accordi tra aziende americane e cinesi ha creato un certo allarme nella politica americana, e anche l’amministrazione Biden ha detto di voler chiudere quelle “falle” nelle normative che permettono questo tipo di movimenti. A luglio il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan dichiarò che la Casa Bianca stava “esaminando l’impatto dei flussi di investimento in uscita dagli Stati Uniti che potrebbero eludere lo spirito dei controlli sulle esportazioni o migliorare la capacità tecnologica dei nostri concorrenti in modi che danneggiano la nostra sicurezza nazionale”.

Pechino, infatti, sta foraggiando i produttori nazionali di microchip con sussidi generosi con l’obiettivo di raggiungere l’autosufficienza nella loro progettazione e produzione di dispositivi avanzati.

LA DIFESA DI INTEL

In loro difesa, le società che hanno messo soldi in Cina sostengono che questi investimenti siano molto più piccoli di quelli effettuati in patria. Inter Capital – la divisione di venture capital di Intel – ha detto che gli investimenti in Cina rappresentano meno del 10 per cento degli accordi presenti nel loro portfolio globale.

Sequoia e Redpoint, invece, hanno voluto specificare che gli accordi stretti in Cina sono stati realizzati dalle loro divisioni locali, che sono indipendenti dalla sede centrale e possiedono fondi separati. Né Lightspeed né Matrix, invece, hanno rilasciato commento.

COSA FANNO GLI STATI UNITI SUI CHIP

Gli Stati Uniti stanno cercando di ostacolare i progressi della Cina sui chip: ad esempio, hanno imposto restrizioni più severe alle restrizioni di software, apparecchiature o tecnologie varie utilizzate per produrre chip. E stanno anche spendendo molto – nell’ordine dei miliardi di dollari – nelle capacità domestiche per mantenere e rafforzare il vantaggio competitivo americano.

UNA PROPOSTA BIPARTISAN

Due senatori, uno del Partito democratico (Bob Casey) e uno del Partito repubblicano (John Cornyn) stanno promuovendo una legge per introdurre dei meccanismi di monitoraggio degli investimenti americani e delle delocalizzazioni delle filiere critiche verso nazioni avversarie come la Cina e la Russia

In una nota, Casey afferma che “per troppo tempo gli interessi corporativi hanno dato la priorità ai loro profitti senza considerare l’economia americana in un senso più ampio o la nostra sicurezza nazionale”.

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