Abbiamo sopravvalutato l’intelligenza artificiale?
“Passo dopo passo, quasi impercettibilmente si è passati da una narrazione di un’AI che prende il sopravvento e distrugge l’umanità a una in cui svolge qualunque lavoro come e meglio di un uomo a una in cui produce molti errori”, ha scritto su Affari & Finanza di Repubblica Stefano Quintarelli, imprenditore nel settore dell’informatica ed ex-deputato, in un articolo dedicato al mutamento delle opinioni sulle capacità dell’intelligenza artificiale da parte degli stessi capi azienda che stanno investendo grosse cifre in questa tecnologia.
DALLA DISTRUZIONE DELL’UMANITÀ AI LIMITI DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Da una narrazione catastrofistica, secondo la quale l’intelligenza artificiale sarebbe in grado di distruggere l’umanità (era il pensiero del 42 per cento degli amministratori delegati intervistati al Yale CEO Summit del giugno 2023), infatti, si è presto passati a raccontare le possibilità di replicare o superare l’intelligenza umana (è questa la visione di Mark Zuckerberg, ma non solo) e infine a sottolineare i limiti di questa tecnologia.
Secondo Tomaso Poggio, co-direttore del Center for Brains, Minds and Machines del MIT, l’intelligenza artificiale è “una tecnologia potente” ma che non può fare a meno degli esseri umani, forse nemmeno nel lungo termine. “Le applicazioni dell’intelligenza artificiale avranno bisogno di ‘supervisori’”, dice; “per un periodo transitorio molto lungo ci sarà bisogno di un avvocato, un giornalista, un medico che si affianchi alle macchine, per evitare che succedano disastri, e per sfruttarne al meglio le potenzialità”.
LA GUIDA AUTONOMA (MA ASSISTITA DA REMOTO)
Nemmeno applicazioni circoscritte come la guida autonoma sono totalmente slegate dal controllo umano: Waymo, azienda del gruppo Alphabet, ha ricordato recentemente come i suoi veicoli autonomi in circolazione nelle città di San Francisco, Phoenix, Los Angeles e Austin vengono assistiti da remoto da personale umano per ricevere “informazioni ulteriori per contestualizzare l’ambiente” quando si imbattono in una “situazione particolare sulla strada”.
I COSTI PER LE IMPRESE
Nell’articolo, Quintarelli evidenzia anche i costi di introduzione, gestione e correzione – “generalmente sottovalutati”, scrive – dell’intelligenza artificiale nelle imprese, che possono risultare troppo elevati per le aziende di piccole e medie dimensioni “tipiche del tessuto imprenditoriale italiano”.
CI SERVE L’IA “NOIOSA”
Secondo Quintarelli, rispetto all’intelligenza artificiale generativa – ossia quei sistemi capaci di generare testo, immagini e video sulla base delle indicazioni ricevute -, sarebbe più utile favorire l’adozione nelle imprese della cosiddetta “AI noiosa”: vale a dire tutte quelle applicazioni basate sull’intelligenza artificiale che permettono di efficientare i processi aziendali e produttivi, di ridurre le scorte e gli sprechi e di effettuare manutenzioni predittive.
Quintarelli propone dunque di aiutare le piccole e medie imprese “a conoscere le potenzialità della tecnologia, a relazionarsi con i numerosi centri accademici e di ricerca altamente qualificati che ci sono in Italia”.