La società statunitense di semiconduttori Intel ha fatto sapere di aver abbandonato i progetti per l’apertura di fabbriche in Germania e in Polonia, già messi in pausa lo scorso settembre.
La decisione rientra nel disegno del nuovo amministratore delegato Lip-Bu Tan, in carica da marzo, per risollevare l’azienda dalla crisi; una crisi dovuta anche al fallimento del piano di potenziamento della divisione manifatturiera ideato dall’ex-amministratore delegato Pat Gelsinger: le spese di attuazione sono state ingenti ma i contratti firmati pochi, il flusso di cassa ne ha risentito e alla fine Intel ha dovuto annunciare un programma di riduzione dei costi che prevede il licenziamento del 15 per cento della sua forza-lavoro.
COME È ANDATO IL SECONDO TRIMESTRE DEL 2025 PER INTEL
Il secondo trimestre del 2025 si è concluso meglio del previsto per Intel, nel senso che le entrate, da 12,9 miliardi di dollari, hanno superato le aspettative del mercato – ferme a 11,9 miliardi – però non sono cresciute rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La società, inoltre, ha fornito delle previsioni sulle entrate nel terzo trimestre al di sopra delle stime degli osservatori: 12,6-13,6 miliardi di dollari contro 12,6 miliardi.
D’altra parte, Intel stessa ha spiegato che i relativamente buoni numeri delle entrate sono legati in parte all’aumento degli ordini dei clienti in previsione di nuovi dazi commerciali da parte della Casa Bianca. Nel secondo trimestre, poi, la società ha riportato una perdita di 2,9 miliardi, con l’utile netto crollato dell’81 per cento su base annua.
LE AZIONI
Giovedì, nell’after-hours, le azioni di Intel sono scese del 4,6 per cento.
Dall’inizio dell’anno il titolo è cresciuto di circa il 13 per cento – merito anche della nomina di un nuovo amministratore delegato -, ma rimangono comunque inferiori del 30 per cento su base annua date le grosse perdite riportate nel 2024.
IL PIANO “TRUMPIANO” DI LIP-BU TAN
Lip-Bu Tan ha detto di voler realizzare un “cambiamento culturale” e promesso di tagliare i vincoli burocratici che hanno ostacolato la capacità di Intel, un tempo il peso massimo assoluto nel suo settore, di innovare: la società, in effetti, non si è dimostrata in grado di cavalcare l’onda dell’intelligenza artificiale che invece ha fatto la fortuna di altri chipmaker, a partire da Nvidia.
Riferendosi alla cancellazione delle fabbriche in Europa e al rallentamento dei lavori allo stabilimento in Ohio, negli Stati Uniti, Tan ha spiegato che Intel adotterà un “approccio fondamentalmente diverso” alle sue attività manifatturiere, ma non sembra essere intenzionato a venderle.
John Pitzer, vicepresidente dell’unità dedicata alle relazioni con gli investitori, ha detto che il ridimensionamento dei progetti manifatturieri all’estero significa che Intel sta “concentrando maggiormente i suoi investimenti negli Stati Uniti”, allineandosi all’agenda del presidente Donald Trump.
Intel, tra l’altro, è considerata rilevante per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, essendo una delle poche aziende americane attive sia nella progettazione che nella fabbricazione di semiconduttori. Se la società dovesse riuscire a potenziare le sue capacità manifatturiere, potrebbe aiutare a ridurre la dipendenza americana dai produttori esteri, in particolare dalla compagnia taiwanese Tsmc.
NUOVE TECNOLOGIE
A questo proposito, Intel ha detto di essere pronta ad avviare entro l’anno la produzione su larga scala basata sulla sua ultima tecnologia manifatturiera, nota come 18A. Nei giorni scorsi ha però avvertito che potrebbe essere costretta ad abbandonare lo sviluppo della tecnologia di nuova generazione, la 14A, nel caso in cui non dovesse riuscire ad assicurarsi un “cliente esterno significativo” che garantisca un ritorno soddisfacente dell’investimento.