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C’è anche l’immigrazione dietro alle grandi innovazioni tecnologiche degli Usa

Il rapporto tra immigrazione e innovazione tecnologica è cruciale per comprendere il successo degli Stati Uniti nell'intelligenza artificiale e nella microelettronica. L'analisi di Alessandro Aresu.

Il rapporto tra immigrazione e capacità tecnologica statunitense e nordamericana è in effetti uno dei punti principali del mio ultimo libro, altrimenti il protagonista non sarebbe Jensen Huang. Riassumo solo alcuni esempi di questo nesso in un breve thread.

David K. Lam, una leggenda della Silicon Valley, fondatore di Lam Research (quotata al NASDAQ nel 1984), cruciale azienda per i macchinari dei semiconduttori. Una sintesi della sua storia in questo video commovente.

La storica avversaria degli inizi di NVIDIA, ATI Technologies (acquisita nel 2006 da AMD, oggi diretta da Lisa Su, nata ovviamente a Taiwan), è stata fondata da immigrati cinesi in Canada. Una storia sottovalutata ma molto rilevante. A giungere in Canada sono anche Ilya Sutskever e Alex Krizhevsky, gli allievi di Geoffrey Hinton di AlexNet. Come loro, storiche figure di OpenAI come Andrej Karpathy e Mira Murati. Il Nord America beneficia del talento in uscita dall’URSS e dall’Europa centro-orientale.

Ho dedicato nelle scorse settimane un thread a Hock Tan, il CEO di Broadcom di origine malese, azienda protagonista di una grande crescita nell’ultimo anno e ben posizionata nella supply chain elettronica. Tra i tanti CEO indiani negli USA, al di là dei più noti, non va trascurato Sanjay Mehrotra, che guida Micron in una fase importante, in cui l’azienda investe anche in India.

Qualche immagine da alcune delle conferenze sul mio libro. Da dove provengono gli studenti stranieri negli USA, anzitutto, perché oltre al “vertice”, c’è la forza dei numeri. Ormai l’India davanti alla Cina, che ha sempre numeri importanti.

Gli autori di “Attention is all you need”, lo storico paper di Google del 2017. A partire da Vaswani, un altro esempio della capacità di attrazione internazionale che alimenta le grandi imprese statunitensi.

Un’altra immagine che mostro spesso è un paper di ricerca di NVIDIA: ulteriore dimostrazione del ruolo cruciale del capitale umano asiatico nei laboratori aziendali che costituiscono la forza degli USA

Qui possiamo vedere Elon Musk con il team di xAI: la sua strategia per l’intelligenza artificiale e per i supercomputer dipendono, ancora una volta, dalla capacità di attrazione degli USA.

Naturalmente, la centralità dell’immigrazione per la forza tecnologica degli USA, come è prevedibile, non è priva di conflitti. Non è solo una sequela di storie di successo (che potrei continuare a lungo). Non lo era nemmeno prima dei conflitti tra Musk e il mondo MAGA.

Pensiamo, per esempio, alle cause degli asiatici americani che si sentono penalizzati dal sistema di ammissioni di alcune università. Oppure al funzionamento delle fabbriche di semiconduttori, dove è difficile sapere veramente quanti taiwanesi operino in Arizona per TSMC.

Poi, nel conflitto USA/Cina, si aggiungono preoccupazioni di sicurezza. Possiamo prevedere che la questione del nesso tra immigrazione e capacità tecnologica continuerà ad agitare il discorso pubblico degli USA. Senza che si trovi una facile soluzione, perché non esiste.

(post pubblicato su X)

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