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Bono Fincantieri

Il Tesoro sperona Fincantieri su Oto Melara di Leonardo?

Che cosa si dice e si mormora nei corridoi del ministero dell'Economia su un eventuale aumento di capitale di Fincantieri per l'acquisizione di Oto Melara da Leonardo

 

“Ma davvero abbiamo dato il via libera a un eventuale aumento di capitale di Fincantieri per l’operazione Oto Melara?”.

È la domanda che circola ai piani alti del ministero dell’Economia che seguono le partecipate e le controllate – direttamente o indirettamente – dello Stato, come appunto Fincantieri (controllata da Cdp Industria con il 71,32%).

Una domanda pleonastica, visto che la risposta è implicita: no, non c’è stato alcun ok di alcun tipo a ipotesi del genere, seppure il gruppo presieduto da Giampaolo Massolo e guidato dall’ad, Giuseppe Bono, ambisca da tempo ad allargare lo spettro del business con acquisizioni.

Non si tratta di una questione di vertici in bilico, visto che nell’arco di pochi mesi Bono scade e dunque sarebbe prematuro dare il via libera a una operazione caldeggiata fortemente dal numero uno di Fincantieri che ha sempre più il pallino — o la smania, bisbigliano i suoi critici, numerosi nelle stanze dei palazzi romani quanto i suoi fan — di allargare il business al settore militare tout court, come appunto Oto Melara di Leonardo.

Ma il Tesoro può dare il via libera – via Cdp – a un aumento di capitale di Fincantieri per un’operazione che di fatto prefigura una torsione del business di Fincantieri dalla cantieristica – civile e militare – verso il puro militare visto che Oto Melara e Wass producono rispettivamente cannoni navali e siluri: dal 2016 fanno parte entrambe della divisione Sistemi di difesa di Leonardo. Il giro d’affari della divisione è di circa 550 milioni di euro.

In particolare, Oto Melara produce il cannone più diffuso sulle navi da guerra di tutto il mondo: il 76/62 acquistato dalle flotte di ben 53 Paesi, incluse quella francese e tedesca. Inoltre la società ha sviluppato la tecnologia “Vulcano” che rende i proiettili di artiglieria molto simili a missili, con una guida autonoma nella traiettoria finale e un raggio d’azione aumentato.

Nel 1985 l’azienda spezzina è entrata a far parte di un consorzio paritetico con l’Iveco, formando l’attuale Cio Iveco-Oto Melara, capofila dell’industria negli armamenti terrestri.

Ed è proprio per questo che alla controllata di Leonardo guarda anche la tedesca Rheinmetall, come ha spiegato in audizione nelle commissioni Difesa e Attività produttive della Camera l’ad di Rheinmetall Italia, Alessandro Ercolani, che punta a una collaborazione industriale.

La strategia di Rheinmetall Italia riguarda infatti la creazione di un nuovo Cio, consorzio armamenti terrestri che comprenda al 33% Rheinmetall, con l’obiettivo di partecipare ai programmi dei nuovi carri armati (Aifv e Mgcs).

L’offerta di Fincantieri include infatti in maniera informale Rheinmetall. In caso di aggiudicazione dell’ex Oto Melara, il gruppo cantieristico guidato da Giuseppe Bono avrà bisogno di un partner terrestre e quello non può che essere Rheinmetall dal momento che stanno comprando insieme la tedesca Tkms che costruisce sottomarini e navi di superfici.

Mossa quest’ultima che sottolinea ancora una volta la virata verso il business militare per Fincantieri. E Bono non ha mai fatto mistero di perseguire il consolidamento dell’industria europea della difesa, con un ruolo da leone per il gruppo di Trieste nel navale.

D’altronde, le contrarietà del Mef ammantate da interrogativi erano indirettamente presenti giorni fa in poche righe di un ampio articolo di Gianni Dragoni del Sole 24 Ore. “Cdp non ha fatto alcuna valutazione di una simile operazione, che non sembra rientri tra gli obiettivi del piano industriale di Scannapieco, che enfatizza gli investimenti Esg”, ha sottolineato Dragoni.

A metà dicembre Reuters e Bloomberg riferivano che il gruppo guidato da Bono gode del sostegno del suo maggiore azionista – Cdp – per un aumento di capitale che gli consentirebbe di presentare un’offerta per la cessione dell’ex Oto Melara e Wass.

Secondo Bloomberg, “Cdp è disposta a partecipare a un aumento di capitale fino a 700 milioni di euro per Fincantieri”.

Eppure il Sole 24 Ore non ne è così convinto.

Piuttosto, il focus di Cdp sarebbe quindi più sugli investimenti Esg (environmental, social and governance). Nel frattempo, proprio la scorsa settimana Leonardo ha sottoscritto, con un club di banche nazionali e internazionali, una a linea di credito Term Loan Esg-linked di importo pari a 600 milioni, con una durata di 5 anni e con scadenza ad inizio 2027, finalizzata al rimborso di un prestito obbligazionario in scadenza a gennaio 2022.

“Con la sottoscrizione di questa linea di credito, il 50% delle fonti di finanziamento di Leonardo è ESG-linked a conferma del nostro impegno per la sostenibilità, parte integrante del Piano Industriale e del sistema di incentivazione di Leonardo, e per la finanza sostenibile” aveva commentato l’ad di Leonardo.

Tuttavia, proprio “i criteri Esg adottati dalla banche rendono più difficili i finanziamenti ai gruppi della Difesa” segnalava Milano Finanza in un’intervista al numero uno di Leonardo. Ma “la Difesa è fondamentale per la sicurezza e a sua volta la sicurezza è un presupposto della sostenibilità” ha evidenziato Profumo in un’intervista a Mf.

Ma la questione, per Fincantieri, non riguarda solo i criteri Esg, si dice al Tesoro.

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