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Ibm Cloud

Come va il forcing di Ibm su cybersicurezza anche nella Pubblica amministrazione?

Ibm sta per aprire in Italia un centro ad hoc sulla cybersecurity? Fatti e parole

Ibm in pressing negli ultimi mesi su privati e, probabilmente, enti statali e pubblica amministrazione?

I temi sono quelli main stream, ovvero sulle labbra di tutti: cybersicurezza (tra il 2022 e il 2023 in Italia non sono mancati gli incidenti imbarazzanti anche ai siti istituzionali, sebbene in diverse occasioni gli episodi siano stati gonfiati rispetto alla loro portata reale) e intelligenza artificiale.

IL PRESSING DI IBM SULL’IA

L’IA, con il mondo che parla di ChatGpt e soci, è del resto una prateria vergine ancora tutta da colonizzare. E i principali attori, Big Tech per lo più americane, stanno attuando ogni strategia per spingere enti pubblici e privati a investirvi (qui avevamo analizzato le stime irrealistiche sul nostro Pil secondo un report Ambrosetti commissionato da Microsoft).

Basta fare qualche ricerca su Google per vedere che se il colosso di Redmond scalpita, Ibm non è da meno. Il 15 settembre scorso CorCom usciva con un pezzo con questo titolo: Rebattoni, Ibm: “Per l’Italia l’AI generativa è come un nuovo Pnrr”. E il catenaccio era ancora più esplicito: Il ceo accende i riflettori sulle opportunità: “Le imprese devono aver ben chiare le linee di indirizzo verso cui orientare gli investimenti e l’AI è in grado di generare efficienza e produttività liberando migliaia di ore uomo da dedicare ad attività più qualificate e qualificanti”. E grazie ai Foundation Model diventa accessibile anche alle pmi”.

Un paio di mesi dopo video-intervista sul Sole 24 Ore in cui venivano espressi i medesimi concetti con il medesimo titolo: “Rebattoni (IBM): “Con adozione dell’AI si stima un ritorno equivalente al Pnrr in termini di Pil”.

COSA DICE IBM SULLA CYBERSICUREZZA

Sul finire dello scorso novembre il tema dell’intelligenza artificiale è stato collegato a un altro vecchio cavallo di battaglia di Ibm: la cybersicurezza. Questo attraverso i risultati di una ricerca frutto di un lavoro congiunto tra The European House – Ambrosetti e la Fondazione IBM Italia.

Ricerca che, per usare le parole di Innovation Post, senza troppe sorprese dimostra che occorre “promuovere un approccio multidisciplinare alla formazione digitale, adottare un approccio guidato da etica e inclusione, realizzare un New Deal dell’AI per coglierne tutti i benefici e abilitare lo sviluppo della cybersecurity in chiave competitiva nelle imprese”.

O, per essere più espliciti: “A titolo di esempio – si legge nel rapporto – l’analisi della digitalizzazione tra i cittadini spesso trascura le differenze a livello territoriale, quelle connesse alle caratteristiche socio-demografiche (età, reddito, livello di istruzione), ma anche l’utilizzo di Internet per attività sociali e civiche. Sul fronte della P.A., non sono adeguatamente valorizzate le dimensioni relative alle tecnologie per la telemedicina e l’e-health, per istruzione, formazione e lavoro, oltre a quelle per l’e-government. Infine, l’analisi della digitalizzazione delle imprese non monitora la rilevanza di ambiti quali la diffusione dei pagamenti elettronici, l’esposizione ai rischi di cybersecurity e dello skills mismatch, ma anche le differenze a livello settoriale e la propensione al data sharing”.

Sul fronte della cybersecurity, l’Italia si posiziona decima in Europa per quanto riguarda il numero di imprese che adottano misure per la sicurezza ICT; ottava per numero di imprese che hanno definito o aggiornato le policy di sicurezza ICT negli ultimi due anni; nona per numero di imprese che informano i dipendenti sugli obblighi di sicurezza ICT. Non va insomma male, ma non siamo nemmeno i primi della classe.

E dato che l’Italia è il principale beneficiario dei fondi del Next GenerationEu allocati da Bruxelles per la ripartenza post-Covid, il report insiste soprattutto su quelli: “Dalle stime di The European House – Ambrosetti, gli impatti strutturali abilitati dal PNRR sono estremamente rilevanti e potranno ammontare, nel 2027, al +1,9% del PIL annuo, con la digitalizzazione della P.A. e la maggiore produttività delle imprese, abilitata dalle tecnologie e dal digitale, che potranno pesare per il +1,2% annuo del PIL, contribuendo inoltre al raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione delle imprese e dei servizi pubblici fissati dal Digital Compass.”

A metà 2023 Ibm aveva alzato il velo sui contenuti di un altro report, dal titolo significativo, Preparing governments for future shocks, frutto delle tavole rotonde tenutesi a Washington e, guarda caso, a Roma. I risultati evidenziati, scriveva Il Mattino che aveva coperto i lavori, potrebbero aiutare gli Stati Uniti, l’Italia e i governi di tutto il mondo a sviluppare e attuare strategie di cybersecurity che promuovano la resilienza attraverso partnership pubblico-private.

E, ancora: “Le tavole rotonde tenutesi a Washington Dc e a Roma si sono concentrate sulla resilienza cyber, uno dei temi più caldi nell’attuale situazione mondiale. Ogni anno, il volume degli attacchi informatici e il loro impatto raggiungono livelli crescenti. Nella seconda metà del 2022, il numero di attacchi informatici rivolti ai governi è aumentato del 95% a livello mondiale, rispetto allo stesso periodo del 2021. Attacchi di alto profilo, come quello di Solar Winds, hanno dimostrato quanto la sicurezza informatica sia strettamente legata alla continuità del business e alla resilienza operativa. I governi hanno un ruolo fondamentale nel favorire la collaborazione tra i principali stakeholder, allo scopo di identificare i rischi informatici, accrescere la capacità di risposta e di rimanere resilienti di fronte a questi rischi.”

E se non fosse stato sufficientemente chiaro il concetto, Ibm ci ritornava nel mese di agosto con il Cost of a Data Breach Report 23, in cui si evidenziava che il costo medio globale di una violazione dei dati nel 2023 ha raggiunto 4,45 milioni di dollari e, a livello globale, i costi di rilevamento sono aumentati del 42% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche in questo caso chiave di volta era l’intelligenza artificiale, come ripreso dal Mattino (che aveva nuovamente seguito da vicino il tema): “l’Intelligenza Artificiale e l’automazione hanno impattato maggiormente sulla velocità di identificazione e contenimento delle violazioni. Le aziende che ne fanno uso esteso hanno rilevato gli attacchi con 108 giorni di anticipo (ovvero 214 giorni contro 322 giorni) rispetto alle organizzazioni che non hanno adottato queste tecnologie.”

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