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Qualcomm

Huawei, Qualcomm, Tsmc e non solo, tutti i subbugli fra aziende americane e asiatiche sui chip

Gli effetti per Huawei nei hip per gli smartphone dopo l'ultima mossa di Trump e le manovre delle aziende americane e cinesi nel comparto

 

È stato probabilmente uno degli annunci più difficili della sua carriera, quella che ha dovuto fare nel fine settimana Richard Yu, CEO di Huawei CBG (la divisione consumer del gigante cinese).

HUAWEI NON POTRA PIU’ PRODURRE I PROPRI CHIP PROPRIETARI

A partire dal 15 settembre, ha spiegato Yu – come riferisce il quotidiano “La Stampa” –  alle persone presenti ad un evento di settore tenutosi a Shenzen, Huawei non sarà più in grado di produrre i suoi chipset proprietari a causa del bando posto dall’amministrazione Trump.

Il risultato è che il Mate 40 Pro, l’ultimo modello Huawei di smartphone di fascia alta in arrivo a ottobre, sarà l’ultimo ad utilizzare un chipset della serie Kirin 9000, che a sua volta si serve di svariate componenti realizzate negli Usa.

IL BANDO USA IMPEDISCE A TUTTE LE AZIENDE DEL MONDO CHE USANO TECNOLOGIA USA DI FARE AFFARI CON HUAWEI

Il bando voluto dall’amministrazione Trump risale al maggio dell’anno scorso, è stato concepito per bloccare le operazioni globali di Huawei ed è stato aggravato lo scorso 15 maggio con un’ulteriore norma che impedisce alle le aziende di tutto il mondo che utilizzano tecnologia Usa – quindi anche i produttori di chip esteri – di intrattenere rapporti commerciali con il gigante cinese, a meno di ottenere una licenza ad hoc da parte del Dipartimento del commercio.

La decisione del Dipartimento del Commercio per Huawei significa impedirle di disporre dei chipset della taiwanese TSMC, azienda che realizza i chipset per tutti i maggiori produttori di smartphone al mondo. Fino ad oggi TSMC era usa vendere i propri prodotti a HiSilicon, la controllata di Huawei che si occupa delle produzione dei chipset Kirin. Dal 15 settembre non lo farà più.

LE ALTERNATIVE (IM)POSSIBILI

Le alternative che si aprono ora per Huawei sono poche e non tutte piacevoli o praticabili. Anzitutto, le aziende cinesi assimilabili a TSMC sono poche e realizzano prodotti non paragonabili per qualità e livello tecnico ai processori Kirin.

Non può costituire un’opzione neanche SMIC, altro concorrente di TSMC, perché utilizza a sua volta forniture americane e rischierebbe di mettere a repentaglio le proprie operazioni qualora sfidasse il bando del governo Usa.

Huawei potrebbe ricorrere allora, osserva La Stampa, all’aiuto della taiwanese MediaTek, che tuttavia produce processori per smartphone di fascia media e non ha le tecnologie e il know how necessario a sostituire completamente TSMC. Potrebbe essere una soluzione adatta agli smartphone di fascia media di Huawei, ma di certo non potrebbe fornire i Kirin di livello premium che la compagnia implementa sui suoi smartphone top di gamma.

Esclusa dal compendio delle soluzioni è infine il ricorso alla coreana Samsung, non usa a vendere a terzi le proprie soluzioni tecnologiche, tanto meno ad attori che sono ai ferri corti con gli Usa.

L’OPZIONE QUALCOMM NEI CHIP

Ma la soluzione che esce dal Dipartimento del Commercio Usa potrebbe arrivare dalla finestra del Dipartimento stesso. Secondo voci che stanno circolando in questi giorni, Qualcomm, il produttore che realizza componenti, tra cui molto ambiti chip di fascia alta, per la maggior parte degli smartphone Android sul mercato, starebbe esercitando una formidabile azione di lobbying sul governo federale affinché le conceda la famosa licenza speciale di fare affari con Huawei.

Il ragionamento che muove i manager di Qualcomm è molto semplice: le sanzioni elevate con il proposito di bloccare Huawei rischiano di regalare miliardi di dollari a competitor internazionali che potrebbero comodamente rimanere in casa se il Dipartimento del Commercio concedesse quella benedetta licenza.

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