Skip to content

huawei

Huawei dice addio all’Occidente: solo hardware e software cinesi

Con il Mate 70 Huawei dichiara l'indipendenza dall'Occidente sia dal punto di vista hardware che software. L'azienda cinese si mette al riparo dalle mosse americane. E si rende particolarmente appetibile in tutti quei mercati che hanno problemi con gli Usa.

La corsa è stata lunga e a perdifiato, ma l’obiettivo a quanto pare sarebbe stato raggiunto. Il Mate 70 è il primo dispositivo dell’azienda completamente made in Cina, un risultato enfatizzato dal Ceo Richard Yu che ha presentato il nuovo flagship come un modello dalla portata storica.

E in effetti sarà così, forse non dal punto di vista tecnologico ma sicuramente da quello industriale dato che l’azienda, in forte difficoltà per via del ban statunitense che risale alla prima amministrazione Trump, ha lavorato sodo per tagliare tutti i legami occidentali messi a rischio dalle limitazioni commerciali cui era soggetta.

UN DISPOSITIVO FIERAMENTE MADE IN CINA

Si è di fronte insomma a un device “a km zero”, prodotto interamente in Cina, a iniziare dal misterioso chip Kirin 9020, sviluppato internamente da Huawei. Uno sviluppo – e una corsa – paralleli allo sviluppo e alla corsa contro il tempo vista sul fronte software, dove Huawei in sei anni si è dotata di un proprio sistema operativo indipendente da Android e con una antologia di app alternative a quelle dell’ecosistema Google (Gmail, Google Maps, Google Drive, Google Meet, Google Home e ovviamente anche YouTube, che appartiene a Mountain View).

Google per esempio è sostituito da Petal Search, al posto di Google Play Services si trova il Huawei Mobile Services (Hms), Petal Maps fa le veci di Google Maps, Huawei Cloud dei servizi di storage su nuvola di Mountain View, Meetime di Google Meet, Petal Mail di Gmail e via discorrendo.

Anche sul fronte dell’Intelligenza artificiale alcune funzioni sono state prese di peso da quelle sfoderate da Mountain View, tipo quella che permette di cercare su Internet partendo da un particolare di una foto semplicemente cerchiandolo (“Cerchia e cerca”).

SEI MILIARDI L’ANNO PER LO SVILUPPO DI APP CINESI

Il negozio digitale PlayStore è irraggiungibile (almeno ufficialmente, ufficiosamente ci sono diverse vie per arrivare ai software più noti), ma c’è l’AppGallery con 15mila app native pronte per gli utenti: svilupparle ha chiesto qualcosa come sei miliardi di yuan l’anno, ma adesso che ogni app occidentale ha la sua variante cinese, tutto è pronto per edificare la versione 4.0 della muraglia cinese, chiudendo al di fuori di essa l’intero ecosistema a stelle e strisce. Nel mentre, le varie versioni HarmonyOS sarebbero già presenti su oltre un miliardo di device, dicono da Huawei (smartphone, tablet, smart tv, smartwatch…).

HARMONYOS NEXT E’ DAVVERO IMPERMEABILE ALLE APP OCCIDENTALI?

In realtà, nelle ultime settimane si sono rincorse voci di corridoio secondo cui su HarmonyOS Next continueranno a girare le app più amate dagli occidentali tramite emulazioni e situazioni corsare. Una strategia piuttosto scontata dato che la società cinese, costretta a recidere ogni cordone ombelicale con il software made in Usa, comunque non vuole affatto essere esclusa da quei mercati.

Insomma, HarmonyOS Next non sarà realmente impermeabile alle app più amate da europei e americani. Viceversa i nuovi device Huawei dovrebbero essere impermeabili alle sanzioni statunitensi, essendo frutto di tecnologie asiatiche. Fattore, questo, che potrebbe rendere il marchio particolarmente appetibile in tutti quegli Stati assoggettati a sanzioni Usa. In un mondo che a seguito del conflitto russo in Ucraina è tornato a dividersi in blocchi contrapposti e che il recente raduno dei Brics ha dimostrato non essere più saldamente in mano all’oligopolio del G7, per Huawei si aprono insomma nuovi mercati, giovani e dalla ricchezza crescente.

Torna su