Dopo Meta – al lavoro su una Intelligenza artificiale che intendeva sfamare con i post su Facebook e Instagram – anche xAI, ovvero la startup di Elon Musk, si arrende alle norme europee e non sfrutterà gli interventi sul social X dei cittadini comunitari per potenziare Grok.
Sulle tracce di Grok del resto ci si era già messa la Commissione per la Protezione dei Dati irlandese, che aveva avviato un procedimento presso l’Alta Corte contro X che in tutta risposta, almeno sul suolo europeo, aveva sospeso temporaneamente questa pratica, mentre ora comunica di aver deciso di rendere questo impegno permanente, portando la Dpc a ritirare la sua azione legale.
GROK NON FICCANASA IN EUROPA
L’Autorità irlandese aveva espresso dubbi sul fatto che X potesse aver violato le norme sulla protezione dei dati poste a tutela dei diritti degli utenti in assenza di una esplicita autorizzazione da parte degli iscritti: mentre la piattaforma offriva agli internauti l’opzione di rinunciare all’utilizzo dei loro tweet per l’addestramento di Grok, di default veniva presentata l’altra soluzione, contravvenendo il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (meglio noto come Gdpr) dell’UE che, è noto, richiede un consenso esplicito prima di procedere con le raccolte e le elaborazioni dei dati.
Da qui la decisione di X di rendere permanente la sospensione della raccolta dei tweet europei dato che viziata ab origine (almeno secondo l’Autorità irlandese) e dunque alla base di possibili giudicati avversi. Decisione che rischia di impattare fortemente sull’apprendimento dell’Intelligenza artificiale voluta a tutti i costi da Musk, considerate anche le molteplici lingue, sfumature, accezioni usate in Europa con le quali Grok dovrà prendere dimestichezza, in un modo o nell’altro.
UNA IA A METÀ ANCHE PER META
Come già si anticipava, non è la prima volta che una Big Tech statunitense al lavoro su nuovi modelli di IA prova a sfruttare un social nel proprio portafogli per ammaestrare l’algoritmo intelligente scontrandosi però con le norme europee assai più restrittive di quelle d’Oltreoceano.
Antesignana in tale battaglia era stata Meta che aveva deciso qualche settimana fa di non distribuire nell’Unione Europea il suo prossimo modello di intelligenza artificiale multimodale Llama3 a causa “della natura imprevedibile del contesto normativo europeo”. Anche in quel caso la decisione era arrivata a seguito delle indagini e dei chiarimenti pretesi dalla Commissione irlandese per la protezione dei dati, il principale regolatore della privacy in Europa,
I DIRITTI EUROPEI RISCHIANO DI DIVENTARE UN RECINTO?
Non sono pochi gli osservatori che iniziano a temere che regole comunitarie tanto restrittive rischino di escludere l’Europa dal progresso tecnologico e, a giudicare dalle contromosse di Meta e X, la possibilità sembra farsi sempre più concreta.
Tuttavia occorre anche considerare che, nella realtà dei fatti, le autorità europee hanno preteso dalle Big Tech estere trasparenza nel loro rapporto con l’utenza, attraverso pratiche di consenso informato già attive in tantissimi altri settori senza che queste li paralizzassero.