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Intelligenza-artificiale

Vi racconto vizi e virtù di Google e Facebook. Parla Massimo Gaggi

Conversazione di Start Magazine con Massimo Gaggi, inviato per il Corriere della Sera a New York e autore del libro “Homo Premium” Intelligenza artificiale che plasma la vita intorno a noi. La migliora, spesso, ma non sempre. Google, Facebook e Twitter che aprono una finestra sul mondo, ma che vendono i nostri dati e li sfruttano…

Intelligenza artificiale che plasma la vita intorno a noi. La migliora, spesso, ma non sempre. Google, Facebook e Twitter che aprono una finestra sul mondo, ma che vendono i nostri dati e li sfruttano per campagne di pubblicità mirata. Progetti umanitari che vengono dimenticati, trasformati, cambiati in nome del business. Ed una Silicon Valley che sembra aver esaurito tutte le buone cartucce, lasciando spazio a grandi divisioni tra ricchezza e povertà, a capitalismo, numeri.

La tecnologia, la digitalizzazione, l’automazione, il machine learning hanno cambiato (e continuano a farlo) la nostra quotidianità, e davanti a grandi opportunità si nascondono anche grandi pericoli, come i fatti di cronaca degli ultimi mesi rivelano (Cambridge Analityca, Russiagate). I Big Tech devono ritrovare lo spirito umanistico ed umanitario: solo così potranno assolvere l’obiettivo per cui sono nati, migliorare il mondo.

Di tutto questo abbiamo parlato con Massimo Gaggi, inviato per il Corriere della Sera a New York e autore del libro “Homo Premium”, un saggio che analizza, studia, sviscera il nostro tempo. Parla di Intelligenza artificiale, di Silicon Valley come fine della favola, di gig economy e di nuove figure di lavoro.

Homo Premium. Perché questo titolo?

Il titolo vuole essere la previsione di una possibile esagerazione del genere umano. La diffusione di tecnologie sempre più sofisticate coincidono non solo sulle differenze economiche, ma anche sulle differenze genetiche. Chi più ha anche più possibilità di curarsi meglio, di fare più prevenzione, di prevedere geneticamente come saranno i figli ed intervenire su eventuali malattie del feto, sui geni e sugli enzimi. Potrebbe fare anche di più: intervenire sugli occhi, sul sesso, sul quoziente intellettivo. L’uomo ha la possibilità di creare un Homo Sapiens Premium.

La fiducia nei social è diminuita?

Non c’è dubbio. Ma questo non porterà certamente ad un abbandono di massa di Facebook e non lo auguro neanche. E’ ora che la gente inizi a rendersi conto che Facebook come gli altri social non sono solo delle reti sociali, ma sono soprattutto delle grandi macchine di raccolta e di elaborazione di dati di tutti noi.

Quanto è rimasto dello spirito umanistico che ne ha caratterizzato la fase di start up?

Sono convinto che Google e Facebook, quando sostenevano di voler pensare e fare il bene dell’umanità, fossero sinceri. Non prevedevano però di diventare dei giganti e dei monopolisti. Vengono da una cultura libertaria: nella California degli anni ’60 e ’70, immaginavano di poter inventare un uomo economico che fosse meno avido del classico milionario con bombetta e sigaro. Il problema è che il capitalismo ha dei meccanismi ineludibili e quando tu cominci ad andare in Borsa, cominci a far crescere l’azienda, il tuo imperativo è quello di continuare a crescere e di fare profitti. Inevitabilmente quello spirito iniziale lo si perde per strada, se poi addirittura cominci ad utilizzare in modo spregiudicato i dati ed entrare nella psicologia dei tuoi utenti e cercare di capire quelle che sono le loro vulnerabilità psicologiche, è chiaro che stai entrando su terreni molto delicati. E se acquisisci anche un certo monopolio di settore, allora la questione diventa anche un problema sociale. Nel caso di Google, il monopolio è quasi naturale, viste le prestazioni del motore di ricerca creato. Diverso il caso di Facebook: ha un ampio controllo del mercato perché gli è stato consentito di comprare tutte le applicazioni e le start up interessanti, come Istangram e Whatsapp.

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